Una data che va ad aggiungersi alle altre, tantissime, che hanno riempito di dolore l'ossigeno di questa citta'.
Come Maspero (ne parlammo QUI), come Mohammed Mahmoud (ne parlammo QUI), come Port Said (ne parlammo QUI) come tutte quelle giornate che hanno dipinto di sangue una Rivoluzione pacifica, ancora in atto e sul punto di morire, quella del 25 Gennaio 2011.
Ad oggi non si sa bene chi abbia iniziato, chi abbia sparato per primo.
Quello che e' certo e' che piu' di 70 persone sono morte, uccise, da colpi di pistola alla testa ed al torace.
Colpi di pistola sparati dalla Polizia, che come sempre in situazioni come queste mostra il meglio di se anche se stavolta l'ha fatto democraticamente.
La manifestazione chiamata da Al Sis (ne parlammo qui) che chiedeva al Popolo il mandato e l'ordine di ripulire il Paese dai terroristi, ha cominciato a dare i suoi primi risultati.
Al Sisi ha chiamato, il Popolo ha risposto e la Polizia ha ubbidito.
Non serve dire altro.
E se tra i piu' di 500 manifestanti feriti, e tra i 70 deceduti, uno o due di loro avevano una pistola, o tiravano sassi o fuochi di artificio, non e' assolutamente giustificabile, in nessun modo, la reazione spropositata e violenta della Polizia, che mirava dritta alla testa ed al torace con il solo intento di voler uccidere.
La reazione del Popolo e' stata senza dubbio interessante.
Il Movimento del 6 Aprile ha denunciato gli scontri invitando il Ministro degli interni a dimettersi.
I Pro Morsi e gli Anti Golpe si sono detti indignati e furiosi per l'accaduto.
Al Azhar condanna l'accaduto.
E basta.
Il Fronte di salvezza nazionale non ha detto nulla, Al Baradei che fino al 30 Giugno urlava su twitter che il sangue di un egiziano ucciso dal regime merita le dimissioni del governo intero, non ha detto nulla tranne "condanno l'eccessiva forza usata dalla Polizia".
La Chiesa non ha detto nulla, la televisione di Stato non ha detto nulla.
I cittadini, gli Anti Morsi, dicono "se la sono cercata".
Nessuna umanita', nessuna rabbia, nessun cordoglio.
In fondo parliamo di terroristi, di Pro Morsi, mica di egiziani.
E quindi chissenefrega, di queste persone in fondo. Stavano li' quindi volevano morire, in piu', volevano pure disturbare il traffico, cosa che sembra tra le cause del massacro.
Proprio cosi', volevano bloccare il Ponte di 06 Ottobre mentre in marcia si dirigevano ad Abbasseya.
E si sa il Paese e' davvero rispettoso delle regole stradali.
E non fa niente se per due anni i Rivoluzionari bloccavano ponti, i black block metropolitane e ponti, i manifestanti toglievano rotaie dai treni, quelli erano egiziani che manifestavano con diritto le loro opinioni.
I pro Morsi no invece, sono solo terroristi.
Vi riporto in basso la testimonianza diretta di un fotografo egiziano,Mosa'ab Elshamy
che si trovava nel luogo degli scontri vicino Robaa e che racconta quello che ha visto ( a questo link l'album fotografico dell'accaduto) :
"Sono andato a Raba’a al-Adaweya alle prime ore del 27 luglio, dopo aver sentito che il Ministro dell’Interno stava pianificando di ripulire il sit in. Volevo essere lì e documentare, nel caso le cose si mettessero male come due settimane fa, quando le forze di sicurezza hanno attaccato i manifestanti pro-Morsi alla Guardia Presidenziale.
Ho raggiunto Nasr Street alle 2.15 del mattino ma il mio taxi è stato fermato da un cordone composto principalmente da forze speciali. Ci hanno chiesto di non proseguire, e di tornare indietro. Ho lasciato la macchina e sono riuscito a raggiungere un secondo cordone, più avanti sempre in Nasr Street, vicino a Raba’a, dove ho incontrato molte facce conosciute, altri giornalisti che erano riusciti ad entrare prima. Quando sono arrivato, ho visto che gli scontri erano già cominciati, ma non si capiva da chi sono cominciati.
Era impossibile lavorare, quindi sono tornato indietro e ho preso un altro taxi, sperando di poter entrare nel sit-in dall’altro lato, a al-Hay al Saba’a, riuscendoci.
