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Comparando un padre

Da Selena
Tra una chiamata di Gabi, e due biberon, e mi stupisco di quanto mangi che ogni giorno mi chiedo se gli sto dando troppo poco da mangiare, mi son finalmente letta il blog di questo padre , e son senza parole. O meglio, di parole ne ho tante, come tante domande, tante risposte, tanti pensieri.
Perché come giá detto, forse sará la realtá che io vivo, forse solo la mia personale, o forse quella di un paese intero, ma leggere ció che racconta questo padre che vive in Svezia, sapendo che é italiano, mi fa dire che io ho sbagliato tutto!
Prima di tutto ho sbagliato paese. Perché seguo anche altri blog sulla Svezia, scritti da italiani, e penso che loro sí che vivono nel paese dei balocchi, mentre io mi ritrovo quasi in un paese del 3º mondo (e se lo chiedeva anche ZP davanti al presidente degli USA; chiedendo loro perché lo trattano cosí male visto che la Spagna é l'8ª potenza mondiale).
La Svezia sembra all'avanguardia nella sanitá, leggo di preparazione a parti con informazioni dettagliate, con strutture incredibili, di cure e medici specializzati che ti seguono prima, durante e dopo, di congedi dal lavoro, maternitá e paternitá, paghe al 100%, sussidi...insomma, facilitazioni che comparate con quel che io vivo, la realtá spagnola, sembrano promesse da terra proibita.
Capitemi, non ci son sussidi per madri disoccupate, i corsi preparto son 2 ore settimanali di ginnastica leggera e qualche informazione dove le future madri si lasciano prendere dall'angoscia per i racconti di chi ci é giá passato, con un'ostetrica che comunque non sará presente al parto. L'ospedale ti promette un parto semplice ed indolore, quando invece, come é capitato a me, mi son ritrovata bloccata in un letto, nuda e cruda, con due monitor, per quasi 20 ore, aspettando un anestesista che m'ha fatto l'epidurale 2 volte perché la prima sembrava non funzionare, trattandomi come una scema perché sono straniera e grazie alla tonsillite ero rimasta senza voce, aspettando poi una cesarea per piú di 3 ore perché il suddetto anestesista era occupato, ritrovandomi con i dolori delle contrazioni perché l'effetto dell'epidurale era finito, ed infine con un'anestesia totale, senza poter vedere mio figlio per quasi 20 ore, condividendo una stanza con dei burinazzi che non facevano altro che russare ed urlare, con medici che pensavano avessi bisogno di un'interprete, con infermiere maleducate, e con un ricordo ormai del parto che definirlo terrificante é poca cosa. Che bella esperienza....
Un padre che crede fermamente che lui ha gli stessi doveri di lei, la madre.
Chiamerei sto padre e gli direi di fare una bella chiaccherata con Buddha. Perché alla fine risulta che é colpa mia, sicuro...colpa mia per avergli fatto credere, da quando ci conosciamo, che io son come Superwoman, che só fare di tutto e di piú, che só arrangiarmi perfettamente in ogni situazione, che sono indipendente, capace e organizzata. Lui non ha avuto dubbi, ci ha creduto, peccato che ha continuato a crederlo anche dopo aver avuto un figlio.
Notti insonni di Buddha in questi 6 mesi e mezzo? Nessuna! Il turno di notte é mio, come anche quello di giorno.
Si vanta di portarlo in giro, a passeggiare, certo, la cosa piú facile del mondo. Cambia ogni tanto un pannolino, e ci mancherebbe altro. Non gli da il biberon, da lui non lo beve. Non sa addormentarlo. Non sa come preparare un biberon. Non gli fa il bagnetto, ha paura. E cosí tante altre cose. Certo, ci gioca, se lo sbaciucchia, diciamolo é il classico padre presente ma assente, perché lui c'è ogni volta che tutto va bene, ma in quanto il pupo ha bisogno di qualcosa di piú specifico, ecco entrare in scena la mamma, perché lui, il padre, non é capace.
