Magazine Opinioni
L'euro compie dieci anni di vita. E non poteva che celebrare la sua ricorrenza nel peggiore dei modi, fra crisi finanziaria e rischio recessione. Noi italiani, come narrano le cronache quotidiane dalla borsa e le continue rilevazioni degli analisti, siamo forse i meno entusiasti di partecipare a questo amarissimo compleanno. Perchè siamo quelli che nel vecchio continente, nella tumultuosa alba del terzo millennio, si sono impoveriti di più.
In particolare le famiglie se la passano assai male. Basta scorgere la recente ricerca realizzata dall'associazione Altroconsumo per farsi un'idea del momentaccio: rispetto al 2001, quando la nuova moneta entrò a regime, si è registrato un aumento medio dei prezzi di oltre il 21%, mentre i redditi pro capite hanno subito un vero e proprio stallo con la conseguente riduzione del potere di acquisto del 7%.
Le cause di questa performance negativa sono la crescente inflazione e l'aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, oltre che gli inarrestabili rincari delle tariffe energetiche e dei trasporti. Tutti ambiti di fondamentale importanza per gli equilibri di un bilancio familiare. Il portafoglio degli italiani è divenuto più leggero soprattutto a causa delle bollette: la tassa sui rifiuti è cresciuta del 33%, quella dell'acqua addirittura del 52% e luce e gas del 24% in virtù della lunga crisi petrolifera.
Solo talvolta, un difficile e incompiuto processo di liberalizzazioni si è rivelato in grado di arginare la corsa al rialzo dei prezzi. Nel settore farmaceutico, ad esempio, la distribuzione alternativa ha garantito ai consumatori una spesa media più bassa del 28%. Di contro, laddove ci si è arroccati nella difesa dell'esistente limitando le licenze (come nel settore dei taxi che ha segnato un'impennata del 34%) le tariffe sono enormemente lievitate.
La corsa al rialzo dei prezzi di beni primari come gli alimentari, è stata solo in parte compensata dal parallelo crollo dei costi di prodotti legati alle telecomunicazioni: i telefonini -73% e i computer -64%. Dato che ancora spinge molti economisti a difendere la moneta unica dagli attacchi sempre più frequenti di ampi settori della società e della stessa politica.
Altroconsumo ha basato la propria indagine sulle ultime stime dell'Istat, rielaborate e approfondite sulla scorta del quadro globale. Su base annua, l'inflazione media italiana è cresciuta del 2,3%. Un iter sempre lineare con l'eccezione del biennio 2007-2008, quello immediatamente precedente alla crisi internazionale. E' allora, infatti, che l'improvvisa e ulteriore impennata dei prezzi dei generi alimentari e dell'energia ha aperto la strada alla speculazione, costantemente aumentata di pari passo con l'inflazione. Ne sarebbe prova l'andamento altalenante del prezzo del petrolio e del grano, con pessime ricadute su quello al consumo di pane e carburante. Ma pure lo sproporzionato incremento del costo di tabacchi ed alcolici (+53%), e quello dei servizi locali (+35%).
Esaminando il rapporto, è proprio quest'ultimo settore ad aver evidenziato i rincari più anomali, specialmente nei trasporti: +147% per le navi, +61% per gli aerei, +46% per i treni. Milano e Genova sono le città coi maggiori aumenti del trasporto urbano, entrambe con un +94% dovuto all'entrata in vigore dei biglietti a 1,50 euro (nel 2001 la corsa semplice costava 1.500 lire). Quanto ai premi RC Auto, i costi sono cresciuti a dismisura in città come Napoli (+122%) e Palermo (+77%), mentre a Roma è balzata del 136% in dieci anni la spesa delle assicurazioni su moto e motorini.
In generale, in questi 10 anni la spesa è cresciuta di meno nel settore dell'abbigliamento e delle calzature (+17,9%), in quello dell'arredamento (+20,5%), nel tempo libero (+10,9%) e, soprattutto, nelle cure mediche e sanitarie (+2,8%). In tale nicchia "virtuosa", seppure sopra la media dell'inflazione complessiva, secondo Altroconsumo vanno inseriti anche gli aumenti dei prezzi per l'istruzione (+26,5%) e per i servizi ricettivi e di ristorazione (+28,9%).
Pertanto, a parere dell'associazione dei consumatori l'avvento dell'euro ha rappresentato solo parzialmente una stangata per le tasche dei cittadini. L'inflazione sarebbe dunque cresciuta in modo fisiologico e non strutturale, e le famiglie sono state danneggiate innanzitutto da quelli che Altroconsumo definisce "picchi nascosti". A influire enormemente sull'andamento medio dei prezzi, in definitiva, è stato l'aumento strisciante e ondivago, quasi sempre ingiustificato, di "generi primi" quali l'acqua, il gas, l'elettricità e i trasporti.
Sarà. Eppure è proprio a questo andamento incerto, pagato direttamente e malvolentieri dalle famiglie "medie" (che a settembre del 2011 significa non ancora in miseria ma nemmeno più benestanti), che la maggior parte di noi deve il proprio sentimento di idiosincrasia verso lo smarrito totem della moneta unica.
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