Alzi la mano chi ad inizio campionato avrebbe pronosticato la squadra di Salt Lake City a poche settimane dalla fine della stagione a ridosso della zona playoff della Western Conference e in piena corsa. La storia dice che nella città dei mormoni non tirava proprio un bella aria nel precampionato. Infatti gli addii di coach Sloan su tutti, e del play Deron Williams (avvenuti entrambi nel Febbraio 2011), il primo dopo 23 anni consecutivi ai Jazz (coach più vincente nella storia della franchigia) capace di vincere più di 1000 partite in carriera, il secondo passato ai Nets, avevano condizionato il finale della passata stagione, lasciando una squadra con talento, ma incapace di esprimersi con costanza, non prospettando nulla di positivo per l’inizio di quella attuale.
L’eredità di Sloan passava tutta nelle mani del giovane Tyron Corbin, ex giocatore con una discreta carriera Nba alle spalle. Il nuovo coach si trovava una squadra del tutto nuova, con il cambio in regia, Devin Harris che sostituiva la stella di casa D-Will, in più un mix interessante di ali, vedi Millsap e Hayward, ed il centro Al Jefferson, talenti inespressi, ma se assemblati bene capaci senz’altro di infiammarsi in qualsiasi momento.
Con tutte queste premesse, e soprattutto con tanti punti interrogativi pronosticare i Jazz come possibile squadra da playoff risultava davvero difficile, ed invece le statistiche, e soprattutto la classifica, parlano di una squadra lanciata verso la postseason.
Il merito di questa entusiasmante cavalcata è senz’altro dovuto alla crescita dei giocatori più rappresentativi dei Jazz; Al Jefferson in questa stagione viaggia ad oltre 19 punti più 9 rimbalzi ad uscita, tornado a giocare come ai tempi di Minnesota, formando con Paul Millsap (16.5+8.9) una delle migliori coppie ala-centro dell’intera Nba. Ai due si unisce la costante crescita di Gordon Hayward, al suo secondo anno in Nba, capace in 12 mesi di raddoppiare le sue cifre, e quindi passare dai 5 punti di media della scorsa stagione agli 11 di quella attuale, il tutto in poco più di 29 minuti di gioco a partita. La regia dei Jazz è affidata come detto a Harris, rimasto nonostante i tanti rumors, quarto realizzatore della squadra con 10.1 punti a partita alla quale aggiunge 4.9 assist ad uscita. Le cifre del play sono senz’altro in calo rispetto al passato, ma la sua velocità unita alle doti di gran “penetratore” sono sempre un fattore in grado di risolvere le partite.La corsa verso i play-off è ancora lunga, vista la lotta in classifica con gli Houston Rockets e i Denver Nuggets, ad appena 1 e 1 partita e mezza di distanza. Recuperare non sarà facile, ma se il rendimento di Jefferson e soci rimarrà quello attuale, Utah ha tutte le carte in regola per disputare la post-season.