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Vivalascuola. Quando la diversità viene giudicata patologia

Da Fabry2010

Vivalascuola. Quando la diversità viene giudicata patologia

Bambini che non giocano più fuori casa, bambini stressati dalle aspettative dei genitori, bambini incompresi per avere una diversa intelligenza, bambini a cui i tagli all’istruzione impediscono una didattica personalizzata, bambini danneggiati da una alimentazione sbagliata. Allora via libera agli psicofarmaci, anche quando una terapia non farmacologica è possibile.

Quando la diversità viene giudicata patologia
di Chiara Gazzola

Mi inserisco in questa rubrica prendendo spunto da altri interventi pubblicati riguardanti da un lato la critica al sistema scolastico vigente, dall’altro le differenti sfaccettature della relazione adulto-bambino.

Se la scuola è lo specchio della società, sorge subito un primo interrogativo: su quali fondamenta si baserà il futuro dei nostri ragazzi, se nella scuola prevarrà quell’impostazione che privilegia lo standard, l’arrivismo, la produttività, la mercificazione degli individui e del sapere, e un forzato adeguamento a una “normalità” comportamentale e intellettuale?

Una “norma” scarsamente definita e spesso sintetizzata con un approssimativo “non desta problemi”: perché le problematiche spesso vengono semplificate, ingabbiate nei confini burocratici o in obiettivi formativi avulsi dai contesti reali e dalle esigenze peculiari; le difficoltà d’apprendimento vengono confuse con l’handicap e affrontate senza la dovuta metodologia educativa; la segnalazione degli “elementi di disturbo” può tradursi in deresponsabilità, quando si demanda la soluzione anziché affrontarla sul piano sistemico.

Tutto ciò rappresenta una linea di continuità con quanto si delinea nel DSM (manuale diagnostico psichiatrico) che dettaglia le patologie (definite disagi o disturbi) con una inclusività sempre più ampia che ingloba i deficit di apprendimento e le anomalie comportamentali, spesso senza considerare le situazioni soggettive.

Quando giudichiamo anormale la condotta di un’altra persona, dovremmo chiederci se siamo di fronte a qualcosa di inaspettato; le difficoltà che incontriamo nell’approccio relazionale possono essere vissute come fonte di arricchimento reciproco, ma se le diversità vengono recepite come un impedimento tale da essere definite intollerabili, non sarà perché non riusciamo a confrontarci in termini di complessità delle personalità o non ci interroghiamo sull’importanza delle relazioni interpersonali e preferiamo delegare?

E’ molto più facile classificare una patologia e introdurre un percorso di diagnosi-cura, piuttosto che tentare di individuare soluzioni, basandoci esclusivamente sulla qualità della comunicazione con il cosiddetto “elemento di disturbo”, che coinvolgano tutto il contesto relazionale.

Molti dei cosiddetti disagi, tradotti e trattati come patologia psichiatrica, hanno la loro origine nelle relazioni conflittuali o in traumi affettivi vissuti dal bambino, ma paradossalmente la tendenza spesso è quella di individuare la “cura” ricorrendo ai farmaci, agli psicofarmaci.

A titolo di esempio riporto quanto viene specificato nelle linee guida sull’ADHD (disturbo da deficit attentivo con iperattività) approvate dal SIMPIA (società di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza) nel 2002: “non esistono test diagnostici specifici per l’ADHD”… per la terapia si consiglia anche il parent training, ma “la mancata disponibilità di interventi psico-educativi intensivi non deve essere causa di ritardo nell’inizio della terapia farmacologia”; il farmaco d’elezione è il ritalin (metilfenidato), i cui effetti collaterali vengono definiti “modesti e facilmente gestibili”, dimenticando che negli USA negli anni ’90 vi furono 160 decessi accertati, che le prescrizioni aumentarono del 600%, che la STC (science and technology committee) lo include tra le venti sostanze psicoattive più dannose.

Vi sono casi, inizialmente classificati come una patologia neuropsichiatrica (depressione, disturbo bipolare, schizofrenie, ADHD, disturbi dell’umore ecc.) e perciò trattati con somministrazione di farmaci sedativi, stabilizzatori o psicoattivi, ai quali è stata poi data un’altra spiegazione e un’altra soluzione: intossicazione da metalli pesanti (ad esempio il mercurio contenuto anche in alcuni vaccini) da trattare con conseguente disintossicazione, deficit fisiologici (come la sordità) che vanno affrontati nello specifico, traumi affettivi o emozionali supportati da approcci psicologici sistemici.

