Quando era dirigente del settore finanze e tributi dell'amministrazione comunale, ha utilizzato per 7 anni le risorse pubbliche non per far funzionare al meglio la piccola cittadina, ma per comprarsi vestiti di lusso, gioielli, scarpe e pagare anche le spese del condominio dove vive e le tasse universitarie per il figlio.
Gli episodi contestati, a dire il vero, sono 141, che sarebbero stati commessi tra l'aprile del 2004 e il luglio del 2011. I soldi andavano a coprire le sue «spese personali».
Negli anni li ha utilizzati per le questioni più varie: dall'acquisto di «elettrodomestici», come una «lavatrice», alle «calzature», fino alle riparazioni della macchina e alle spese condominiali e anche alle tasse universitarie per il figlio. E poi ancora «carburante», «spese di copisteria» e per il «commercialista». E poi anche il rimborso di un incidente stradale, l'Ici, l'Irpef e il bollo auto.
Per l’ex funzionaria del Comune di Cassina dè Pecchi, nel Milanese, la sentenza oggi ha tuonato così: cinque anni di carcere, senza la concessione di alcuna attenuante e con l'obbligo di risarcire le casse comunali. Ad infliggere la condanna il gup di Milano Enrico Manzi. La sentenza, per quello che gli stessi inquirenti hanno definito un «caso di scuola di peculato» ai danni dei contribuenti, è stata emessa nel processo con il rito abbreviato, che prevede lo sconto di un terzo della pena. Il giudice ha anche “superato” la richiesta di condanna formulata dai pm Grazia Pradella e Tiziana Siciliano, che avevano chiesta 4 anni per l'imputata.
La donna, Enrica Ambrosino, 61 anni, ragioniera e per vent'anni a capo dell'area finanziaria dell'amministrazione comunale, era stata arrestata lo scorso 20 luglio, e si trova tuttora ai domiciliari. Il giudice l'ha anche condannata a risarcire il Comune, rappresentato come parte civile dall'avvocato Paolo Grasso, con 182 mila euro: 166 mila euro è l'ammontare esatto del peculato contestato, più 16 mila euro di altri danni patrimoniali provocati alle casse comunali. Inoltre, l'ex funzionaria (licenziata lo scorso dicembre dopo la conclusione del procedimento disciplinare) dovrà versare oltre 50 mila euro di danni morali al Comune. Stando alle indagini, la dirigente, accusata anche di falso, redigeva «falsi mandati di pagamento» a carico del Comune, si presentava agli sportelli comunali e si faceva consegnare assegni circolari.
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