Dopo ore, giorni, settimane di silenzio riemergono le parole.
L’esperienza del TOEFL è stata tragi-comica.
In puro stile Giuliesco insomma.
Sveglia alle 4 am.
In realtà non è esatto usare il termine “sveglia”, in quanto non si può definire “dormita” un riposino di 2 ore.
Gisele, la mia landlady/guardian angel, mi ha accompagnata in macchina tra le strade deserte di Ottawa.
In compagnia di un maxi Caffè di Tim Horton e di un muffin, gentile pensiero sempre di Gisele, ho aspettato l’arrivo delll’autobus, come un’anima in pena aspetta l’arrivo di Caronte.Devo aver davvero avuto una faccia da funerale, perché una coppia mi si è avvicinata e abbiamo iniziato a parlare del più e del meno.
Quando alla domanda: “Che cavolo ci fai alla stazione degli autobus da sola alle 5 di mattina?” ho risposto “sto andando a fare un esame di inglese a Montreal”, hanno subito iniziato a lodare le mie capacità linguistiche.
Vi ringrazio per il pensiero, ma lo so benissimo di non essere Shakespeare.
L’autobus per Montreal ha un effetto soporifero. Forse spruzzano quanlcosa sui sedili per far stare calmi i passeggeri durante le 2 ore e mezza di viaggio.
Con il mio cafferone in mano, cercavo di non pensare all’esame.
Improvvisamente però mi accorgo di essermi addormentata.
Mi sveglio grazie al mio subcosncio che urla: “avevi il caffè in mano!!”
Troppo tardi.
Il caffè ormai è completamente finito sui jeans, sulla giacca e sulla sciarpa nuova.
Perfetto! La giornata inizia alla grande!
Il college che doveva essere la sede dell’esame si trovava al 6 piano di un edificio semi abbandonato.
Dopo 4 ore di test sono uscita con i lacrimoni.Non penso proprio di aver raggiunto il livello richiesto per essere ammessi al PhD.
Ho iniziato quindi a vagare per le strade in uno stato confusionale.
Nella testa mi rimbombavano i testi assurdi che ho dovuto leggere e ascoltare (chimica, biologia, astronomia, ingegneria).
Alla fine mi sono rintanata in uno Starbucks a piangermi addosso. Il probabile fallimento pesava sulla mia testa come un macigno.
Tornata nella mia cara Ottawa, dopo due Cosmopolitan sono giunta alla conclusione che c’è sempre una soluzione alternativa.
Mi sono ripetuta le parole di Stéphane e della mia amica italiana Anabel:
"se non va questa volta lo ritenti...è un documento accessorio...ha solo una funzione amministrativa"
A parte questa spiacevole esperienza, l’esistenza canadese procede a gonfie vele.
Ho scoperto di amare l’hockey sul ghiaccio.
Quando i giocatori se le danno di santa ragione e gli arbitri si beccano pugni a destra e a manca io sono lì che rido a crepapelle.
Dopo quasi due mesi di vita qui mi è venuta una voglia – tipo donna incinta – di cibo indiano.
Detto fatto!
Ristorantino nel centro di Ottawa, buon vino e l’ottima compagnia di Oliver e Claudie hanno fatto allontanare le ansie ricorrenti sui risultati dell’esame.
Il film “La vie d’Adele” poi ha dato il colpo di grazia ai pensieri più nefasti.
E il clima?
Ormai Dicembre è alle porte.
La scorsa settimana ci ha regalato una nevicata di quasi 30 cm.
Mi sono ritrovata a giocare e saltare nelle neve da sola come una bambina, armata del mio super giubbotto canadese e delle scarpe più calde (ed enormi) della terra.
La neve ha aperto le danze all’atmosfera natalizia.
Ho assistito alla Christmas Parade, con macchine, carri, autobus e tir addobbati con mille luci sui quali bambini (ma anche parecchi adulti) auguravano al mondo Buon Natale.
Anche il mio corpo si sta adattando al Natale visto che, al rientro dalla Parata (2 ore in piedi a -18 gradi), il mignolo del piede destro aveva assunto un colorito rosso scuro e solo dopo 20 minuti di doccia bollente ha ripreso vita.
La saggia sorella (futuro medico) mi ha diagnosticato un principio di congelamento.
Welcome winter!