Mi viene a volte obiettato che “in certi casi” non si può fare a meno di utilizzare i sedativi: le crisi d’aggressività spaventano educatori e genitori e uno strumento di contenzione viene ritenuto indispensabile; i singoli casi andrebbero vagliati nel dettaglio, ma siamo comunque di fronte ad un abuso che non solo sottovaluta i danni fisiologici e neurologici, ma va ad instaurare una scorretta percezione della sofferenza e ad incentivare una speculazione per attuare un controllo sociale sulle diversità.

Negli USA le industrie farmaceutiche investono circa 5 miliardi di dollari all’anno per pubblicizzare gli psicofarmaci; sui minori si compilano più di 20 milioni di ricette. In Italia si fatturano farmaci per un ammontare di 25 miliardi annui e gli psicofarmaci coprono il 12,5% della spesa (dato 2007 quando viene calcolato che il consumo registra una triplicazione rispetto a 4 anni prima): i più venduti sono gli antidepressivi, seguiti dai neurolettici. Il 10% della popolazione italiana usa o ha fatto uso di antidepressivi, un adolescente su 8 sarebbe a rischio “disturbo mentale” e il 9,1% degli utenti pediatrici soffrirebbe di “disturbi psichici (il condizionale non è mio, ma delle società di neuropsichiatria!).

Molti psicofarmaci sono acquistabili anche in internet, sfuggendo così alle statistiche delle istituzioni sanitarie. Nella crisi globale che ci attanaglia l’industria farmaceutica, insieme a quella bellica, aumenta i suoi fatturati.

Il servizio sanitario nazionale ha calcolato che in Italia vengono spesi 4 miliardi all’anno per curare problemi che in passato non erano considerati patologici (la corrispondente cifra negli USA è di 77 miliardi di dollari); consideriamo pure che la ricerca scientifica abbia scoperto nuove cause di malattia, ma in questa nostra società, che ci vuole sempre efficienti e produttivi, diventano malattia le naturali fasi dell’esistenza (gravidanza, parto, menopausa, vecchiaia, ecc.) e quei comportamenti che caratterizzano gli individui nel loro temperamento o nelle specificità culturali (timidezza, pazienza, fantasia, sudditanza, leaderismo, onestà, infedeltà, inclinazione a spendere razionalmente i propri soldi o al gioco d’azzardo), giudicandone magari l’eccessività o la scoordinata moderatezza! Tutto ciò sarà dettagliato nel prossimo DSM e segue la tendenza di alcune ricerche nell’ambito delle neuroscienze impegnate a trovare le cause genetiche del comportamento e delle risposte emozionali, ricerche finanziate dalle industrie del farmaco.

I condizionamenti culturali ci portano sicuramente a cambiare gusti, desideri, interessi, ma affermare che causino una modificazione nella chimica del cervello non può equivalere a sostenere la causa biologica, o ereditaria, di una qualsiasi condotta umana!

Riallacciandomi all’articolo letto su vivalascuola che ha un titolo curiosamente molto simile a una mia pubblicazione, quello di Grazia Honegger Fresco, Bambini senza infanzia, e a quello di Marina Massenz, Il bambino è il suo corpo, vorrei definire l’infanzia in quanto unico periodo della nostra esistenza di potenziale libertà sulla strada dell’acquisizione della propria autonomia di scelta, possibile se l’incontro con il mondo adulto si instaura su criteri di rispetto e non invasione della dimensione creativa, in un equilibrio tra autorevolezza e responsabilità. Questa libertà ha bisogno di spazi fisici e disponibilità, di considerare il sapere in quanto conoscenza diretta da attuarsi attraverso la corporeità, le emozioni e le esperienze, di un apprendimento che sia rielaborazione dei concetti e non accumulo di nozioni da memorizzare temporaneamente.

Lo stress al quale siamo sottoposti ci porta a giustificare muri e gabbie (temporali, materiali e intellettive) che uccidono la relazione e la fantasia. Da adulti dovremmo essere consapevoli del ruolo di riferimento che rappresentiamo per ogni giovane persona che incontriamo, quindi la qualità della relazione (o dell’aiuto, “in certi casi”) che sappiamo instaurare è fondamentale. Ci chiediamo cosa i bambini si aspettano da noi? Sappiamo ascoltare e comprenderne i bisogni? Sappiamo trasmettere coerenza? E’ più repressivo un limite o una minaccia, un ricatto morale, una falsa gratificazione?

L’abuso di protezione e il non riuscire a dire “no”, non sono libertà! La capacità di autocritica è un percorso privo di sensi di colpa; dovremmo semplicemente pensare di più alla nostra capacità di trasmettere fiducia, autonomia, empatia e senso di responsabilità.