Un’ora dopo, verso le 3 circa, sono arrivato a Raba’a, un sit-in che conosco bene perchè ci ho lavorato molto: era chiaro che non era una notte come le altre.
Alle 3 del mattino, nessuno stava dormendo. Un uomo, con la voce tesa, dallo stage chiedeva di tenersi pronti ad “aiutare i fratelli la fuori”. Le persone hanno iniziato a formare dei cordoni in mezzo alla folla. Prima ancora di domandarmi cosa stessero facendo, un’ambulanza è arrivata di corsa portando nel retro un uomo deceduto.
Ho cercato di avvicinarmi agli scontri, Nars Street era buia. Il fumo bianco dei lacrimogeni era illuminato a tratti dalle luci delle ambulanze e delle moto, che correvano su e giù trasportando i feriti. Il suono di spari di arma da fuoco eradistante ma continuo. Preoccupato dalle condizioni di sicurezza nelle quali mi trovavo nel buio, sono tornato a Raba’a, cercando di raggiungere l’ospedale da campo.
L’ospedale era nel caos. Alle 3.45 sono riuscito a farmi strada in mezzo ai cadaveri ed era chiaro che la situazione era peggiorata in pochi minuti.
Un dottore mi ha detto che sono stati uccisi in 8, e i feriti erano più di 500.
Cercavano di liberare i letti per le vittime che arrivavano, ma presto non c’era più spazio e hanno iniziato ad usare un’altra stanza. Nell’ora precedente ho visto almeno 30 casi di feriti da arma da fuoco, colpiti nel petto, nelle gambe e nella testa. Solo pochi ce l’hanno fatta.
Più tardi, sono stato in quella che ormai era una camera mortuaria, verso le 8, e ho contato 20 morti. In quei 40 minuti che sono stato, sono arrivati 5 nuovi deceduti.
Uno è stato trovato cerebralmente vivo, e quindi l’hanno portato indietro alla clinica, lasciando il numero dei morti a 24. Almeno 3 di loro non erano identificabili a causa delle ferite.
Con la luce del sole, che si era alzato su Raba’a, mi sono sentito abbastanza al sicuro da raggiungere il fronte dei combattimenti. Ogni due minuti circa un uomo cadeva. Nasr Street è una strada molto larga, è impossibile quindi capire da dove vengono i proiettili. Gli spari erano indiscriminati e la polizia ha mostrato un minimo di autocontrollo. Ho visto un uomo che, colpito sul dietro della testa, è caduto morto immediatamente sul terreno sul quale stava in piedi. Non era neanche di poco vicino alla prima linea. Era spaventoso.
Ho notato che la polizia era accompagnata a loro lato da civili armati. Queste persone sembravano un misto di residenti del posto, che avevo già visto quando all’inizio della nottata ero stato fermato dal cordone di polizia, e baltageya. Sia i civili che la polizia sparavano ai sostenitori di Morsi.
Senza alcun aiuto, i sostenitori di Morsi si riparavano come potevano, lanciando sassi e fuochi d’artificio alla polizia:fino a che uno di loro viene colpito e portato via. Continuo a rivedere questa immagine continuamente.
I militari non hanno preso alcuna parte dell’assalto. Il loro coinvolgimento è stato marginale, si sono limitati a sparare in alto quando le due fazioni si facevano si facevano troppo vicine, per distanziarle.
La mia conclusione è che la tragedia di Raba’a è stata chiaramente un assalto ingiustificato, compiuto da una sola parte: la polizia fiancheggiata da civili armati, con la compiacenza dei militari che hanno fatto pochissimo per cercare di fermare lo spargimento di sangue.
Gli orrori della scorsa notte, come quella del massacro della Guardia Repubblicana e molte altre ancora prima, tormenteranno e lacereranno questa nazione – che giorno dopo giorno sta perdendo la sua umanità trasformandosi in un mostro.
Personalmente, non posso che essere preoccupato per la familiarità con la quale ho lavorato in mezzo a tutto quel sangue e a tutti quei corpi. Sembrava tutto così casuale e il mio distacco era inquietante. Ho realizzato di aver perso, come tanti, un bel pezzo di umanità lungo la strada di questa rivoluzione così autodistruttiva."
Grazie a Ines della Valle per la traduzione.
Egitto e' me e te, non me o te