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Intervista a Cinzia Bomoll, autrice di "69"

Creato il 03 febbraio 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario

Intervista a Cinzia Bomoll, autrice di "69"

Pubblicato da Elisabetta Bricca Intervista a Cinzia Bomoll: oltre la parola scritta.
Intervista a Cinzia Bomoll, autrice di Cinzia Bomoll, classe 1979, è una scrittrice, ma, forse, non tutti sanno che è anche una brava regista. Una donna che sa quello che vuole, e non le manda a dire anche se lo fa sempre con una certa poesia. Basta fermarsi a leggere il suo blog “Pensieri spalmati su giorni senza data” per accorgersi che dietro il suo bel viso, c’è un artista che non si ferma in superficie, ma che lavora in profondità seguendo un cammino fatto di visioni, pulsioni e ispirazioni. In occasione dell’uscita di “69” il suo ultimo libro, pubblicato da Fazi editore, Diario vuole conoscerla più da vicino.
1) Ciao Cinzia, benvenuta e complimenti per il tuo ultimo romanzo che ho letto e molto apprezzato. Leggendo il tuo libro ho avvertito quell’atmosfera di decadente esistenzialismo tipica di un certo cinema anni ’70 e toni dannunziani nel personaggio di Corrado. E’ solo una mia sensazione o c’è un fondo di verità?
C’è verità in ogni sensazione se chi la percepisce è libero. Scusa se inizio con questa frase che ha del lapidario, ma dice tanto, specie in un periodo di schiavitù intellettuale come questo causato dal “mordi e fuggi” commerciale. Sì, mi viene naturale scrivere e avere riferimenti al cinema, è il mio pane quotidiano, quello degli anni ’70 poi è un periodo che amo forse anche perché il “decadente esistenzialismo” mi affascina e mi commuove sempre. Specie Corrado, questo “antieroe tragico” il cui dramma è quello di voler essere un eroe ma proprio non ce la fa, incarna bene il concetto. Castrato dai tempi sbagliati, dagli errori del padre e dall’incapacità di cambiare è un condannato alla decadenza esistenziale. E come si avverte in un certo D’Annunzio, cerca il contatto con la carnalità, la terra, l’aria, i piaceri materiali, un antico ormai lontanissimo in un anno di svolta storica come quello del 1969 che non gli permette più di illudersi.
2) Quanto influisce la tua esperienza di regista nella scrittura? Ti è d’aiuto nella caratterizzazione dei personaggi? E, magari, a identificarti meglio con loro?
Sì influisce parecchio, specie perché io i miei personaggi li vedo, come se avessi un film ad avvolgermi attorno con loro che mi vivono accanto. Nel periodo della stesura di un romanzo io parlo e vivo coi miei personaggi. A volte gli do il volto di qualche attore o attrice che mi ispira, o a volte me li immagino e poi cerco le facce che ho immaginato tra attori emergenti o di teatro o addirittura in internet. Perché ho bisogno di sentirli vivi in carne ed ossa. Dopo avergli dato una faccia, gli do un carattere, una voce e una storia. Quella storia diventa il romanzo.
3) Perché hai scelto come protagonista (Rosa) una ragazza del sud? E perché con una storia così tormentata alle spalle? Qual era il messaggio che volevi veicolare al lettore? (Se ne avevi in mente uno)
Cercavo una coerenza reale tra il periodo in cui volevo ambientare il romanzo, cioè la fine degli anni ’60, e un personaggio femminile che aveva bisogno di riscattarsi. Mi trovavo al sud, per fare delle ricerche sulla figura della donna negli anni ‘50-’60 e rimasi molto colpita da scritti di donne che avevano subito ingiustizie terribili come quella che racconto nel mio romanzo, a causa del sistema feudale, ancora presente al sud in quegli anni. Ho sentito la necessità di rendere una sorta di memoria a quelle storie vere di donne “comprate” da latifondisti e poi “stuprate e gettate via” e “rovinate” per sempre. Rosa, con quel tormentato passato, è esistita veramente, più volte.
4) C’è un momento in particolare in cui ami scrivere?