Se la nostra relazione con gli altri si basa sul giudizio e la nostra competenza adulta ci porta a sancire le anormalità, sapremo essere protagonisti nella costruzione di una società basata sul senso critico o ci incanaleremo sulla tendenza all’uniformità intellettiva e comportamentale? Questa omologazione poterà sì a “ripulire la società” dagli inetti, ma lo farà attraverso la discriminazione, i ghetti e la mercificazione sempre più accentuata dei corpi e delle menti: il business di chi specula sulle sofferenze (prima indotte poi sedate) forse ringrazierà!

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ADHD: una malattia inventata
di Stefano Scoglio

Lo ADHD è una malattia per molti versi “inventata e sicuramente gonfiata… è possibilissimo che i suoi sintomi derivino per esempio da alterazioni dietetiche, e che in molti casi (non in tutti) potrebbe bastare correggere tali alterazioni.

La dieta dei nostri bambini è ricca di troppo zucchero e caffeina, acidi grassi trans e MSG delle merendine e cibi pronti, etc, tutte sostanze non solo che possono generare sintomi immediati di iperattività, ma che producono danni importanti al sistema nervoso, potendo portare con il tempo ad alterazioni relativamente permanenti. Inoltre, le carenze nutrizionali tipiche della dieta moderna possono produrre stati di incapacità dell’organismo di difendersi dalle offese ossidanti dietetiche e ambientali, anche qui con conseguenti danni sia immediati che cronici.

Il problema è che i numerosi casi in cui la base della problematica ADHD ha questa base nutrizionale/ambientale vengono immediatamente catalogati come “patologie” da indirizzare subito al trattamento farmacologico senza neppure provare ad esplorare altre strade. Che vi siano casi più difficili che non rispondono al solo intervento nutrizionale e/o psicologico, è vero. Il vero problema è quello che è successo in USA, dove ci sono “solo” 2 milioni di bambini diagnosticati come ADHD ma fino a 11 milioni di bambini che assumono il farmaco, proprio perché ci sono enormi interessi che spingono a trasformare subito la sintomatologia in patologia da trattare con il Ritalin.

Se poi vogliamo parlare di fondazioni scientifiche, allora diciamo subito che non esiste alcuna prova definitiva che lo ADHD sia una patologia…. viene definito come il “paradosso Ritalin”: come può una anfetamina calmare un bambino iperattivo?… Alcuni teorizzano che i bambini più affetti da sintomi ADHD hanno una minor capacità di produzione di adrenalina, e qui il Ritalin “aiuta” stimolando artificialmente tale produzione. Il problema è che, trattandosi di uno stimolo non fisiologico, l’uso prolungato porta a danni anche gravi alle surrenali, con conseguente caduta in forme di ADHD anche peggiori.

Ma non è solo questo il problema del Ritalin. A parte il fatto che è risaputo come le anfetamine provochino gravi sintomi di dipendenza e tolleranza (necessità di aumentare la dose nel tempo). Il vero problema è che le anfetamine causano gravi danni cerebrali. E’ davvero ridicolo vedere come si facciano grandi battaglie antidroga, usando anche l’argomento che le droghe, addirittura l’assai più blanda marijuana, distruggono il cervello; e poi invece questo argomento viene completamente dimenticato quando di parla di farmaci che altro non sono che le stesse droghe rivestite con un nuovo abito…

D’altra parte, che il Ritalin possa avere effetti distruttivi sul cervello è riconosciuto dagli stessi propugnatori del Ritalin, quando ammettono che esso possa produrre un “effetto Zombie” (Arnold & Jensen, Comprehensive Textbook of Psychiatry, 1995), ovvero una vera e propria scomparsa di affettività, empatia ed interesse, con bambini che diventano completamente assenti come se fossero stati lobotomizzati.
(vedi qui)

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Psicofarmaci per bambini
di Luca Poma

La definizione “psicofarmaci per bambini” è in effetti quanto mai generica e quindi imprecisa: nella grande famiglia delle molecole psicoattive dobbiamo infatti includere certamente farmaci ad effetto “sedativo” quali gli ipnotici (purtroppo) utilizzati con eccessiva disinvoltura dalle mamme per meglio regolare il ciclo sonno/veglia dei propri figli, ma anche – ed a maggior ragione – meta-anfetamine come il metilfenidato (Ritalin®), classificate in tabella stupefacenti come eroina e cocaina, psicofarmaci non stimolanti come l’atomoxetina, oggetto di recenti “warning” in USA (coma epatico grave e stimolazione di idee suicidare) e per contro sempre più di moda in Italia, ed antidepressivi come il Prozac®, recentemente autorizzato all’uso anche sui bambini di 8 anni, con una scellerata delibera dell’ente regolatorio europeo (EMEA) che ha fatto nuovamente divampare le polemiche.
(vedi qui)

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Per saperne di più
Stefano Scoglio, Non è colpa dei bambini
Chiara Gazzola, Divieto d’infanzia
Un sito dedicato: Giù le mani dai bambin
Un episodio dei Simpson.

