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Hemingway a Madrid mentre Franco muore

Creato il 23 gennaio 2011 da Dragor

1271741551198019-Obra-de-artegd   QUANDO GIUNSI ALLA PUERTA DEL SOL, puntai diritto sulla taquilla, gettando un’occhiata distratta ai due blindati grigioverdi appostati davanti alla Casa de Correos e ai furgoni della Guardia Civil fermi all’angolo di calle Del Arenal. Qualunque cosa stesse succedendo all’uomo tenuto artificialmente in vita nell’ospedale La Paz, il cui stato comatoso era la causa di quel dispiegamento di forze, in quel momento m’interessava soprattutto la taquilla, perché era erano le due e un quarto di sabato e temevo di non trovare più un posto di barrera libero per la corrida di domenica. Sui manifesti affissi ai lati della taquilla spiccava il nome di Pepe Osuña, che conoscevo soltanto attraverso le cronache taurine di ABC.

   Dopo avere comprato il biglietto, infilai la calle Esparteros con l’intenzione di andare nella plaza Mayor dove mi sarei seduto a un tavolo della Cerveceria Martinez per dissetarmi con una San Miguel. Si festeggiava San Isidro e dai balconi del vicolo spiovevano tappeti di ogni colore. Mentre stavo per svoltare in plaza de Santa Cruz, una vecchia ubriaca sbucò da un portone, mi prese sottobraccio e mi costrinse a fare un giro di danza prima di tirarmi dentro il portone dal quale era uscita. Attraversammo un androne buio e sbucammo in un cortile con varie tavole di legno apparecchiate e una considerevole quantità di commensali. Un tizio suonava la chitarra seduto presso un tavolo.

   - Siéntete  - mi ordno' la vecchia indicandomi una sedia.

   Mi sedetti e la vecchia mi sbatté davanti una tapa di lenticchie con chorizo.

   - Come.

   Cominciai a mangiare mentre il chitarrista suonava una buleria. Il gusto non era male, almeno quel poco che non era coperto dal pimento. La vecchia scolò un bicchiere di Valdepeñas che doveva essere l’ultimo di una lunga serie, poi andò in mezzo al cortile e accennò qualche passo di danza. Si capiva che un tempo doveva averci saputo fare, ma ora le sue membra anchilosate rendevano l’esibizione grottesca. Tuttavia si prese la sua razione di battimani punteggiati di anda guapa! e asì se baila!, nemmeno fosse stata la Chunga.

   - Conosci Pepe Osuña? - le chiesi quando fu tornata al tavolo, pensando alla corrida del giorno dopo. - Està valiente?

   Come ebbi pronunciato quel nome,  il cortile divenne silenzioso.

    - Hai sentito, Paco? - chiese la vecchia al chitarrista. - Vuole sapere se Pepe Osuña està valiente.

  -  Diglielo, Manola - rispose Paco. - Digli se està valiente.

   - Pepe Osuña - disse la vecchia, guardandomi fisso negli occhi con le sue iridi nere. - Pepe Osuña tiene el olor de la muerte.

   - El olor de la muerte?

   Paco suonò alcuni accordi sulla chitarra e riconobbi le malinconiche, struggenti note del Concierto de Aranjuez.

   - Sì, el olor de la muerte.

   - E a che cosa assomiglia? - chiesi incuriosito. - A che cosa assomiglia el olor de la muerte?

   - Se vuoi sentire el olor de la muerte... - Paco suonò un lento arpeggio. - Se vuoi sentire el olor de la muerte, sali a bordo di un battello quando enormi onde grigie gonfiano il mare. E quando il mal di mare ti avrà sconvolto le viscere, quando il tuo vomito sarà diventato nero, quando il malessere ti farà desiderare di non essere mai nato, scendi sottocoperta. Scendi sottocoperta e appoggia la fronte al vetro di un oblò. Quell’odore di ossido del telaio di ottone, quell’odore di ossido e di sale misto al sentore di vomito, quello è el olor de la muerte.

   Paco suonò un accordo.

   - Oppure va’ alle sei del mattino di un'umida giornata d'autunno alla cancellata che circonda il Parque del Retiro, quando l'odore delle foglie sfatte impegna l'aria - continuò la vecchia. -  Va' in calle Pelayo, dove incontrerai le vecchie che scendono dal mattatoio dopo aver bevuto il sangue dei bovini appena macellati. Avvicinati a una di loro e senti il suo alito. Quell'odore di sangue marcio, di foglie sfatte e di una vita al tramonto, quello è el olor de la muerte.

   Paco suonò un altro accordo.

   - Quando hai el olor de la muerte, la gente non ti vede, non ti parla, non ti sente - continuò la vecchia. - Tutti ti sfuggono, i cani ti pisciano sulla gamba. E’ come se fossi già morto.

   - Come Franco - dissi.

    - Come Franco - ripeté Paco.

   - No, Franco està muerto ya - disse la vecchia. - E' già morto. 

   Rise, mostrando le gengive sdentate.

  Il giorno dopo all’arena, al tercio de muerte dopo una grande corrida, mentre l’orchestra suonava un paso doble,  Pepe Osuña eseguì un pase de pecho seguito da un molinete. Il corno del toro gli sfiorò la coscia, la folla gridò olé. Eseguì un altro pase de pecho, un altro molinete. Stavolta il corno si piantò nella coscia, il toro alzò la testa, sollevò Pepe Osuña e se lo gettò alle spalle. Pepe Osuña atterrò sulla testa e rimase immobile nella polvere impastata di sangue.

  Più tardi, mentre uscivo dall’arena, sentii l’altoparlante. “Pepe Osuña non è sopravvissuto alle sue ferite. Tardarà mucho en nacer un andaluz tan valiente, non nascerà tanto presto un andaluso così coraggioso.”

 Gli strilloni vendevano i giornali della sera. Vidi il titolo: Franco falleciò ahier a las tres y treinta de la tarde. Franco è morto ieri alle tre e mezzo del pomeriggio. Per motivi di ordine pubblico, la notizia viene data soltanto oggi.

     Dragor

   A Ernest Hemingway

   Prima pubblicazione : 3 aprile 2007

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