Magazine Diario personale

Giocare a nascondino

Da Whitemary
Ho sempre pensato che scrivere significasse svuotare la mente su un foglio bianco: nessun freno, nessuna inibizione. Lasciarsi andare completamente e farsi cullare dalle parole. Oggi non ci riesco. Complice il mal di testa, forse. Ieri ho notato questa frase su un muro: "Siamo liberi di fare tutto quello che vogliono." Camminavo e mi sono fermata per rileggerla una seconda volta: pensavo di essermi sbagliata. Credevo ci fosse scritto "vogliamo", sarebbe stato anche più logico, mi sono detta. Un urlo di qualche adolescente frustrato dai vincoli imposti dai genitori e dalla scuola. Ma la seconda volta che ho letto "vogliono", ho capito. La sottigliezza della frase mi ha prepotentemente colpita. Era abbandonata su un muro sporco, il rosso delle sue lettere risaltava e il disordine della sua composizione la rendeva ancora più perfetta. Libertà e prigionia nel giro di otto parole, a braccetto. E ho realizzato che, come ogni coppia di opposti che si rispetti, sono molto più legate e intrecciate di quanto appare. Mi sono tornate in mente le lezioni di deontologia e mi sono ricordata una frase pronunciata durante uno dei tanti "turbamenti cognitivi" che la Prof. adorava lasciarci: "Sono me stesso nella misura in cui mi è permesso di esserlo." Siamo liberi nella misura in cui ci è permesso di esserlo, aggiungo io.E così torna il tema della libertà. La Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti recita: 
"We hold these truths to be self-evident, that all men are created equal, that they are endowed by their creator with certain unalienable Rights, that among these are Life, Liberty, and the pursuit of Happiness."
Meravigliosa utopia.
B.

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