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Vicolo vedente

Da Bartel
Vicolo vedenteParcheggio in un' area proibita. Non importa, sono quasi le due di notte. Ripartiro tra cinque ore. Le mie scarpe sono nuove e fanno rumore mentre cammino sui ciotoli. In realtà, qui in centro storico, hanno voluto mantenere le strade come nell'ottocento: pietre di fiume tenute insieme ai lati e al centro, in mezzo lastre di pietra per i carri. Risultato: le mie sospensioni cigolano troppo, i miei passi rimbombano. Guardo in fondo alla via, in alto, l'orologio della torre: due meno due minuti. Svolto a destra in vicolo dell'arco, una via stretta, praticamente solo pedonale che si insinua tra vecchi palazzi pieni di uffici vuoti, telecamere di sorveglianza, appartamentini per gente che vive ad ore. Non è una strada dritta, la parola che mi viene in mente è sneaking. Si muove come un serpente tra palazzotti costruiti quando in Francia si assaltava la Bastiglia e qualcuno più recente quando in Italia si assaltava Roma. Non è lunga, ma non ne vedo la fine, li dove tra due palazzi è stato costruito un arco con tre merli . Guelfi o Ghibellini? Gardaland forse. Sono stanco e i pensieri mi sfuggono. Forse è meglio, dalla stanchezza nasce la libertà? Non so, ma mi accorgo che qualcosa non va. Un laccio slacciato. Un insulto all'ordine costituito. Sono tentato di lasciarlo li a penzoloni, a sporcarsi e a pagare la sua insulsa maleducazione che lo ha portato a creare problemi ad un uomo che corre, che corre dalla mattina alla sera (e perchè no?) anche di notte tra vite diverse che lo chiamano, gli urlano di muoversi, di darsi da fare, sempre, in ogni momento.
Poi mi fermo e mi inginocchio. E il mondo si ferma. Le mie mani silenziose rirpendono gesti della mia antica infanzia e con destrezza marinara rimettono la vita e il laccio in carreggiata. E io resto fermo, inginocchiato nel silenzio. In vicolo dell'arco. Alle due di notte.
Sento che questa è l'unica pausa della mia vita. Sono fermo e non succede niente, nessuno mi vede, nessuno parla, neanche io.
Resto fermo e penso che l'universo sia fermo per qualche secondo e questo mi fa sentire cosi legato alle stelle che spuntano nel buio e viaggiano in un altro tempo e che magari non esitono già più, anche se io le vedo ancora.
Una pace infinita  e misericordiosa mi scorre dentro e vorrei restare li, inginocchiato alle due di notte in un vicolo stretto e utile, ma non essenziale, come me, come noi che viaggiamo al buio.
Poi finisce.
Mi alzo e torno a casa, il rumore ricomincia e penso che si può essere grati ad un laccio, alle occasioni e agli ostacoli che mi fermano e mi ricordano cosa sono.

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