E mentre le folle si radunavano lungo le darsene per una manifestazione contro le mafie e mentre il serpente delle code si riformava, snodandosi implacabile sotto il porticato di palazzo ducale o allungandosi al riparo della sopraelevata in attesa del turno per entrare all’acquario, nelle sale minimaliste del museo d’arte orientale e sotto i saloni della galleria nazionale regnava il silenzio.
Spesso una campagna pubblicitaria mirata muove plotoni che si assiepano davanti a quadri che, nella loro sede ufficiale, richiamano pochi sguardi, sminuiti da capolavori appesi al muro di fronte. Altrettanto spesso la mancanza di un’adeguata campagna pubblicitaria lascia altre teche e vetrine all’ammirazione dei pochi che, in esotica ricerca di sentieri alternativi, si avventurano oltre la porta.
A volte queste visite sono deludenti: pochi quadri di maniera, di bottega, molti tendaggi pesanti, qualche terracotta o punta di lancia già visti e rivisti in questa Italia che sputa fuori dal terreno nei secoli dei secoli manufatti antichi e che trasuda arte da ogni angolo di strada. Ma può anche capitare di imbattersi in oggetti preziosi, di bellezza incantevole, che porto via con me con una fotografia fatta in tutta calma o con uno scatto indelebile impresso nella memoria degli occhi.
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