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#DirittiUmani: la fiaba quotidiana

Da Intervistato @intervistato
E la principessa e il principe si sposarono e vissero felici e contenti per il resto dei loro giorni. Questo è il finale di quasi tutte le favole che sentiamo da piccoli. Ma nella realtà c'è sempre una grande differenza dopo le classiche parole:… E vissero felici e contenti.
#DirittiUmani: la fiaba quotidiana Quando si arriva al gran finale delle fiabe, in genere ci sono il Principe e la Principessa felici, ma quante volte nella realtà le cose sono sempre cosi? Nelle favole che leggiamo ai nostri figli c'è sempre un principe che protegge e salva la sua principessa. Tutt'ora nelle favole i principi sono cosi, buoni, altruisti, hanno la forza e la usano per proteggerci.
Tutt'oggi non solo nelle favole i maschi sono cosi. Ma ancora oggi ed anche nelle società più evolute i principi diventano bestie che picchiano e maltrattano fisicamente le loro compagne, le insultano e le trasformano da principesse in schiave. Si tratta di violenza contro le donne da parte dei maschi.
A ottobre dell'anno scorso, L'Italia ha firmato la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. Questonuovo trattato è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che crea un quadro giuridico completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza.
L' art. 3 della Convenzione definisce "La violenza contro le donne" come “una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne” e si intendono tutti gli atti di violenza di genere che si traducono in, o sono suscettibili di provocare, danno fisico, sessuale, psicologico o economico o sofferenza alle donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia in pubblico che nella vita privata.
Purtroppo, la violenza sulle donne resta un problema attuale anche in Italia, e secondo i dati dell'ISTAT è in continua crescita il numero delle vittime di femminicidio. Nel 2012 in Italia 117 donne sono state uccise da un familiare o conoscente. I dati rivelano anche che la violenza domestica risulta la più diffusa, in quasi 70% dei casi. Quindi la violenza sulle donne è un grande problema in primo luogo della convivenza domestica, nonché di relazioni umani fra uomo e donna. Secondo lo stesso ISTAT, il 93% dei casi non vengono segnalati, rimanendo sconosciuti, invisibili, inesistenti.
Finalmente con l'adesione alla Convenzione sopra citata, dovrebbe essere possibile delineare un quadro completo di politiche e misure per la protezione e l'assistenza a tutte le vittime della violenza contro le donne e la violenza domestica. Ogni paese che aderisce e quindi anche l'Italia, dovrebbe garantire l'effettiva attuazione delle sue disposizioni e quindi adottare la legge di ratifica della convenzione.
A quanto spiega Marina Calloni, ordinario di filosofia politica nell'Università di Milano-Bicocca, in Italia ancora non c'è una legge organica che disciplini in maniera completa questo grave problema, un metodo uniforme che possa coinvolgere con un approccio integrato e strategico tutti i soggetti implicati, non ci sono azioni standardizzate per prevenire e monitorare il fenomeno della violenza contro le donne.
Volevo capire meglio come sono organizzate sul territorio le associazioni che aiutano le donne in difficoltà e ho fatto alcune domande ad una mia amica che è stata responsabile di una casa di accoglienza per le donne maltrattate. La prima cosa che mi ha detto è che non esiste una normativa a livello nazionale che regoli questo aspetto, ma ogni provincia fa come crede. Lei definisce il sistema come un sistema a “macchia di leopardo”.
C'è tanto volontariato, associazionismo, cooperative, ognuno nel suo piccolo porta avanti un progetto indirizzato ad aiutare le donne che subiscono violenze. C'è il telefono rosa che offre accoglienza telefonica 24h su 24 anche ai minori che subiscono violenza in famiglia. Ci sono le forze di polizia dove le donne vanno a sporgere le denuncia che poi indirizzano le donne a rivolgersi ai Servizi Sociali. Ci sono i giudici, i mediatori culturali, ci sono leggi che tutelano le donne, come quello contro lo stalking. Ci sono centri specializzati anche nell'inserire la donna in un ambito sociale e renderla indipendente, associazioni che offrono assistenza legale, sociale, psicologica ed economica alle vittime della violenza.
