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Il lavoro nobilita l'uomo. Ma è la donna che rende il lavoro libero

Creato il 02 luglio 2011 da David Incamicia @FuoriOndaBlog
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Sembra di essere tornati indietro nel tempo... al Medioevo, perfino. E invece è accaduto davvero. Un'azienda del terzo millennio, nell'erà della modernità e dell'evoluzione tecnologica a velocità sostenuta, decide dapprima di mettere in cassa integrazione le proprie operaie per poi annunciarne il licenziamento. Donne rispedite a casa a badare alla famiglia, a tirare su i figli. La motivazione? In fondo, a detta del datore di lavoro, si trattava per tutte del secondo stipendio. Quindi quasi ininfluente per far fronte alle sempre crescenti esigenze economiche delle rispettive famiglie. E poi a loro, madri sottratte inopinatamente alla propria funzione biologica e figure indispensabili di riferimento per bambini altrimenti smarriti e privi di una sana prospettiva educativa, possono sempre pensare i mariti.
Questa è stata la scelta sconvolgente di una piccola impresa a conduzione familiare (nonno, padre e nipote) del milanese, col risultato inevitabile di scatenare polemiche e un presidio di protesta per la discriminazione perpetrata, a cui ovviamente hanno preso parte solo dipendenti in gonnellina mentre i colleghi maschi, perbacco, stavano tutti a fare il dovere di chi deve portare a casa i danari. Insomma, si difende l'azienda, a causa della crisi c'era bisogno di mandare via qualche dipendente. "Peccato, però, che abbiano deciso di licenziare solo donne", afferma la Fiom Cgil che sta seguendo la vertenza.
L'assenza degli operai uomini il giorno della protesta davanti ai cancelli, come sostiene la segreteria Fiom di Milano al Corriere della Sera, rappresenta un ulteriore aspetto drammatico della vicenda. E' il potere del ricatto che induce all'omertà e all'egoismo. Dietro questa decisione c'è l'idea di un lavoro visto all'antica. Quando cioè le persone venivano considerate merci e le donne solo come soggetti a cui delegare la casa e la famiglia. Il Medioevo, appunto. Con buona pace delle presunte conquiste di civiltà e dei diritti.
La protesta di quelle donne è diventata la protesta di associazioni, gruppi di opinione e semplici cittadini indignati per questo nuovo attacco alle sacrosanti principi sanciti nella Costituzione. Sul web, ad esempio, dove grazie a Twitter e Facebook in poche ore la notizia è girata tra migliaia di utenti. "E questi sarebbero gli uomini?", ha commentato con sarcasmo Francesca. Mentre Alice scrive invece in inglese: "Absolutely shocking (and completely illegal)". Of course! Su Facebook è partita anche la gara di solidarietà, invitando chi se la sente a mandare una mail all'azienda di Inzago.
Significativi pure i messaggi delle dirette interessate. "C'è una totale mancanza di rispetto nei confronti delle donne, che a ben vedere sono la vera forza lavoro di questa azienda", ha dichiarato una lavoratrice al corrispondente di Repubblica. "Abbiamo anche noi famiglie da mantenere e un mutuo da pagare. Alcune di noi mantengono il marito perchè disoccupato. Questa discriminazione è agghiacciante".
Non bastano dunque i recenti esempi illustri di donne al potere per far affermare che la situazione delle pari opportunità nel nostro Paese sia effettivamente migliorata. Non bastano una presidente donna di Confindustria o un Segretario generale donna del principale sindacato italiano: ci sono ancora tante, troppe volte, in cui il lavoro delle donne viene considerato di serie B. "B", una lettara e una iniziale che tornano a farsi notare in questa Italia degradata e declassata ma che in larghi strati non accetta la completa e definitiva disfatta. Perchè "Se non ora, quando?". Se non adesso che anche l'ILO, l'Organizzazione Internazionale del Lavoro, nel suo Rapporto su lavoro e discriminazioni ci dice che gli standards italiani sono pari a quelli di diversi Paesi sottosviluppati, quando dovremmo reagire?
Eppure, in questa Primavera elettorale che qualche segnale confortante di cambiamento lo aveva dato, stavamo tutti cominciando a percepire maggiore fiducia e "normalità" dopo anni e anni di esasperazione. Come a Valnegra, un comune del bergamasco, dove la nuova giunta (nella foto sotto) è tutta in rosa. La prima volta in Italia.
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La donna che diede alla politica italiana una presenza femminile tanto rivendicata e mai raggiunta prima fu Nilde Iotti che, giusto 32 anni fa, il 20 giugno 1979 fu eletta Presidente della Camera dei Deputati. È stata la prima donna a ricoprire la terza carica più importante della nostra Repubblica, svolgendo la sua funzione con equilibrio riconosciuto da tutte le parti. In oltre mezzo secolo di carriera parlamentare, Nilde Iotti ha dato un contributo decisivo per l'emancipazione e l'affermazione dei diritti delle donne. Peccato che proprio ora che dovremmo ricordare una figura tanto esemplare, si debba ancora una volta parlare di discriminazioni per le donne sul lavoro. Questo è il servizio realizzato di recente da FunkRadio (Germania) per ricordare l'impegno di Nilde Iotti: Nilde Iotti, la signora della politica.
Il suo lavoro, come quello di molte altre donne che hanno contribuito alla ricostruzione civile e morale di questo Paese nel dopo guerra, non merita di essere vanificato da azioni e comportamenti a dir poco regressivi in tema di diritti e opportunità. E se proprio quest'anno c'è stato bisogno di organizzare la più imponente manifestazione di genere che l'Italia ricordi, vuol dire che ancora tanta strada bisogna percorrere per affrancare la nostra società dalle sue ataviche e rozze incrostazioni culturali. E per non limitarci a dover constatare afflitti e rassegnati che siamo passati dalla Iotti alla Minetti.
Meglio rinfrescarci la memoria, allora...

Ascolta il servizio di FunkRadio su Nilde Iotti
Leggi (in inglese) il Rapporto completo di ILO su lavoro e discriminazioni
Leggi (in italiano) la Sintesi del Rapporto di ILO
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