Aperta campagna. Il giovane Ratzinger sopraffatto dall’emozione per la scoperta del vaccino antipolio non riesce a contenersi e inizia a correre e saltare per i campi. E’ un tripudio di felicità, degno epilogo per la fortunata serie televisiva che chiude i battenti. Sorge però un problema. Dai vertici della rete viene imposto a Renè Ferretti (Francesco Pannofino) di girare tutto al rallenti per aumentare il pathos. Decisamente troppo per lo scafato regista che con uno scatto d’orgoglio abbandona il set lasciando la storica troupe di fatto senza lavoro. Quando ormai tutto sembra perso però Sergio (Alberto Di Stasio), il delegato di produzione, riesce a mettere le mani sui diritti di un importante libro di denuncia e così per il vulcanico Ferretti si aprono le porte della settima arte, il cinema libero sognato da tutti i registi di talento. Sfortunatamente però la realtà si rivela non molto diversa da quella grezza e senza fascino della tv e il nostro eroe della macchina da presa si troverà ben presto a fare i conti con le solite dinamiche rivolte al soddisfacimento delle masse. Dopo tre fortunate stagioni televisive arriva la consacrazione cinematografica per il pesce Boris, la dissacrante parodia sul mondo delle fiction di casa nostra che ha saputo affermarsi nel corso degli anni come vero e proprio fenomeno di culto.Prodotto collaudatissimo, il film non tradisce le aspettative e si presenta esattamente a misura di fan, aggressivo e tagliente anche se meno carico del solito. Ovviamente come spesso accade in questi casi la dilatazione dei tempi del lungometraggio comporta una perdita della brillantezza rispetto al format televisivo e anche i personaggi ormai prevedibili divertono meno ma alcune trovate restano comunque geniali ed estremamente divertenti, come ad esempio il frustato Stanis Larochelle (Pietro Sermonti) che pretende di interpretare Gianfranco Fini, personaggio assolutamente indispensabile (a suo dire) in un film che parla del nostro paese.Nonostante il registro scanzonato però, Boris non risparmia di certo un impietoso commento sul mondo del cinema ormai a pezzi in Italia. Le parole del delegato di rete Lopez (Antonio Catania) “Dopo la tv c’è il cinema, dopo il cinema la radio e poi la morte” sono emblematiche e non fanno che girare il dito nella piaga delle ormai ridottissime produzioni di film per il grande schermo. Certo speriamo che la triade Ciarrapico/Torre/Vendruscolo non ceda alla tentazione del sequel e metta nuovo materiale in cantiere, perchè è con la freschezza delle idee che si combatte la demenza dei palinsesti e non solo...voto: 6.5 (Dai! Dai! Dai!)
Magazine Cinema
Aperta campagna. Il giovane Ratzinger sopraffatto dall’emozione per la scoperta del vaccino antipolio non riesce a contenersi e inizia a correre e saltare per i campi. E’ un tripudio di felicità, degno epilogo per la fortunata serie televisiva che chiude i battenti. Sorge però un problema. Dai vertici della rete viene imposto a Renè Ferretti (Francesco Pannofino) di girare tutto al rallenti per aumentare il pathos. Decisamente troppo per lo scafato regista che con uno scatto d’orgoglio abbandona il set lasciando la storica troupe di fatto senza lavoro. Quando ormai tutto sembra perso però Sergio (Alberto Di Stasio), il delegato di produzione, riesce a mettere le mani sui diritti di un importante libro di denuncia e così per il vulcanico Ferretti si aprono le porte della settima arte, il cinema libero sognato da tutti i registi di talento. Sfortunatamente però la realtà si rivela non molto diversa da quella grezza e senza fascino della tv e il nostro eroe della macchina da presa si troverà ben presto a fare i conti con le solite dinamiche rivolte al soddisfacimento delle masse. Dopo tre fortunate stagioni televisive arriva la consacrazione cinematografica per il pesce Boris, la dissacrante parodia sul mondo delle fiction di casa nostra che ha saputo affermarsi nel corso degli anni come vero e proprio fenomeno di culto.Prodotto collaudatissimo, il film non tradisce le aspettative e si presenta esattamente a misura di fan, aggressivo e tagliente anche se meno carico del solito. Ovviamente come spesso accade in questi casi la dilatazione dei tempi del lungometraggio comporta una perdita della brillantezza rispetto al format televisivo e anche i personaggi ormai prevedibili divertono meno ma alcune trovate restano comunque geniali ed estremamente divertenti, come ad esempio il frustato Stanis Larochelle (Pietro Sermonti) che pretende di interpretare Gianfranco Fini, personaggio assolutamente indispensabile (a suo dire) in un film che parla del nostro paese.Nonostante il registro scanzonato però, Boris non risparmia di certo un impietoso commento sul mondo del cinema ormai a pezzi in Italia. Le parole del delegato di rete Lopez (Antonio Catania) “Dopo la tv c’è il cinema, dopo il cinema la radio e poi la morte” sono emblematiche e non fanno che girare il dito nella piaga delle ormai ridottissime produzioni di film per il grande schermo. Certo speriamo che la triade Ciarrapico/Torre/Vendruscolo non ceda alla tentazione del sequel e metta nuovo materiale in cantiere, perchè è con la freschezza delle idee che si combatte la demenza dei palinsesti e non solo...voto: 6.5 (Dai! Dai! Dai!)
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