Ma quello che manca è una regolamentazione unitaria. C'è una regolamentazione per i malati mentali, per i minori che delinquono, per gli anziani, per tante categorie sociali ma non per le donne aggredite. La mia amica mi spiega che c'è tanta diversità di servizi offerte alle donne ma non c'è una rete di collegamento trasparente, l'informazione rimane bloccata in piccole macchie di leopardo, la comunicazione viene troncata e alla donna risulta difficile capire come funziona veramente il sistema e quali sono le prospettive che la aspettano nel momento nel quale decide di abbandonare una situazione di violenza, isolamento sociale e sottomissione. Le donne a volte non sanno neanche a chi rivolgersi e non hanno neanche una struttura familiare solida che le possa aiutare.
La violenza domestica è un fenomeno complesso, ed anche se ogni donna ha la sua storia la tipologia è simile: per molto tempo la maggior parte delle donne non denunciano subito il loro partner, ma si rivolgono ai centri sociali solo quando veramente sentono di rischiare la vita.
La storia di Clara non è una fiaba ma una delle tante storie contemporanee. Clara è una delle tante donne in fuga dal marito. Per tutta la vita ha fatto la casalinga, ha dato vita e ha cresciuto tre figli e dopo una vita di violenze subite dal marito, è dovuta scappare e rifugiarsi in una casa per le donne maltrattate. Clara ha vissuto una vita benestante, ma il prezzo da pagare è stato l'isolamento sociale, senza amici e famiglia, la possessività, la sottomissione fino ad arrivare decine di volte in grave condizioni in ospedale. Solo quando ha sentito veramente di rischiare la vita ha avuto il coraggio di scappare e lasciare alle spalle il suo calvario, grazie anche all'aiuto di psicologi e assistenti sociali del Centro Antiviolenza.
Il ruolo dei Centri Antiviolenza per le donne è importantissimo. Oltre ad offrire la prima accoglienza, i centri offrono servizi legali, psicologi, educatori e gruppi di sostegno e di servizi speciali per i bambini delle donne in fuga, orientamento ed accompagnamento al lavoro. Perché è altrettanto importante capire i bisogni di ogni donna e accompagnarla nel miglior modo ad uscire dal ciclo della violenza. Le case rifugio, invece, spesso ad indirizzo segreto, ospitano oltre alle donne anche i loro figli minorenni per un periodo di emergenza.
Ma come funzionano questi centri? Da dove provengono i fondi destinati alle donne maltrattate? Molti Centri Antiviolenza si sono organizzati costituendo una rete territoriale di sostegno alle donne che subiscono violenza e coinvolgendo le forze dell’ordine, i pronto soccorsi, i servizi sociali ed altri enti sensibili al tema. Alcuni sono autofinanziati, alcuni sono stati creati con finanziamenti pubblici, con partnership collaborative pubblico-private e fonti di finanziamento esterne.
Ma i centri non sono considerati un servizio pubblico, come un ospedale, per esempio. Così, alcuni, dopo la fase iniziale di finanziamento ricevuto, con il tempo rischiano la chiusura per mancanza di risorse sufficienti, anche a causa dei tagli alle politiche sociali. Tante di questi centri sono stati costretti a chiudere, come è il caso della casa rifugio coordinata dalla mia amica.
Come risulta dal libro scritto dal giornalista Riccardo Iacona “Se questi sono gli uomini”, in Italia si contano circa 150 associazioni che si occupano di violenza contro le donne, ma ancora poche rispetto alle decine di nuovi casi e ancora pochi sono i fondi stanziati dal governo per l'attuazione delle politiche sociali.
Per concludere, ormai è riconosciuto che un contesto di disuguaglianza sociale e discriminazione tra i sessi è un terreno fertile per la violenza domestica. Quindi da una parte è una questione di cultura, abbiamo il problema del modello maschile e femminile che si trova in un processo di trasformazione e quindi l'educazione dovrebbe essere centrata sui nuovi rapporti e modelli di relazione fra uomo e donna che insieme dovrebbero scoprire e costruire un nuovo senso dei rapporti, della reciprocità, della dignità dello stare insieme.
