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Forchette caudine

Creato il 17 maggio 2011 da Ilpescatorediperle
A Roma, tronfi governanti vogliono spadroneggiare sul territorio. Ma incappano in un popolo che non ci sta. Numericamente inferiore, apparentemente più debole, ma che ha, dalla sua, l'aspirazione alla libertà, quel popolo, alfine, attendendoli ad un varco più duro e pericoloso del previsto, sbaraglia i suoi potenti avversari.
Questo è successo nel Sannio, molti secoli fa. Questo è quel che si è verificato ieri, in molte elezioni in ogni parte d'Italia. L'errore è sempre lo stesso: si sottovalutano i segni, i simboli. La stessa trascuratezza, la stessa dabbenaggine che fa scegliere alla Moratti di recarsi alle urne con un tailleur arancione, proprio il colore del logo del suo avversario, la Bat-mother l'ha messa anche in quella delazione fasulla, a fine trasmissione, nel talk-show di Sky, accusando il suo competitor non solo di un reato che non aveva commesso ma di aver approfittato di un'amnistia che in realtà rigettò, per andare a processo e far valere senza reti di salvataggio la sua innocenza. Quel foglio, che, se non di fatto, moralmente le è stato messo in mano dal premier, le si è ritorto contro. E' questo, credo, il simbolo potente che ha fatto, per lei, precipitare la situazione, e che forse può spiegare perché i sondaggi hanno fallito. Le forchette danzanti dei tristi rilevatori di Ipsos e compagnia si sono rivelate forchette caudine, come il valico minaccioso della Campania di secoli fa.
Quel foglio ha gridato vendetta. O, meglio, è apparso l'ultimo grido che ha fatto traboccare il vaso. Non se ne può più, si saranno detti in tanti. Perché la politica urlata non è, semplicemente, politica, ma solo un'accozzaglia di suoni inarticolati. Il "me ne frego" di Tremonti, il suo tubismo (ci torneremo), ad un certo punto non basta più. La vita è dura, e un governo che fa battute non serve a niente. Il problema del berlusconismo mi pare questo: se tu trasformi la politica in un prodotto di consumo, inoculi in essa un pericoloso fattore del consumo, cioè il calo del desiderio, la perdita di interesse, la ricerca di un nuovo prodotto. Non è proprio una circostanza felice, ma sono convinto da tempo che il berlusconismo non finirà per indignazione, per un ritrovato senso civico o del pudore, ma per nausea. La stella a fine vita si riscalda e si allarga, fino a dissolversi. Il livello di volgarità che si è raggiunto in questa campagna elettorale è talmente ripugnante da aver provocato un sussulto, un disgusto: lo spettacolo è bello anche se è truce, magari attira qualche solleticata curiosità, ma come per l'incidente in autostrada poi si passa avanti, per timore di cadere troppo in basso, di vedere troppo orrore. Il livello di volgarità è cresciuto a dismisura, senza pietà per la verità dei fatti processuali, senza freno nel dispendio di mezzi per la corruzione, il fango, senza rispetto per l'intimità delle persone, per le vittime del terrorismo (Lassini rimane a casa, tra l'altro) e persino per l'etichetta, se ce n'è, che imporrebbe di non parlare di estremità, parti basse o igiene personale di chicchessia.
La Moratti, e con lei un intero apparato politico, è forse stata travolta da tutto questo: ma è maggiorenne e vaccinata, ha scelto di farne parte, di rendersi complice di svariate bassezze, è una sua decisione. Ora non si può invocare la moderazione come un patrimonio personale. Perché, se mai questo termine ha avuto una accezione positiva (sovente "moderato" coincide con "maneggione", o con "tiepido"), è quella di pensare prima di parlare. Si è cercato di far leva sulle paure, sul mamma li turchi, ma la realtà è stata più ostinata: quello veramente pacato e gentile, quello veramente "moderato", è Pisapia. Lo hanno visto tutti. Il PdL non ha capito la lezione, e batte ancora sullo stesso tasto consunto: Santanché oggi dice che con Pisapia "vince la droga". Dovremmo chiederci che cosa vince con una maggioranza che alla Droga ha Giovanardi.
Ora che cosa resta? Oltre la retorica del "se i dati fossero confermati"? Restano dei ballottaggi tutti da giocare, su cui è meglio non dire niente. Resta che il Pd si afferma a Torino, ma in altre città o non presenta un suo candidato (Milano) o è travolto dal candidato altrui (Napoli). Sono stati fatti diversi errori, certo. Anche se oggi, scusate, è il momento della gioia, non dei cinici con il ditino alzato. D'altra parte, che le cose andassero così si poteva capire fin dall'inizio: se rinunci alla "vocazione maggioritaria", qualunque cosa significhi, poi ti ritrovi a perdere terreno; e inoltre, le primarie sono vere solo se c'è la possibilità che le vinca l'outsider. Quindi bene così, se la strategia è allearsi con altri piuttosto che crescere, allora ci sta tutto, purché si vinca e si vinca bene. Il dato del Pd a Milano è comunque molto buono, e segna, per converso, l'arretramento del PdL.Ora che cosa resta? Nella calma irreale che dominerà nei partiti sconfitti fino al ballottaggio (comunque vada, il centrodestra ha ricevuto colpi terribili a Milano) qualcuno medita sul da farsi. Berlusconi, che ha trasformato un appuntamento municipale in un referendum sulla sua persona, ha perso alla grande. Se fosse una persona seria, se non fosse Berlusconi, ma, che so, anche un D'Alema qualunque, si dimetterebbe. Non lo farà, a meno che la Lega non lo obblighi. C'ha dei processi in corso, sai com'è.
Però il vento sta cambiando. Il vento soffia dove vuole. La risposta sta soffiando nel vento. Io e te vento nel vento. Insomma, ditelo come volete, ma il vento ha vinto.
Forchette caudine
da TEMPI FRU FRU http://www.tempifrufru.blogspot.com

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