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Da Guchippai
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la prima volta che vidi Parigi fu durante un viaggio organizzato: un massacro. su quattro giorni, ce ne facemmo due in pullman. il resto del tempo fu tutto un correre avanti e indietro, litigare per sedersi al ristorante (questo per colpa di chi era con me), salire e scendere dal suddetto pullman, difatti di quel viaggio non ricordo quasi nulla, se non l'ora che passai a saccheggiare la Fnac. la seconda volta che vidi Parigi fu con mio marito e andammo in treno, che almeno i due giorni di viaggio ce li dormimmo. se state pensando all'ovvia equazione marito + Parigi = viaggio romantico vi fermo subito. a parte che mio marito è l'uomo meno romantico del mondo (è un dato di fatto, lo sanno tutti e ci sono le prove, come direbbe Sandro Roccia), viaggiare con lui significa fare dieci volte la maratona di New York. insomma, si cammina dalla mattina alla sera: per raggiungere i posti da visitare e per visitare suddetti posti. ci si siede solo a pranzo e a cena, ma se per pranzo c'è un panino la seduta è pure breve. non per niente quando torno da un viaggio con lui, mi servirebbe un'altra settimana di ferie per riprendermi. naturalmente Parigi non fece eccezione; fortuna almeno che c'era la metropolitana. a Notre Dame però mi sono arrampicata volentieri perchè vedere le cose dall'alto è un'altra delle mie fisse; ricordo che, una volta in cima, mi sorbii le lamentele di un americano corpulento e dallo spessore culturale di Jim (quello del telefilm) che ansimava e prendeva per il culo tutti e tutto. dopo averlo bypassato, mi dedicai a fare le foto che fanno tutti quando salgono su Notre Dame, ovvero i gargoyles con lo sfondo della città, che ci sono perfino le cartoline, ma chi se ne frega: è come se uno andasse a Roma e non fotografasse la Fontana di Trevi perchè la fotografano tutti, no?

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