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Una matita Ikea rende speciale la giornata

Da Villa Telesio

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Due cose tenevano da tempo occupata la mente ossessiva di J, la religione e le matite Ikea. In realtà da quanto si ricordava ogni cosa che gli aveva causato tic e malesseri ricadeva in una delle seguenti categorie: l’oscuro o l’insignificante. Chiaramente le matitine ne occupavano un solo posto mentre la religione…

Comunque J non era uno di quei tipi strambi che riconosci da lontano, dovevi avvicinarti per renderti conto che l’occhio sinistro gli traballava oppure che le mani erano un sudario medioevale. Diciamo, per semplificare che non scopava.

Le minime conversazioni che aveva con amici o parenti durante le festività erano a dir poco fastidiose ,imbarazzanti e grottesche.

-   Non riesco a capacitarmi come facciano a farle tutte uguali, voglio dire l’avete viste? Squadrate, appuntite, nordiche, le venature poi! A volte le rubo a manciate e passo le notti a guardarle, a fissarle.

-   Senti  J, falla finita, non ci frega un cazzo delle tue matitine

-   NON SONO MIE, sono dell’Ikea, squadrate, appuntite molto nordiche…

-   Beh ma con questo? Che c’è di strano? Ci sono delle macchine che le fanno, macchine cinesi che ne sfornano a milioni da tronchi d’albero

-   No, non sono cinesi, ci mancherebbe, le faranno in Norvegia, minimo.

-   Al massimo in Svezia, l’Ikea è Sv… senti J, sei un coglione con la fissa delle matite ok?! Siamo contenti che ti piacciano però falla finita, ma non riesci proprio a tener fermo quell’occhio? Perlamadonna che situazione…

 

J mangiava lentamente il suo bollito di pollo senza sale, ad occhi bassi perso nei suoi pensieri mentre il resto della famiglia cercava di ignorarlo, sperando che un giorno si fosse suicidato togliendosi dalle palle una volta per tutte lui e le sue stramberie, sarebbero stati tutti molto meglio, lui compreso.

 

Che le macchine non fossero cinesi era un fatto, che poi fossero Norvegesi o Svedesi non lo preoccupa più di tanto, era irrilevante e di poco conto, sempre nordiche erano, appuntite, squadrate, con quelle venature poi.

 

J era dolcemente fastidioso, come i denti spaccati di un vecchio pugile, come l’odore di lavanda.

 

Quando il padrone dello stabile entrò dentro l’appartamento allertato dai vicini preoccupati del cattivo odore che proveniva dalla casa di J trattenne il vomito e corse nel corridoio principale per tirare una boccata d’aria. C’erano gatti morti ovunque ed escrementi sul parquet. Giornali sporchi e matite ovunque senza punta.

Una lista interminabile di numeri e date scarabocchiate nella parete computavano quanto un gatto potesse sopravvivere senza cibo prima che morisse. Se poi andassero in paradiso, il paradiso dei gatti  lo interessava fino ad un certo punto, la Bibbia non aveva mai parlato di quei felini, al massimo di Abramo.

 

Un vicino disse all’amministratore delegato di aver incontrato J qualche giorno prima in ascensore che borbottava roba come: ” una matita Ikea rende la giornata speciale”, si era immaginato che andasse a fare compere

-Mia moglie mi ci vuole portare sempre sa, ma io in qualche modo trovo una scusa, capisce, quel posto è un inferno, come entri sei costretto a seguire un percorso guidato e  Dio solo sa quando ne puoi finalmente uscire! Sta andando a comprare un materasso?

- No non mi interessa, dormo poco.

 

Tutti a quel racconto, non vedendolo più tornare, sperarono che si fosse suicidato, magari inghiottendo quelle sue fottutissime matitine Ikea.

 

A Tano


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