Magazine Basket

Delle fin troppo precoci previsioni – i Bust

Creato il 02 luglio 2012 da Basketcaffe @basketcaffe

Il bello del draft NBA è che si tratta molto più di un’arte di quanto sia una scienza esatta. Questo fa sì che ogni anno alcune squadre toppino clamorosamente prendendo delle pippe con scelte molto alte (i cosidetti bust), mentre altre scovino dei futuri all-star con scelte basse, alla fine del primo giro o addirittura al secondo (i cosidetti steal). Il primo caso è il peggior incubo di qualsiasi scout e manager NBA, il secondo è il loro sogno più bagnato, ma ciò che è certo è che ogni anno qualcuno piangerà e qualcuno riderà, la crudele legge del draft non perdona mai.

Ad esempio l’anno scorso Derrick Williams fu scelto con la 2° assoluta, Tristan Thompson con la 4°, Jan Vesely con la 6°. Anche se si tratta di giocatori giovanissimi che possono ancora migliorare molto e smentire queste parole, possiamo dire che dopo un anno di NBA non hanno dimostrato di valere una scelta così alta. Per contro, allo stesso draft Kawhi Leonard fu scelto con la 15esima, Iman Shumpert con la 17esima ed ancora più clamorosamente, Isaiah Thomas con l’ultima scelta possibile, la 60esima (senza scordare Faried alla 22, MarShon Brooks alla 25, Chandler Parsons alla 38…). Se quel draft fosse ripetuto adesso, dopo un anno, l’ordine di scelta sarebbe ben diverso. Alla stessa maniera nel 2010 Evan Turner fu scelto come 2° e Wesley Johnson come 4° mentre ad esempio alla 7° c’era Greg Monroe, alla 9° Hayward e alla 10° Paul George. Nel 2009 è famoso invece Thabeet alla 2° (ancora? ci sarà mica una maledizione sulla 2° scelta del draft?? ma aspetta… chi è che ha scelto con la due quest’anno? oddio! però magari due maledizioni si annullano a vicenda e Kidd-Gilchrist diventa forte… chissà.) quando magari Ty Lawson era finito alla 18°. È ovvio che prevedere esattamente lo sviluppo fisico e tecnico di un giocatore nel tempo è quasi impossibile, ma è anche vero che i front office delle franchigie NBA (alcuni più degli altri) commettono sistematicamente alcuni errori anno dopo anno nel sopravvalutare alcuni giocatori e sottovalutarne altri. Proviamo ad analizzare questi errori con i draft degli ultimi anni per vedere se è possibile fare delle previsioni sul successo dei rookie di quest’anno, iniziando da quelli di sopravvalutazione.

Michael Jordan GM - © 2012 cloudfantasy.com

un esemplare di assiduo procacciatore di bust

Uno degli errori di sopravvalutazione più clamoroso e più frequente, è quando i manager NBA applicano la semplicista equazione “star al college = star in NBA”, un’equazione che oramai anche Michael Jordan dovrebbe sapere essere falsa (ok dai la smetto, povero MJ). Falsa perché il gioco del college è molto diverso da quello NBA, per dimensioni, tempistiche, regole, qualità degli avversari, ed altro ancora. Difatti l’NCAA può essere dominata da giocatori che in NBA si dicono undersized, cioè più bassi della media per quella determinata posizione, come ad esempio Derrick Williams, che dopo aver fatto incetta di premi al college ha subito un brutto risveglio al piano superiore, contro avversari più atletici e più grossi. Inoltre la differenza di atletismo fra l’NBA ed il resto del mondo (college compreso) è forse ciò che caratterizza maggiormente la lega più bella del mondo; in questo senso, giocatori che al college non avevano alcun problema a tenere in difesa ed a crearsi il proprio tiro arrivano in NBA e ad un tratto non riescono più ad arrivare al canestro in attacco ed in difesa sono poco più che birilli. È il caso di Adam Morrison (3° scelta del 2006), ma anche di Evan Turner. Infine ci sono giocatori che dominano in NCAA grazie al loro tiro. Spesso sono bianchi e (quindi) sono anche poco atletici. Vengono in mente J.J. Redick (11esimo del 2006) e Jimmer Fredette (10° l’anno scorso). È tanto difficile capire che in NBA non potranno essere altro che giocatori di ruolo (come d’altronde ha saputo egregiamente trasformarcisi proprio Redick ai Magic) e che quindi non valgono una scelta in lotteria?

