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L'acqua dei morti

Creato il 24 gennaio 2011 da Ilpescatorediperle
Certo, bisognerebbe saperne di più. Certo, il progetto sarà senz'altro diverso da quello della SADE degli anni '50. Certo, una centrale non è una diga. Certo, è passato del tempo. Certo, un conto è parlare da qui, da un qualsiasi altrove rispetto ad un epicentro di tragedia e memoria, un conto dal luogo stesso del disastro, che, giustamente, rivendica il diritto di ricostruire e ricominciare, per non essere incatenato al proprio passato.Però a me la notizia che i paesi di Erto e Casso, a monte della diga del Vajont, hanno accettato di far costruire una centrale idroelettrica proprio in quei luoghi, mette una grande tristezza. Mauro Corona, con un'espressione molto forte, dice che qualcuno vuol "vendere l'acqua dei morti". Penso alle fotografie di quei luoghi che ho a casa, scattate pochi mesi dopo. Della chiesa di Longarone rimase solo la gradinata d'ingresso. Penso al monologo di Marco Paolini. Penso alla visita che feci due anni fa. Penso alle 2000 vittime. E a Longarone appunto, a cui nessuno chiese un parere allora, perché non si pensava che il fondo valle fosse coinvolto, come nessuno, par di capire, chiede nulla ai paesi sul torrente Vajont nemmeno adesso. E invece, come scrisse Dino Buzzati, il sasso (il monte Toc), cadde nel bicchiere (la diga), e ad essere allagata e distrutta fu la tovaglia (la valle). Gli abitanti dei paesi hanno tutto il diritto di voler vivere e ricominciare. E forse, se conoscessimo i dettagli della centrale, potremmo rassicurarci. Però c'è "l'acqua dei morti".Allora, fondamentalmente, penso che la domanda sia che cosa significa memoria: indica solo i monumenti commemorativi, i musei di, i centri studi su? O la memoria non è piuttosto un fattore attivo, che dovrebbe informare le nostre scelte? Forse non è il caso che si torni a chiedere acqua al Vajont e a quelle montagne, per fare energia. Anche se la diga era un bacino di raccolta, e non una centrale idroelettrica, serviva (no: doveva servire, non entrò mai in funzione) per alimentare centrali idroelettriche. Forse si possono trovare altri modi per fare crescita economica in quei luoghi. Allo stesso tempo, forse si può pensare, o almeno io lo faccio, che quello che è stato scelto non sia il modo migliore per rispettare le vittime del 9 ottobre 1963.P.S.: Serena mi suggerisce che questa vicenda, più in generale, ci invita a riflettere sui luoghi della memoria e sul senso del sacro (cioè sulla loro inviolabilità e sulla necessità di preservarli), che spesso manca o comunque rischia di arretrare, quando passano gli anni. Oltretutto, siamo in prossimità del 27 gennaio...
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