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L’orgoglio non basta, Celtics eliminati

Creato il 13 maggio 2011 da Basketcaffe @basketcaffe

113243945ME026_BOSTON_CELTI Se LeBron James finisce quasi in lacrime e Dwyane Wade disteso stremato sul parquet dell’American Airlines Arena, vuol dire che hanno compiuto un’impresa. Aver eliminato i Boston Celtics è un’impresa! I verdi escono da questi playoff a testa non alta, di più, consapevoli di aver trovato di fronte un gruppo più unito e completo di quello che tutti dicevano, con voglia, fame e un desiderio incredibile di superare i più forti. Anche se la regular season ha premiato Bulls e Heat, i Celtics, così come i Lakers a ovest, erano i favoriti per tornare a giocarsi l’anello. Non si può farne un discorso di roster e di giocatori ma di orgoglio e di abitudine a vincere, ingredienti che i Celtics hanno da dare in beneficenza. Miami è stata più forte, ha trasformato tutta la tensione e la rabbia accumulata in regular season per le critiche ricevute, in energia positiva, un’energia contro cui nemmeno i Celtics sono riusciti a negoziare. Questi Heat sono obbligati a vincere, allo stesso modo dei Boston Celtics del 2008.
Tante similitudini, fin troppe, a partire uno schema di gioco improntato sulla difesa e un attacco esclusivamente imperniato sulle improvvisazione dei solisti. Purtroppo per Boston i Big Three della Florida hanno trovato un grande contributo dal supporting cast: la difesa di Chalmers e Anthony, i tiri di Bibby e James Jones, per non parlare dell’esperienza di Juwan Howard. I Celtics erano pronti, ma non è bastato. Per la prima volta hanno trovato di fronte una squadra con motivazioni, che non si è fatta intimorire dagli urli di Garnett e dalle provazioni di Pierce e che anzi, ha risposto per le rime, spazzando via i biancoverdi. In più ci si sono messi gli infortuni: Rivers non ha avuto Shaq, ha dovuto fare i conti con un Jermaine O’Neal al 20% e un Rajon Rondo che si è fatto male al gomito, oltre che avere una schiena in fiamme (come si è visto in gara 5).

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Rivers non ha preso scuse: ha dato fiducia ai vari West, Jeff Green, Nenad Krstic e Glen Davis. Lo hanno confortato a fasi alterne ma anche loro ci hanno provato, senza mai mollare, come il “celtic pride” insegna. Purtroppo, a turno, a Rivers sono mancati i protagonisti: Garnett ha toppato in gara 1 e 4, Ray Allen in gara 2 e Pierce in gara 5. L’età si è fatta sentire, soprattutto a causa dell’assenza della solita difesa: KG ha dovuto giocare quasi esclusivamente da centro mentre Pierce e Allen dovevano correre dietro a Wade e LeBron.

Alla luce di questa eliminazione in molti ripenseranno alla trade che ha portato a Oklahoma City Perkins e Nate Robinson per Green e Krstic. Vero, però Perkins non c’era mai stato mentre Green e Krstic sono state armi diverse, seppur incostanti e non abituate a questo livello. Ainge si è fidato troppo della salute degli O’Neal ed è rimasto scottato: anche se l’idea di portare un lungo mobile con tiro da fuori e un’ala polivalente non era così errata, tenendo conto che Miami nei momenti importanti va con Bosh da centro e LeBron ala con James Jones da numero 3. Inoltre non sottovaluterei l’importanza di Robinson e soprattutto di Tony Allen (in difesa su Wade?), fermo restando che West ci ha dato confermando un cuore che fa distretto.

Questi Boston Celtics sono anziani e con tanti chilometri nel motore, si è visto soprattutto nei finali di gara con Miami, ma difficilmente rinunceranno a riprovarci così facilmente. Lockout permettendo, Boston sarà ancora una contender: coach Rivers ha intenzione di restare, Garnett, Pierce, Rondo e Jermaine O’Neal sono sotto contratto, mentre per Ray Allen c’è una team option che credo i Celtics faranno scattare per trattenerlo. Krstic e Shaq sono liberi, come molti altri, mentre bisognerà negoziare con Glen Davis e Jeff Green (restricted free agent). Qualunque cosa accada ci riproveranno, perchè l’orgoglio biancoverde, il “celtic pride“, non ha eguali.


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