Magazine Diario personale
Leggendo questo post del Democritico, non soltanto ho puntualmente trovato considerazioni ben argomentate; mi sono anche imbattuto in due termini, uno retorico che avevo bisogno di rispolverare e puntellare, l’altro una novità filosofica: calembour e apodittico.
Quindi, nel ringraziarlo per il pacchetto tutto compreso, provo subito a metterli in pratica.Comincio col calembour. Ah, lapalissiano è che a chi non lo sapesse non spiego cosa significhi, perché alla pigrizia da vocabolario è bene ogni tanto rendere la vita difficile. Vi vengo soltanto incontro per porgervi lo strumento ginnico che ho utilizzato anch’io, l’ottimo dizionario Treccani.
Et voilà, le calembour!In Italia un democratico può dirsi progressista, ma un progressista non può certo dirsi democratico.
Adesso mancherebbe il tocco apodittico. Prima però, rileggendo Chi vuole abbindolarci sui matrimoni gay?, noto un punto debole nell’argomentazione del buon Democritico.
“Il matrimonio omosessuale, si è anche detto, sarebbe in contrasto con una tradizione culturale e sociale millenaria. Ma non è questo il compito di un partito progressista, superare quegli ostacoli culturali e sociali che si frappongono alla pari dignità delle persone?Altro argomento: il matrimonio omosessuale non sarebbe accettato dalla maggioranza cattolica degli italiani, che il Partito Democratico si candida anche a rappresentare.”
Uno scricchiolio mi perplime.Come può superare quegli ostacoli culturali e sociali che si frappongono alla pari dignità delle persone, un partito che ha come Presidente della propria Assemblea Nazionale una democristiana in sintonia con una tradizione culturale e sociale millenaria?Il Partito Democratico già da tempo è immerso fino ai polpacci, con pantaloni rimboccati fino al ginocchio e maniche di camicia tirate su fino ai gomiti (almeno sui manifesti) a ravanare sodo nella melma degli opportunismi d'alleanze di potere per rappresentare la maggioranza cattolica degli italiani.
E questa è la mia apodissi.
K.
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