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L’occhio del lupo
Volete il Baffone? Eccolo qua!

I più non lo sanno – di solito in Italia i più non sanno né vogliono sapere niente che non sia strettamente legato alla pizza davanti alla partita in diretta – ma se c’è un peggio del peggio nell’opera di sfascio del paese di questi anni sta proprio dalle parti della scuola. Parlo dei contenuti ma anche dei metodi: si sarebbero detti una volta autoritari, ma non sta bene, t’insorge subito un Ostellino o qualche altro anticomunista sfegatato del Corsera a ricordarti i gulag, le purghe i baffoni certo poco moderni di quello lì. Con Craxi si definirono decisionisti. Oggi semplicemente “governo del fare”. E che ti fa la mascotte aizzata dai nani di Palazzo Chigi? Gli aumenti ai meritevoli – che a Torino e persino nella Napoli malfamata e traboccante di monnezza hanno deciso di non volerli – lei glieli dà per decreto. Beccatevi ‘sti euro, masochisti che non siete altro.
(michele lupo)

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La settimana scolastica

Se vogliamo cercare qualcosa che accomuni varie notizie riguardanti la scuola di questa settimana, troviamo questo: l’improvvisazione, il pressapochismo, il cambiare le carte in tavola da parte di chi governa. Il risultato è anche nel governo della scuola lo smarrimento delle regole e il prevalere del decisionismo di chi ha il potere e lo esercita.

Prendiamo la Proposta di valutazione del merito. Prima le operazioni di candidatura delle scuole avrebbero dovuto chiudersi il 31 gennaio; poi, vista la bocciatura della Proposta da parte della quasi totalità delle scuole delle città prescelte (Torino e Napoli), si estende la proposta alle rispettive provincie, in seguito a due nuove città (Milano e Cagliari), con contestuale proroga dei termini al 7 febbraio; poi all’intera regione Piemonte, infine le scadenze sono prorogate all’11 febbraio.

E non basta. Vista la bocciatura della Proposta nelle nuove città, si rincorrono affannose iniziative. Si parla di un improvviso allargamento della sperimentazione ad altre città; sembra che il “premio” rifiutato venga introdotto per decreto; sembra addirittura che il risentimento per la bocciatura cerchi una sorta di “vendetta” in una penalizzazione economica per i docenti colpevoli di aver disobbedito con l’eliminazione definitiva degli scatti stipendiali. Intanto si aggira in questi giorni nella scuola una “anagrafe docenti” dalle ignote finalità, in quanto vengono richiesti dati che dovrebbero essere già in possesso dell’amministrazione.

Stesso discorso per gli scatti stipendiali. Aboliti dalla manovra economica, poi si è detto che venivano reintrodotti, poi si è scoperto che in realtà sono stati dati a chi aveva diritto allo scatto entro il dicembre 2010, ma comunque che per tutti gli scatti successivi erano posticipati di due anni. Adesso pare che, a seguito del rifiuto da parte di docenti e ata di farsi valutare nella sperimentazione prevista dal Miur, i ministri Gelmini, Tremonti e Brunetta stiano per fare approvare un decreto che cancella per sempre gli scatti di anzianità e i gradoni per il personale di ruolo in servizio presso le istituzioni scolastiche. L’articolo 3 di tale decreto, comma 2, infatti, reciterebbe così:

“E’ vietata la distribuzione in maniera indifferenziata o sulla base di automatismi e premi collegati alla performance in assenza delle verifiche e attestazioni sui sistemi di misurazione e valutazione adottati ai sensi del decreto legislativo n. 150 del 2009, secondo le modalità di applicazione del presente decreto”.

Si potrà premiare fino al 75% degli insegnanti (esclusi gli altri lavoratori della scuola) e sui siti degli istituti andranno pubblicati nomi, curricula e incentivi. Contro il blocco degli scatti l’Anief ricorre in tribunale.