Sarà sicuramente un processo lungo, ma uomini e donne devono lottare insieme e collaborare per fare qualcosa di concreto a livello culturale e sociale e non cadere nella trappola dalla violenza, del rovescio della medaglia dove gruppi di femministe più radicali, come testimonia una delle prime fondatrici di rifugi per donne vittime di violenza Erin Pizzey, “sotto la copertura dei centri anti-violenza che danno loro fondi e strutture per portare avanti la guerra di genere contro gli uomini, le femministe hanno iniziato a diffondere dati tendenziosi. [...] Vidi le femministe costruire le loro fortezze di odio contro gli uomini, dove insegnavano alle donne che tutti gli uomini erano stupratori e bastardi. Testimoniai il danno fatto ai bambini in tali rifugi. Osservai i “gruppi di consapevolezza” progettati per plagiare le donne e farle credere che i loro mariti fossero nemici da sradicare. [...] Milioni di uomini e bambini hanno sofferto nelle mani di questo malvagio movimento femminista”.
Dall'altra parte ci sono le leggi e le istituzioni che devono aiutare e proteggere le donne maltrattate. C'è bisogno di un piano nazionale contro la violenza, e di fondi per assicurare i servizi alle donne abusate. Il quadro politico e giuridico frammentario e la limitatezza delle risorse finanziarie per contrastare la violenza sulle donne, infatti, è uno dei punti deboli.
Negli ultimi anni ci sono state tante campagne di sensibilizzazione delle istituzioni sul territorio, eventi, raccolte fondi e sensibilizzazioni nelle scuole, pubblicazione di materiale di sensibilizzazione e formazione. Il 14 febbraio 2013 in occasione del evento One Bilion Rising un miliardo di donne e uomini di 189 paesi del mondo balleranno insieme in nome della consapevolezza e della solidarietà, protestando contro la violenza. “Un miliardo di donne violate è un’atrocità” sostiene Eve Ensler, l'ideatrice di questo evento, “un miliardo di donne che danzano è una rivoluzione”.
In attesa della giornata internazionale della donna del prossimo 8 marzo, i politici che regalo ci faranno?
“La violenza contro le donne è forse la violazione dei diritti umani più vergognosa. E forse è la più pervasiva. Non conosce limiti geografici, limiti culturali o di ricchezza. Fintanto che continua non possiamo dichiarare di fare reali progressi verso l'uguaglianza, lo sviluppo e la pace.”-  
Kofi Annan
Daniela Butcu | @danib1977

The daily fable


What does it mean to have an opinion? It doesn't mean anything if that opinion doesn't belong to us. I'm starting this post by giving your the conclusion of my thoughts. But that's just my opinion.
We read newspapers, we watch TV and listen to many politicians, journalists, VIPs and famous people with fake tits who have opinions about everything, about how to eat, how to dress, what to think about one person or the other, on what's right to do or how it would be right to answer in a certain situation. On everything that is related to our existence. And so our opinions are nothing but the mirror of somebody else's point of view.
There are even accountants who instead of taking care of your balance, spend time writing philosophy treaties about friendship between man and woman. Who then go into politics and spread the idea that the future of a city is in the creation of a luxury area. And people vote them, because after all they have an opinion.
We need to change perspective, the way of seeing things by creating an opinion that is truly ours, based on our own knowledge. The question is: is it us who choose, based on our convictions, or do we let ourselves fooled by what is given to us already chewed?  What do we really base our choices upon? After all these years we're in the same situation of crisis, unhappiness and pessimism, and yet we continue to not have our own opinion.
Many people don't want to think, analyze and take responsibility for their individual choices, by putting the signature on a choice based on ideas that are given to us by others and that are not the result of their own analysis. They leave everything in the hands of the greedy of power, the ones that take the power for themselves and don't do anything to earn it.
During the last few years we've seen a general disinterest, a lack of affection for politics, I feel like people take everything lightly by letting themselves fascinated by the words of whoever shouts the loudest.
We're more and more attracted by gossip, by tv shows covered in insults, because whatever amazes us in a negative way makes us angry: so we waste our time thinking of useless things. Because when we're stunned and angry we can express our opinion. It's that easy, no need for studies in order to understand what's going on. The trend matters, we're a little bit snobs, and we're afraid of what others might say if we think or act differently.
We really need to understand that nothing's going to go back to how it was, and now more than ever we must open our hearts and minds and be less suspicious about cultural change, to what's different, and learn to listen, analyze and ask questions. And from here start to give answers that truly belong to us and are not imposed by others' opinions.
Daniela Butcu | @danib1977

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