Purtroppo non é solo lui, é questa cultura che inculca agli uomini che loro non hanno tutti quei doveri che noi donne crediamo debbano avere. Loro son uomini, per cui se lavorano sono esonerati da tutte le faccende domestiche o paternali. La madre deve farsi carico di tutto ció che é relativo ai figli, alla casa, e magari anche lavorare. Naturalmente il lavoro per una donna é una libera scelta per coprire le sue spese, o una scelta obbligatoria per sfamare la famiglia. L'uomo invece ha il sacrosanto diritto e dovere di lavorare, anche perché se sta a casa non veste certo gli abiti del casalingo.
É come sbattere la testa contro una parete: puoi spiegargli che no, non é disdicevole fare ció che fá una madre, ma lui, l'uomo, non lo capirá. Si vanta che io son quella paziente, fa sapere a tutti che son io a farlo tutto in casa, che le notti non dormo, che mi prendo cura del pupo. E gli altri? Non dicono niente. Perché cosí é normale. Perché a nessuno verrebbe in mente di dirgli, a Buddha, o agli uomini come lui "Ma non ti vergogni? E perché non ti alzi tu la notte a preparare i biberon o far riaddormentare tuo figlio? Perché non lasci che per una notte lei dorma senza preoccupazioni?". Nessuno lo dice, anzi, se lo dico io mi guardano perplessi, le donne annuiscono, ma sanno che tanto é cosí e basta, non é normale che lui, l'uomo, inverta le parti.
Per una serie di coincidenze sfortunate, io non lavoro da quasi un anno, ho avuto delle buone opportunitá, ma ero giá incinta, e per quello non mi hanno assunto. Ma avrei voluto vedere come sarebbe andata se fossi stata io a tornare al lavoro, lasciando tutto in mano di Buddha. Son sicura che lui, in questa situazione, avrebbe imparato come fare e dare i biberon, come cambiarlo, come bagnarlo, come addormentarlo, e avrebbe fatto il casalingo, magari anche pensando che non é male.
Ma la situazione é ben diversa, lui lavora, ora, e quando non lo faceva c'ero comunque e sempre io.
Eppure le altre donne non si lamentano dei loro patner. Che vuol dire questo? Che son sempre io la pecorella nera che non s'accontenta di quel che ha? Che in casa gli altri uomini son diversi? O che la situazione é questa, ne piú né meno, gli uomini non muovono un dito, le donne si arrangiano come sempre?
Una gravidanza puó avvicinare o allontanare una coppia, l'arrivo di un figlio anche.
Durante la mia gravidanza non lo sopportavo, dicono che a volte succede, gli ormoni son imprevedibili, ci son donne che addirittura odiano ferocemente i loro compagni e non li possono neanche vedere. Alcuni si trasferiscono per alcuni mesi. Io non lo sopportavo, mi faceva arrabbiare solo a guardarlo, in certi giorni. Non sempre.
E dopo il parto che dire, che continuo ad arrabbiarmi perché vorrei di piú, vorrei iniziativa, vorrei risposte, vorrei che lui s'interessasse e non sentirmi sempre sola davanti a qualsiasi problema. Vorrei potermi fidare e pensare che se manco per alcune ore il mondo non crolla. Vorrei sapere che lui ha la pazienza, cosa che sembra mancargli da quando ha un figlio. Vorrei esser sicura che non perderá i nervi se Gabi piangerá per ore.
Sará un buon padre, certo, io non critico la sua forma di essere padre, ma come compagno lascia ben a desiderare...da mesi ormai...E la colpa sicuramente é anche mia, che non ho piú la pazienza di aspettare un cambiamento, di sapere che non sará cosí per sempre, di dirmi che é una situazione passeggera.
Come padre magari sará il migliore, come compagno, attualmente, non é dei migliori.

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