L’altro storico errore per cui un giocatore viene scelto troppo in alto rispetto al suo vero valore è quello che chiamo “l’infatuazione per il lungagnone”. Dato che il Centro è probabilmente la posizione più importante dell’NBA (in quanto ha la maggiore possibilità di impattare il gioco in entrambi i lati del campo), i general manager sono alla continua ricerca del next-Russell, next-Olajuwon, next-Duncan, cioè della pietra angolare per costruire una dinastia vincente. Come falene attratte dalla fiamma, spesso e volentieri i GM si bruciano inseguendo un big man. “Fiamme” bruciacchianti famose sono state Kwame Brown (1° scelta del 2001; giuro che non dico chi l’ha scelto, d’altronde ho già taciuto su Morrison…), Darko Milicic (2° scelta del 2003, prima di Carmelo Anthony, Bosh e Wade), il sopra nominato Thabeet, ma anche un Araujo (8° del 2004) ed i Shelden Williams, Patrick O’Bryant e Saer Sene del 2006, rispettivamente 5°, 9° e 10° di quell’infausto draft che ancora infesta i sogni di ogni scout sul pianeta. Bisogna dire anche che i lunghi sono quelli che impiegano più tempo per svilupparsi (vedasi quanto ci ha messo Bynum) e che quindi è ancora impossibile valutare scelte recenti come Favors, Kanter e Biyombo, anche se il primo ha già fatto intravedere ottime cose.

LeBron Milicic Anthony - © 2012 ebay.com

trovate l'intruso...

Altro errore, questo meno frequente, è quello di scegliere molto in alto dei giocatori che arrivano dal college “fatti e finiti”, ma più finiti che fatti, cioè giocatori che sono già sviluppati al massimo e che non hanno molto spazio per migliorarsi, sono cioè già al “tetto di prestazione”. La maniera più facile di individuarli è guardare all’età, infatti al draft si possono presentare dei freshman (dopo il 1° anno di college) 19enni, come dei senior (finito il college) 23enni, o in alcuni casi estremi anche dei 27enni, come Bernard James quest’anno (andatevi a leggere la sua storia!). È chiaro che, come regola generale, un giocatore più giovane è più “malleabile” ed ha più tempo per imparare e non è un caso che il suddetto Bynum fu scelto non ancora 18enne, il più giovane di sempre. Un esempio di senior noto per essere stato scelto troppo in alto è Wesley Johnson, 4° nel 2010, che dal suo anno da rookie non ha mostrato alcun miglioramento. L’infausto draft del 2006 viene ancora in nostro aiuto, con Shelden Williams e Hilton Armstrong (5° e 12esimo) rappresentante un’orrifica coppia mutante di “lungagnoni-fiamme-senior”, una combinazione di errori che spaventerebbe persino R.C. Buford.

Infine c’è la trappola dell’hype pre-draft. Spesso alcuni giocatori vedono salire le loro quotazioni ingiustificatamente poco prima del draft, così tanto che nel giro di due settimane hanno guadagnato decine di posizioni nei vari mock draft. Basta molto poco, come una mezza parola del proprio agente che lo paragona ad un all star, un workout andato particolarmente bene o un alone di mistero (ad esempio cancellando tutti i workout per le squadre facendo pensare di avere una promessa di scelta da parte di qualche squadra), e le azioni schizzano alle stelle. Nell’ultimo draft si ricordano due Thompson, Tristan e Klay, rispettivamente 4° ed 11esimo, che scalarono classifiche su classifiche poco prima del draft.

Ora che abbiamo riassunto gli errori più frequenti nella storia dei draft NBA, proviamo ad analizzare alcune delle top 10 scelte di quest’anno per vedere se qualche manager è ricascato in una delle “trappole” appena descritte. Possiamo quasi saltare la scelta numero 1 perché è chiaro a tutti che Anthony Davis non sarà un bust; Davis ha mezzi fisici/atletici di primo livello uniti ad un istinto per il gioco pazzesco, è giovanissimo ed ha trascinato Kentucky alla vittoria in NCAA. Anche se i paragoni con Duncan o Garnett mi fanno storcere il naso perché offensivamente Davis è lontano anni luce dai due futuri Hall of Famer, difensivamente è già un game changer, motivo per cui preferisco il paragone con Marcus Camby. Siamo sicuri che fra 5 anni sarà ancora il miglior giocatore di questo draft?.

Alla 3 iniziano già a sorgere i primi dubbietti, seppur minuscoli. Bradley Beal è un prototipo di guardia tiratrice, dotato di grandissimo atletismo e conoscenza del gioco. Viene spesso paragonato a Ray Allen per il suo tiro, ma se andiamo ad analizzare le statistiche del college qualche dubbio può venire: da freshman a UConn, Allen tirava con il 51% dal campo ed il 40% da tre punti, mentre Beal ha concluso con il 44% dal campo ed il 34% da tre. Quasi impossibile che sia un bust, ma non credo proprio che sarà un tiratore a livello di He Got Game.

