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"I fratelli Karamazov" di F. Dostoevskij

Creato il 02 aprile 2012 da Bens
Ho sempre pensato che ciò che definisse l'essere umano fosse il dubbio. Il dubbio come primo motore, come molla e scheggia impazzita capace di crepare anche il più austero muro innalzato su labili certezze. Il dubbio come ammissione di umana imperfezione, come un prezioso tesoro fatto di interrogativi.
Di conseguenza ho sempre provato un'ostica antipatia nei confronti degli integralisti del genere (politico, religioso, sociale), manco pagassero una quota per l'abbonamento mensile al magazine Verità assolute in tasca. Credo anche che la massima espressione della libertà sia nella capacità di dubitare e di chiedersi, scansando certezze di comodo, imposte per addomesticare pensieri, rendendoci l'equivalente umano di una macchina da scrivere che non corregge gli errori e non si ribella all'autorità dello scrittore.
I fratelli Karamazov è il manifesto del dubbio, che si insinua in ogni dialogo ed azione, che condanna le persone alla malattia e alla prigionia. Questo è un romanzo fatto per le persone vere, che si svegliano la mattina insicure ed impaurite, un romanzo che non dà risposte, ma la certezza della dubitevole condizione umana.
Il parricidio è il contorno, uno specchio per le allodole, che ci racconta una storia completamente diversa. Padre e figlio che condividono con irragionevole passione l'amore per una prostituta che si muove con astuzia su entrambi i campi da gioco, alimenta dubbi, quantomeno nei personaggi. L'omicidio di Fedor, il padre, e i sospetti su Dmitrij, il figlio, producono un intero processo basato su dubbi e pettegolezzi. Smerdjakov che è il vero assassino, nonché servo in casa Karamazov, forse è un figlio illegittimo di Fedor; è una probabilità che si annusa, si intuisce, si disprezza, ma non se ne ha mai la certezza. Ivàn, fratello di Dmitrij, è un razional-integralista, e si ammala, lacerato dal dubbio di aver istigato l'assassinio del padre. La stessa condanna di Dmitrij lascia numerosi dubbi sul reale epilogo. In ognuna di queste vite il dubbio si insinua maligno e nascosto, ma li libera tutti: Dmitrij dalla violenza e dalla rabbia e Ivàn dal razionalismo schematico secondo cui tutto è permesso. Animato da questo motto l'assassino uccide colui che forse è il padre, ma non per odio o rivendicazione, quanto per trovare la luce tra le nebbiose risposte che dà ai sui teorici quesiti. Il suicidio di Smerdjakov è esso stesso una liberazione.
L'unico ad essere mosso da un'autentica pietà umana e cristiana è il giovane Alekseij, il più piccolo fra i fratelli Karamzov, che racchiude tutta la saggezza e la moderazione di una fede alimentata dai buoni sentimenti. E' l'unico ad aver trovato la sua strada, l'unico a non essere scosso e confuso dal dubbio, perché in lui, Dostoevskij, legge la santità cristiana. La santità non è umana. La santità sa già tutto.
I fratelli Karamazov è più di un romanzo. E' l'opera più completa e definitiva sulle passioni umane che nutrono violente le nostre vite. E' l'opera oscura di un timorato di Dio che non gioca con i fronzoli e gli amori impomatati di Tolstoj, ma che si sporca le mani tra puttane e vecchi sudici. Questo non è un semplice romanzo, sono persone che mi immagino vere ed autentiche scorrere tristi tra le pagine, testimoniando tutta la ricchezza umana. Questo non è un semplice romanzo, questa è una porta spalancata sulla vita.

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