Ogni volta che mi vengono delle idee, mi devo fermare e appuntarle e può essere sempre. Questo è un mestiere che dura 24 ore al giorno. La mente sente come un imput, un pizzicorio ed ecco che segue una specie di visione che poi diventa una sequenza di parole. Succede ovunque e a volte è imbarazzante perché chi ti è vicino percepisce che tu ti stai assentando completamente. Per fortuna succede spesso nel dormiveglia, proprio perché c’è quello stato privilegiato che sta tra il sogno e il reale, tutto si confonde ed è quando la fantasia vola di più. In quel caso ci si sveglia e si inizia a scrivere. E’ sempre il primo “pizzicorio” quello da cui nasce tutto, e si ha la necessità di imprimerlo subito sulla carta o sul computer e può tenere svegli tutta la notte.
Intervista a Cinzia Bomoll, autrice di 5) C’è un motivo in particolare per cui hai scelto il 1969 come anno di ambientazione del tuo ultimo romanzo? Credi che, in qualche modo, anche le nuove generazione si sentano in balia degli eventi e siano alla ricerca di una propria identità?
Ho scelto quell’anno per quello che rappresentò. Finiva il disincanto del boom economico e del benessere facile, iniziava l’era delle lotte, dei sacrifici, delle bombe. L’Italia cambiò radicalmente e per sempre. I sogni lasciavano il posto alla dura realtà. Soprattutto i giovani cambiarono in quel periodo, smisero di essere i figli di qualcuno per crearsi una personalità indipendente, specie le donne, che per la prima volta, in massa, ottennero la possibilità di essere libere e indipendenti se lo volevano. Ci sono similitudini con i nostri anni oltretutto. Mai come adesso si sta perdendo l’innocenza. Non ce l’ha proprio più nessuno. Ora le bombe sono fortunatamente virtuali, ma che bombe!
6) Cosa hai amato di più nella stesura di 69 in generale? E in particolare?
Ho amato creare diversi personaggi molto diversi tra loro, ma ognuno con una personalità molto spiccata sia nel bene che nel male. Quasi tutti si sono fatti domare dalla mia penna e anche se in maniera imprevedibile hanno seguito una logica. Tranne Olimpia. Olimpia, è stato uno dei personaggi che mi ha “sorpreso” di più perché mentre la scrivevo perché si trasformava da sola. E’ come se ad un certo punto mi avesse detto: “senti, non trattarmi da povera cretina, adesso ti faccio vedere di cosa posso essere capace!”.
7) Chi è Cinzia Bomoll quando non si occupa di cinema e di scrittura?
Le piace stare in compagnia di amici anche molto diversi tra loro e sparare un sacco di cazzate, per poi scoprire che niente può esserlo davvero. E’ una col vizio del cibo e del vino di qualità, e le piace sperimentare ristorantini esotici. E’ una a cui piace la musica dark e va a ballare in quei posti lì. E’ una che ha la mania di leggere gli annunci delle case in vendita e affitto e le va a vedere solo per il gusto di entrarci e immaginarsi chi potrebbe viverci. Sa di essere una parrucchiera mancata, infatti quando può tinge e taglia i capelli a se stessa e alle amiche.
8) Una tua paura
Diventare cieca.
9) Una grande emozione
Viaggiare da sola
10) Una città e un libro
Se devono essere collegati: Crosby, nel Maine e “Olive Kitteridge”.
Se possono non esserlo: New York e “Viaggio al termine della notte
11) I tuoi prossimi progetti… (dai dai, dacci qualche anticipazione)
Sto scrivendo un nuovo romanzo a tre voci. Vorrei cambiare registro totalmente rispetto agli altri miei due romanzi. Darò voce a tre donne che un fatto di cronaca ha “unito” loro malgrado. Le tre donne sono la Buonocore, la madre del killer che l’ha uccisa e la moglie dell’uomo accusato di aver abusato di sua figlia.
12) Un saluto speciale per i lettori di Diario?
Voglio salutarli omaggiandoli con una frase di Sepulveda in cui si esprime il rapporto tra scrittori e lettori. 
“In fondo, malgrado tanto teorie letterarie, noi scrittori siamo come quei personaggi del cinema muto che nascondevano una lima in una torta in modo che il detenuto potesse segare le sbarre della cella. Offriamo fughe temporanee."

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