Martina Bollini. La Divina Commedia è stata ed è un’ illuminazione culturale in grado di agire profondamente sull’immaginario collettivo. Nel corso dei secoli non ha mai smesso di esercitare una profonda influenza sugli artisti, soggiogati dal fascino e dalla forza delle immagini scaturite dal poema dantesco. La sua potente iconicità ha dato vita a visioni di ogni genere, soprattutto nel corso dell’Ottocento e del Novecento. Sotto questo punto di vista, le serie illustrative di Francesco Scaramuzza e Amos Nattini possono essere considerate le più importanti realizzazioni di questo tipo compiute in Italia, per compiutezza ed estensione del progetto. Tramite il confronto con le celebri incisioni di Gustave Doré, la mostra allestita presso la Fondazioni Magnani Rocca di Traversetolo (Parma), dal titolo “Divina Commedia. Le visioni di Doré, Scaramuzza, Nattini”, ha costruito un percorso che offre al visitatore confronti insoliti, diacronici, e ricchi di spunti.
Entrambi attivi nel territorio parmense, Scaramuzza per nascita, Nattini per adozione, i due operano in diversi contesti storico-artistici, scanditi dal susseguirsi delle sale espositive.
La prima parte della mostra è infatti dedicata ad una selezione di illustrazioni di Scaramuzza, risalenti agli anni Sessanta dell’Ottocento, poste in dialogo con le coeve opere di Dorè, mentre la seconda parte ospita tutte e cento le tavole di Nattini, realizzate tra 1919 e 1939.
L’Ottocento romantico e risorgimentale segna il ridestarsi dell’interesse nei confronti dell’opera di Dante, dopo due secoli di quasi assoluto silenzio. Già alla fine del Settecento, in Inghilterra, la traduzione in immagini del poema era ripresa con vigore, grazie alle illustrazioni di Johann Heinrich Füssli, John Flaxman e William Blake. Nel secolo successivo, tra le varie edizioni illustrate e dipinti a tema dantesco, emerge la produzione curata dal francese Gustave Doré (1832-1883), infaticabile illustratore di opere letterarie (da Rabelais a Milton, passando per Cervantes e Ariosto). La sua opera tende ad esaltare la dimensione drammatica e epica del viaggio oltremondano, rappresentato da modernissime visioni sintetiche, che trasmettono un fascino in bilico tra suggestioni goyesche, presimboliste e tardoromantiche.
Le illustrazioni di Doré vengono pubblicate dal 1861 fino al 1868. Nel 1865, anno della prima edizione italiana dell’Enfer, Francesco Scaramuzza (Sissa 1803 – Parma 1886) inizia a lavorare ai disegni per il suo Inferno, dietro commissione delgoverno di Parma, in vista della pubblicazione di una grande edizione della Commedia. L’artista non era estraneo alle tematiche dantesche, dato che, pochi anni prima (tra 1841 e 1858), aveva affrescato la Sala di Dante della Biblioteca Palatina di Parma. Sala che, in occasione della mostra, è eccezionalmente aperta al pubblico e in cui sono esposti preziosi codici del poema conservati nella Biblioteca.
Dopo poco tempo il progetto editoriale relativo al ciclo illustrativo viene interrotto, ma Scaramuzza, convinto della validità dell’impresa, continua il lavoro per proprio conto, interpretando il testo con un’ impressionante fedeltà, che fa trapelare la volontà di farsi vero e proprio esegeta del poema.
Nelle sue illustrazioni, permeate dal romanticismo dell’epoca, prevalgono intonazioni delicate e rimandi classici, mentre le pennellate, sottili e precisissime, sembrano quasi anticipare il divisionismo. Ne esce fuori la figura di un artista in bilico tra passato e futuro, che simbolizza tutte le incertezze di un’Italia appena nata e che in Dante vede uno dei suoi padri.
Sebbene l’opera di Scaramuzza non sia immune da un eccessivo didascalismo, questa mostra rende finalmente onore alla sua sfortunata impresa, più che meritoria di una piena riabilitazione.
Nella seconda sezione del percorso espositivo si trovano le illustrazioni di Amos Nattini (Genova 1892 – Parma 1985). A differenza di Scaramuzza, il suo grandioso progetto di trasporre in cento tavole il poema dantesco non incontrò ostacoli ed ottenne da subito un grandissimo successo. Una delle ragioni di tale successo sta nella stima e nel sostegno ricevuti da Gabriele D’Annunzio, che nel 1919 lo incoraggiò ad intraprendere questa colossale impresa.
Nella sua casa-studio Oppiano di Gaiano (Parma), Nattini si è occupato di Dante per vent’anni, fino a quando, nel 1939 le sue illustrazioni confluirono in una lussuosa edizione della Commedia, edita a tiratura limitata.
L’interpretazione di Nattini del poema si muove su toni completamente diversi da quelli visti finora. L’anatomismo insistito dei corpi richiama il Signorelli della Cappella Nova di Orvieto, per cui la Commedia costituisce una potentissima fonte iconografica. I suoi personaggi sono superuomini dannunziani, che si muovono in paesaggi sospesi, onirici, dove il dramma costituisce solo un debole sfondo. Difficile non pensare alle visionarie illustrazioni dantesche di William Blake, da cui forse Nattini trae ispirazione anche per quanto riguarda la tecnica, l’acquarello, che gli permette di creare atmosfere evocative e fantastiche.
Colonna sonora ideale dell’esposizione è la Sinfonia Dantesca di Liszt, contemporaneo di Dorè e Scaramuzza, che accompagna il visitatore in un percorso che dalle tenebre dell’Inferno approda agli esiti luminosi del Paradiso. La predilezione di Luigi Magnani per il dialogo tra le espressioni artistiche trova così una perfetta corrispondenza, grazie ad un allestimento che valorizza al meglio l’accostamento tra poesia, arti figurative e musica.
DIVINA COMMEDIA. LE VISIONI DI DORE’, SCARAMUZZA, NATTINI
Mamiano di Traversetolo, Fondazione Magnani Rocca
31 marzo – 1 luglio 2012
http://www.magnanirocca.it/divina-commedia/
Curatore della mostra: Stefano Roffi