Con la scelta numero 4 c’è la prima sorpresa, i Cavaliers scelgono Dion Waiters. L’agente di Waiters è un tale Rob Pelinka, uno degli agenti più famosi e smaliziati dell’NBA, che fra gli altri, cura le situazioni contrattuali di Kobe Bryant e Kevin Durant. Prima del draft Waiters (o meglio Pelinka) aveva cancellato tutti i workout, facendo intendere di avere una promessa di scelta intorno alla 10° posizione. Quando poi sono partiti i paragoni con Dwyane Wade, apriti cielo! I Cavaliers, perso Beal, hanno tentato il colpo ad effetto. Questo è il primo giocatore che secondo me non vale una scelta così alta, più giusta forse una intorno alla 10ima, ed i Cavaliers mostrano di non aver imparato niente dallo scorso anno.

Con la scelta numero 5 i Sacramento Kings cadono nella trappola della “falsa equazione”. Thomas Robinsonsembra un clone di Derrick Williams per come il suo successo al college lo ha portato ad essere scelto in alto al draft. I campanelli d’allarme maggiori, oltre ad essere lievemente undersized per la posizione, sono la sua possibile produzione offensiva in NBA. Al college Robinson faceva 18 punti di media in gran parte ottenuti grazie alla sua maggior forza, atletismo ed energia. Non ha grandi movimenti in post e non ha un grande tiro dalla media, anche se quest’ultimo sta migliorando. Inoltre è un junior, più anziano della media degli altri draftees e quindi con meno potenziale. Sarà capace di contribuire da subito a rimbalzo ma la mia previsione è che non diventerà mai un giocatore da quintetto di qualità.

2012 Draft Class - © 2012 Elsa/Getty Images North America - zimbio.com

a chi toccherà quest'anno?

Alla 7 c’è uno dei giocatori più hyped degli ultimi anni, Harrison Barnes. Barnes ha vissuto e sta vivendo sulla sua reputazione costruita negli anni del liceo e sul fatto che segna un sacco di punti. La verità è che è uno scorer estremamente inefficiente (44 fg%, 36% da 3, 72 ft%), non migliora i suoi compagni (1.1 assist) ed in difesa fa poco, se non marcare appena la sua posizione (ali piccole costruite fisicamente simili a lui). In NBA, contro difensori molto più atletici, avrà un brutto risveglio, e la sua prestazione al torneo NCAA (soprattutto contro Kansas) avrebbe dovuto far riflettere molti scout. Al massimo lo vedo come un giocatore di ruolo.

Alla 9 c’è il giocatore con più rischio di essere un bust, Andre Drummond, difatti scivolato così in basso perché ha spaventato tanti general manager. La trappola qua è chiaramente l’infatuazione per il lungagnone, ma d’altronde qualcuno doveva rischiare quando si è trovato davanti l’unico esemplare fisico/atletico che potrebbe schiacciare in testa a Dwight Howard o ad Andrew Bynum. Personalmente sono un believer e credo che Drummond possa veramente diventare un giocatore dominante, ma servirà tanta tanta pazienza ed anni di allenamenti personali per costruirgli un gioco offensivo. Se non verrà gestito bene potrebbe essere un nuovo Eddy Curry (4° nel draft 2001, 1° nel mangiare hamburger).

Infine alla 10 un altro scorer totalmente inefficiente, Austin Rivers. Voglio analizzare con voi alcuni degli aggettivi usati maggiormente per descrivere Rivers: “estremamente sicuro di sé”, “grande crossover”, “velocissimo”, “ottimo tiratore”. La sicurezza in sé è importante per avere successo in NBA, ma se non c’è qualcosa di solido dietro si rischia di finire come Lance Stephenson a.k.a Born Ready. Un grande crossover? Anche Michele a.k.a Fly del campetto in cui andavo io anni fa aveva un crossover pazzesco, ma non credo abbia mai giocato oltre la Promozione. Di velocissimo ed atletico c’è anche Usain Bolt, ma di nuovo, non ho mai visto Bolt dominare in NBA. Infine mi sembra che Rivers sia un ottimo tiratore più sulla carta che sul campo (43 fg%, 36% da 3, 66 ft%). Sono sicuro al 100% che se avesse avuto un altro cognome questo sarebbe finito MOLTO più in giù nel draft, ed in NBA lo vedo al massimo come un 6° uomo che esce insieme alle seconde linee e può sparacchiare a volontà.

Con Austin Rivers si conclude l’analisi fin troppo precoce su quelli che potrebbero essere i futuri bust, o meglio reach, cioè i giocatori che sono stati presi troppo in alto rispetto alle loro vere qualità. Nel prossimo articolo analizzeremo quelli che potrebbero essere gli steals, i giocatori cioè sottovalutati e scelti troppo in basso!


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :