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Welcome to Washington. 5 curiosità su House of Cards

Creato il 30 giugno 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Solo pochi mesi (ottobre) e poi Frank riprenderà la sua partita a scacchi contro chiunque si metterà fra lui e la realizzazione del suo diabolico piano di vendetta. Mr. Underwood ha già mostrato al pubblico delle prime due serie che per vincere bisogna calcolare ogni mossa ed essere disposti a sacrificare ogni cosa, anche le proprie pedine. Ma perché Frank Underwood, sebbene il suo gigantesco cinismo è l’eroe politico del terzo millennio? Perchè ci affascina a livello cerebrale. Non possiamo non essere catturati dalle sue macchinazioni, dalla sua astuzia. Non possiamo non identificarci con lui, tifare per lui, e allo stesso tempo accettare che la sua vittoria significherà la sconfitta di qualche vittima sacrificale. E’ un meccanismo che non prevede scrupoli o dilemmi morali.

Vi raccontiamo la nostra versione del capolavoro House of Cards, attraverso 5 indimenticabili massime che inseguiranno 5 curiosità inedite.

Democracy is overrated

1. “Democracy is overrated”.
Il pubblico alla fine di ogni puntata non può che dire “one more please”, proprio perché entra idealmente a contatto con i gelidi pomelli della West Wing della Casa Bianca, questo anche grazie alla rottura della terza parete pirandelliana da parte dei monologhi di Frank Underwood, che si rivolge direttamente al pubblico, guardando in camera, per snocciolare le sue teorie, condite da frasi fortissime diventate un cult (una su tutte “Democracy is overrated”). Il pubblico è colpito e affondato. Ma lo sapevate che prima di vestire i panni di Frank Underwood, Kevin Spacey ha trascorso un anno in quelli dell’ambizioso e spietato Riccardo III, il protagonista della nota tragedia shakespeariana? Due personaggi lontani cronologicamente, ma incredibilmente vicini caratterialmente.

2. “La politica richiede sacrificio. Il sacrificio degli altri, ovviamente. Per quanto un uomo possa ottenere, sacrificandosi per il proprio paese, è comunque più conveniente che siano gli altri a farlo per primi”
House of Cards non è esattamente un format originale: deriva da una serie britannica basata sul libro di Michael Dobbs, che dopo aver lavorato al “The Boston Globe” come assistente editoriale e giornalista politico, fu consigliere politico di Margaret Thatcher, affiancandola nel percorso dall’opposizione alla leadership del paese. L’originale ha debuttato nel 1990, in quattro episodi ambientato nell’Inghilterra del dopo Thatcher. Qui il protagonista era Francis Urquhart, che tra echi elisabettiani del Macbeth e del Riccardo III di William Shakespeare si muoveva tra le oscure trame del potere e dell’ambizione. Il fan più accanito del revival della serie? Obama, che ha dichiarato scherzando: “La mia vita è decisamente più noiosa di quella di Frank Underwood”.

3. “E’ molto nobile volersi mettere alla testa di un esercito, ma è proprio lì che il nemico mira per primo. Meglio restare qualche passo indietro e aprirsi una strada più sicura attraverso i cadaveri”.
Alcune scene sono ispirate alla storia. Un buon numero di sequenze in House of Cards sono credibili. Quando il presidente Walker firma un disegno di legge sull’educazione, l’allestimento della sala per esempio è simile a quando il presidente John F. Kennedy firmò la legge sulla parità di retribuzione. In entrambe le scene il Vice Presidente si trova in fondo alla stanza, in disparte. Una chicca per appassionati di cose della Casa Bianca. Senza la “consulenza” di alcuni influenti personaggi di Washington la serie non sarebbe stata possibile. Kevin Spacey ha raccontato di essere andato a lezione dal politico repubblicano Kevin McCarthy e Michael Gill che interpreta il Presidente Walker ha parlato spesso con consigliere della Casa Bianca David Gergen su come si comportano i presidenti a porte chiuse.

House of Cards - Quote

4. “Non è il rispetto, ma la paura a muovere l’uomo; è così che si fondano gli imperi e cominciano le rivoluzioni. E’ questo il segreto dei grandi. Quando un uomo ha paura lo puoi schiacciare, distruggere completamente, e alla fine otterrai sempre il suo rispetto. La vile paura intossica, travolge, sgomina. E’ sempre più forte del rispetto”
Perché Kevin Spacey ha detto sì? Quando gli hanno chiesto la ragione del suo passaggio dal cinema alla tv, l’attore ha risposto: “sono stato fortunato a fare cinema in un altro momento storico. I film prodotti negli anni ‘90 non si fanno più. E le storie più interessanti e i personaggi più accattivanti ora sono in TV”. E non solo lui. Ve lo ricordate Fight Club? E The Social network? Sono solo due dei film di culto diretti da David Fincher, il deus ex machina di House of Cards. E da Hollywood provengono anche molti dei guest director, chiamati a dirigere gli episodi della serie. Senza considerare la potente scrittura di Beau Willimon, che ha sceneggiato il bellissimo film ‘Le idi di Marzo’. La regia, di volta in volta, cambia firma, volto e sguardo. Ci sono due nomi in particolare che ci sentiamo di fare. Robin Wright che per la prima volta dirige e non si limita a recitare. L’episodio che firma è il decimo. Stupendo, intimo, un piccolo affresco. E Jodie Foster che con il suo nono episodio riesce a migliorare, cambiando improvvisamente il punto di vista della narrazione, fotografando in maniera magistrale l’arte del compromesso. Il meccanismo dell’uomo che vuole diventare Re e il Re che rischia di tornare semplice uomo, liberando l’animale che si cela in ognuno di noi.

5. “Il cambiamento arriva quando è ormai impossibile resistere. In altre parole, se tieni un uomo per le palle e gliele tiri forte, lui immancabilmente ti seguirà”.
Netflix ha speso qualcosa come 100 milioni di dollari per produrre ogni serie e in programma ce n’è già una terza, prevista per il 2015. House of Cards negli Usa non ha un giorno di programmazione preciso (come accade invece in Italia): il servizio di streaming Netflix rilascia tutti e 13 gli episodi contemporaneamente perché gli spettatori possano vederli quando gli pare. Perché guardarla? In un’epoca ossessionata dal politicamente corretto, questa serie ci propone una visione spietata e realistica che va aldilà delle ipocrisie di facciata e ci lascia nudi di fronte alla realtà di una politica che manovra molto al di sopra delle nostre teste e molto oltre la nostra comprensione. E’ un’incursione dietro i riflettori, dove si muovono le ombre del potere assoluto. Raccontando la verità nuda e cruda, il cinismo come moneta di scambio, le intenzioni mascherate consapevolmente, il demone machiavellico insito nella natura dell’uomo. Unico testimone: il pubblico. I castelli di carta qui non tremano nemmeno se scossi da una tempesta. Chissà come resistono.

di Valeria Ventrella per Oggialcinema.net


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