Jacopo Incani in arte Iosonouncane ha scritto un album epocale. Come spesso accade, proprio quando si stanno tirando le somme di un anno di musica italiana sommersa, arriva il disco che spariglia le gerarchie e confonde le idee. Ecco "La macarena su Roma" è uno di questi e non finirò mai di essere grato alla Famosa Etichetta Trovarobato per aver dato visibilità ad un grande artista. Jacopo con la sua voce filtrata, i rumori campionati insieme ai frastuoni e alle parole vuote della televisione che si affastellanno e si rincorrono, a volte una chitarra, ci racconta l'Italia di oggi, la nostra speciale Sodoma. Ci parla dell'epoca che stiamo vivendo, con la Repubblica di Salò che teniamo in salotto ma pure in camera da letto, qualcuno, pensa che perverso, addirittura in bagno. I repubblichini ci stanno dentro, con le loro uniformi untuose e succinte e noi, stronzi, ipnotizzati ad aspettare che dalla divisa delle signorine aggrappate al toro meccanico faccia capolino un seno (voce del verbo scapezzolare). Quella di Iosonouncane è un'opera densa, c'è molto più di quello che mi permetto io di sentirci ma di certo non sarebbe ciò che è senza la dittatura della società del consumo, della televisione greve e ipocrita, che detta il nostro vocabolario e il codice di diseducazione. Per questo lo sbarco di poveri disperati su una spiaggia si trasforma in reality dove dare sfogo a tutta la ributtante ignoranza e il razzismo che ci sono propri, per questo non sappiamo più cosa sia l'empatia, per questo ci rinchiudiamo in case che sono trappole per topi difese da sistemi d'allarme inefficienti. "La macarena su Roma" è un disco che fa stare male perché parla dell'Italia e degli italiani senza soluzione di continuità e, soprattutto, senza mai regalare la via di fuga del volemose bbene. Perché noi ci vogliamo male, abbandoniamo i cani, ci diciamo parole d'amore che sono attentati sgrammaticati ai sentimenti e ci appassioniamo all'eterna sfida tra bionde e more con una mano al telecomando e l'altra all'erezione disfunzionale. Qui, adesso, la libertà è partecipazione. Al televoto.
Magazine Società
Iosonouncane - La macarena su Roma o le 12 tracce di Sodoma
Creato il 01 novembre 2010 da Gianlucaciucci
Jacopo Incani in arte Iosonouncane ha scritto un album epocale. Come spesso accade, proprio quando si stanno tirando le somme di un anno di musica italiana sommersa, arriva il disco che spariglia le gerarchie e confonde le idee. Ecco "La macarena su Roma" è uno di questi e non finirò mai di essere grato alla Famosa Etichetta Trovarobato per aver dato visibilità ad un grande artista. Jacopo con la sua voce filtrata, i rumori campionati insieme ai frastuoni e alle parole vuote della televisione che si affastellanno e si rincorrono, a volte una chitarra, ci racconta l'Italia di oggi, la nostra speciale Sodoma. Ci parla dell'epoca che stiamo vivendo, con la Repubblica di Salò che teniamo in salotto ma pure in camera da letto, qualcuno, pensa che perverso, addirittura in bagno. I repubblichini ci stanno dentro, con le loro uniformi untuose e succinte e noi, stronzi, ipnotizzati ad aspettare che dalla divisa delle signorine aggrappate al toro meccanico faccia capolino un seno (voce del verbo scapezzolare). Quella di Iosonouncane è un'opera densa, c'è molto più di quello che mi permetto io di sentirci ma di certo non sarebbe ciò che è senza la dittatura della società del consumo, della televisione greve e ipocrita, che detta il nostro vocabolario e il codice di diseducazione. Per questo lo sbarco di poveri disperati su una spiaggia si trasforma in reality dove dare sfogo a tutta la ributtante ignoranza e il razzismo che ci sono propri, per questo non sappiamo più cosa sia l'empatia, per questo ci rinchiudiamo in case che sono trappole per topi difese da sistemi d'allarme inefficienti. "La macarena su Roma" è un disco che fa stare male perché parla dell'Italia e degli italiani senza soluzione di continuità e, soprattutto, senza mai regalare la via di fuga del volemose bbene. Perché noi ci vogliamo male, abbandoniamo i cani, ci diciamo parole d'amore che sono attentati sgrammaticati ai sentimenti e ci appassioniamo all'eterna sfida tra bionde e more con una mano al telecomando e l'altra all'erezione disfunzionale. Qui, adesso, la libertà è partecipazione. Al televoto.
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