Bersani, Di Pietro e Vendola sfilano per l’articolo 18. E ora, vogliate ammirare l’articolo 19.
(da www.spinoza.it)
(nell'immagine, una giovane tritziniana in un momento di quotidianità)
2.
Era un Paese felice, insomma, come in tutte le fiabe che si rispettino. Erano tutti felici, tutti soddisfatti, uomini e donne, vecchi e giovani.
Mangiavano così tanta carne di dodo che il colesterolo finiva per ucciderli, e bevevano così tanto berkìs, un delizioso ricavato della linfa del paragelso, da rovinarsi il fegato.
I tritziniani non ne avevano colpa, ma con il benessere erano diventati egoisti, non avevano più voglia di prendersi cura degli anziani, che affidavano con grande praticità a replicanti prodotti in Cyndia, né tantomeno di fare figli: al massimo uno a coppia, che ovviamente veniva cresciuto respirando la spensieratezza e la gioia di vivere dei genitori e, una volta adulto, si rivelava inevitabilmente ancor più egoista di loro. Se la media di figli per famiglia resisteva a 1,4 era solo grazie agli immigrati dal pianeta Araghayn, arrivati per svolgere i lavori umili (infermieri, camerieri, becchini...) che i colti e felici tritziniani non avevano più voglia di fare.
Nel frattempo accadde che qualche giovane ricercatore, non fidandosi ciecamente della trionfale stampa di governo, scalò il Kamiuk e il Wallenkrantz, prelevando campioni di omicron e rendendosi conto che il minerale giallo-bianco si stava impoverendo: presto le riserve sarebbero finite.
Un bel giorno, la ferale notizia fu data dal coraggioso Aimirs Zallan, 34 anni, al Presidente della Repubblica in persona, il quale lo rassicurò con tante pacche sulle spalle e chiuse a chiave in un cassetto le proiezioni del giovane scienziato, dimenticandosene all’istante.
Ah, questi giovani!
Ma Aimirs non smise di fare calcoli e di preoccuparsi: ne parlò invece con alcuni suoi colleghi, e la voce cominciò a spargersi, proprio come una colata lavica del Kamiuk o del Wallenkrantz, o anche del Sjrin-yang, il vulcano più maestoso, il più bello di tutti.
Si arrivò così al 3090, anno in cui il governo di Centro-Alto della Tritzinia fu informato da un emissario dell’ente pensioni, che in base ai loro calcoli nel 4020 lo Stato non sarebbe più stato in grado di pagare le pensioni.
La cosa più logica da fare sarebbe stata far pagare le tasse a tutti e innalzare l’età pensionabile a 60 anni. Logica sì, ma una logica suicida: il governo sapeva bene che i lavoratori lo avrebbero punito alle elezioni del 3092 votando in massa per il partito di Centro-Basso.
- Ricordatevi che nel nostro elettorato ci sono più pensionati che lavoratori, disse il ministro degli esteri.
- Sì, ma quelli che votano ci bastoneranno.
- Dobbiamo solo resistere qualche anno e andranno in pensione pure loro.
- E non facciamo arrabbiare i nostri Grandi Elettori, che sappiamo tutti chi sono e di cosa sono capaci.
Così, in una notte di tempesta, il governo si riunì segretamente in una capanna alle pendici del Sjrin-yang e decise all’unanimità di emanare una mini-riforma leggera, che non facesse arrabbiare troppo gli elettori: nessun aumento delle tasse, dipendenti pubblici (che erano il 5% del corpo elettorale) in pensione a 56 anni, gli uomini del settore privato a 54 anni e le donne del settore privato a 52...
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