Nemmeno il 150° anniversario dell’unificazione italiana sfugge a questo andamento sussultorio della vita civile e politica. Solo adesso in prossimità della ricorrenza viene colmato il vuoto delle celebrazioni con l’istituzione di una giornata festiva per il 17 marzo, data della proclamazione del Regno d’Italia. Ma protestano gli industriali per la perdita di un giorno di lavoro, e le scuole devono rifare il calendario scolastico.

Altre scorrettezze non mancano. Il consigliere brianzolo Stefano Carugo tesse le lodi del presidente della Regione Roberto Formigoni durante una visita ufficiale di una scolaresca al Pirellone e la professoressa che li accompagna si arrabbia e scrive al consiglio regionale: «Sono indignata. A me, che insegno diritto, queste affermazioni fanno rabbrividire».

E’ necessaria un’iniziativa della CGIL, Non più stage truffa, per chiedere il rispetto dei diritti degli stagisti, nella maggior parte dei casi giovani sfruttati senza alcuna retribuzione e senza alcun tipo di formazione. Il segretario Susanna Camusso dichiara che: “Uno strumento che doveva essere un acceleratore della professionalità è diventato un lavoro gratuito e un po’ servile“.

Sindacati ancora divisi. Cisl e Uil hanno firmato l’accordo con il governo sul salario di produttività nel pubblico impiego. La Cgil non ha siglato l’intesa e ha lasciato il tavolo. Non hanno firmato neanche Cobas e Cisal. Questo, ha dichiarato il segretario Camusso, mentre “La Finanziaria taglia il 50% dei lavoratori precari della pubblica amministrazione e non si fa la riforma dell’amministrazione con il taglio della contrattazione nazionale (bloccata fino al 2013)“.

Intanto si riflette sui dati Ocse-Pisa 2010 pubblicati a dicembre, in cui l’Italia fa registrare il 21% di quindicenni “con scarsi risultati in lettura“. In pratica un quindicenne su cinque, in Italia, è semianalfabeta. Cioè privo “delle capacità fondamentali di lettura e di scrittura“. E i commissari li giudicano a rischio per il loro futuro sociale e sul lavoro.

Nonostante ciò si continua a disinvestire dalla scuola e si sottraggono risorse alla lotta alla dispersione, ignorando le direttive europee: la commissione di Bruxelles ha approvato un’iniziativa con la quale si propone di sollecitare gli stati membri a raggiungere uno degli obiettivi della strategia ”Europa 2020′‘: ridurre entro la fine del decennio a meno del 10% il tasso di abbandono scolastico, che oggi è del 14.4%.

Diminuiscono ancora i fondi per i corsi di recupero nelle scuole. Tali corsi ci sono dal 2007, dice la legge che le scuole li devono organizzare per sostenere chi è rimasto indietro dopo gli scrutini di metà anno. Ma nel 2007 c’erano a disposizione 210 milioni di euro, mentre quest’anno siamo scesi a 43 milioni e mezzo. E già si prepara la terza tranche dei tagli; per l’anno prossimo, 34.000 posti in meno.

Dando uno sguardo al contesto: i dati Istat ci dicono che il reddito delle famiglie italiane nel 2009 è calato del 2,7%, si tratta della prima flessione dal 1995.

Sempre dati Istat ci dicono che il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a dicembre 2010 è salito al 29%, con un aumento di uno 0,1% rispetto al mese precedente e di 2,4% rispetto a dicembre 2009, segnando così un nuovo record negativo. Si tratta, infatti, del livello più alto dall’inizio delle serie storiche mensili, ovvero dal gennaio del 2004.

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Segnalazione

Seminario sulla meritocrazia a Torino l’8 febbraio 2011.

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Petizione al Presidente della Repubblica: No ai tagli, no ai finanziamenti alle private.

Il decreto Brunetta qui.

Tutti i materiali sulla “riforma” delle Superiori qui.

Per chi se lo fosse perso: Presa diretta, La scuola fallita qui.

Guide alla scuola della Gelmini qui.

Le circolari e i decreti ministeriali sugli organici qui.

Una sintesi dei provvedimenti del Governo sulla scuola qui.

Un manuale di resistenza alla scuola della Gelmini qui.

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Dove trovare il Coordinamento Precari Scuola: qui; Movimento Scuola Precaria qui.

Il sito del Coordinamento Nazionale Docenti di Laboratorio qui.

Cosa fanno gli insegnanti: vedi i siti di ReteScuole, Cgil, Cobas, Cub.

Spazi in rete sulla scuola qui.

(Vivalascuola è curata da Alessandro Cartoni, Michele Lupo, Giorgio Morale, Roberto Plevano, Lucia Tosi)



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