Non so come spiegarlo e neppure sono capace di indicarlo in maniera concreta: ma scrivere è soprattutto togliere. Non mi riferisco soltanto alla necessità di eliminare tutto quello che è superfluo.
Il fatto che dovesse uscire, lo irritò moltissimo.
Doveva uscire, questo lo irritò.
Ci si aspetta sempre che una storia, lunga o corta che sia, chiarisca le idee e dica infine una parola nuova, forte, su qualcosa. Altrimenti non si capisce per quale ragione si debba scrivere. Tuttavia non sono molto convinto che sia davvero questo lo scopo di una scrittura che deve restare.
Tagliare vuol dire offrire al lettore la possibilità di vedere con sufficiente chiarezza cosa c’è oltre la superficie delle cose. Costui, o costei, sono abituati da certa televisione a fermarsi al primo strato, perché non c’è altro.
Chi scrive sa che non è così, e deve curare con determinazione il quadro che sta mettendo a punto. È un po’ come certi dipinti, per esempio la celeberrima opera del Giorgione intitolata “La tempesta”. Che significa? Forse assolutamente nulla, è solo un quadro. O forse no.
Ma la precisione, la tecnica, non sono gli strumenti del pittore per accontentare il bisogno delle persone di osservare il bello. Gli servono a rendere più chiaro quello che non è tangibile.
Una buona dose di letteratura, non solo quella che intrattiene ma pure l’altra, quella definita di spessore e qualità (qualunque cosa vogliano dire questi termini), ha un problema con la realtà. Non la sopporta. E allora la sostituisce con delle simpaticissime idee.
Aria fritta insomma. Come certi imbonitori televisivi che devono vendere tappeti o materassi, sono impegnati a riempire le pagine di parole.
La letteratura non dovrebbe affatto chiarire tutto ma, proprio grazie alla sottrazione, permettere a chi lo vuole di osservare con la necessaria precisione la realtà.
Quando si toglie di mezzo la zavorra, per esempio le parole roboanti, inutili, quelle usate perché noi abbiamo frequentato il Liceo Classico e tutti lo devono sapere.
Oppure, quando si scrive per indicare che tutto quello che è evidente, non finisce lì, ma rimanda ad altro, e racconta di qualcosa di oscuro. Ecco: se si riesce a conseguire un simile risultato, si è sulla strada giusta.