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La Televisione: cattiva maestra?

Da Jessi
La Televisione: cattiva maestra?

Bambini e TV

Il bambino da chi impara a parlare? abbiamo discusso delle fonti per l’apprendimento linguistico dei bambini, citando anche la Televisione. Oggi approfondiamo proprio il ruolo della televisione e dei programmi per bambini, attraverso il contributo di un’amica, Ilaria, che ha scritto per noi questo interessantissimo guest post. Il ruolo della televisione è molto discusso e ne riparleremo: intanto, fateci sapere le vostre esperienze e opinioni!

LETTERATURA E TELEVISIONE: UN BINOMIO POSSIBILE E NECESSARIO

Ilaria Sangregorio

Nel corso degli anni, la televisione ha ricoperto un ruolo sempre più incisivo nella formazione dei comportamenti e dello stile cognitivo dei bambini. In Italia, la televisione degli esordi (anni ’60- ’70) era una piacevole forma di educazione dei giovanissimi telespettatori. In particolar modo, la RAI è stata sempre molto sensibile al mondo dell’infanzia, ai problemi di alfabetizzazione e di ordine pedagogico. Il ruolo educativo è stato garantito in passato da:

  • una grande quantità di romanzi sceneggiati;

  • adattamenti televisivi di classici della letteratura (come le serie svedesi tratte dei libri di Astrid Lindgren);

  • fiabe rivisitate in chiave moderna (come nel caso di Il ragionier Noè e la barca se la fa da sé).

A tal proposito, vorrei farvi conoscere un’autrice televisiva che ha svolto un ruolo importante nella realizzazione di programmi televisivi per l’infanzia: Donatella Ziliotto. Illustre autrice anche nel campo della letteratura per l’infanzia (vi consiglio vivamente di consultare i suoi racconti ancora presenti nella collana Feltrinelli Kids e nello specifico Tea Patata, Il nonno non è vecchio, Il bambino di plastica), Ziliotto ha cercato di creare un ponte tra la letteratura e la televisione.

Il programma Fotostorie (1970), ad esempio, era una trasmissione rivolta ai bambini dai quattro agli otto anni, dove i racconti venivano narrati attraverso una sequenza di immagini fotografiche; in questo modo si cercava di superare la dimensione orale del racconto attraverso il supporto delle immagini. Un genere televisivo che voleva educare alla lettura attraverso il “racconto televisivo”.

Contrariamente a quanto si possa pensare, la televisione (soprattutto quella del periodo paleotelevisivo, che ricopre un arco di tempo che va dal 1954 alla metà degli anni ’70) non ha allontanato il pubblico infante dai libri ma lo ha incuriosito attraverso un nuovo stile comunicativo.

Poi, nel 1974, toccò a Le fiabe dell’albero, una serie di fiabe celebri proposte ai bambini da attori altrettanto celebri. Ciò che colpisce è la scelta della scenografia “minimal”. La narrazione veniva “messa in onda” su uno sfondo un po’ surreale ma semplice: un albero chiaro sullo sfondo e accenni di costume indossati dagli attori.

La Televisione: cattiva maestra?
Le parole della Tv per bambini

Non vi ricorda nulla?

Ma certo! L’ Albero Azzurro e la Melevisione! Entrambi i programmi di recente creazione sono i diretti discendenti. Ancora una volta la forma e il contenuto del programma Albero Azzurro è stato affidato a una scrittrice di libri per l’infanzia: Bianca Pitzorno. Ricchissimo di spunti, l’Albero Azzurro alterna la creatività letteraria a quella teatrale, il momento ludico (costruzione di un oggetto con materiali semplici) a quello riflessivo/dialogico affidato a Dodò (un uccello, curioso e affettuoso, amico dei bambini).

La Melevisione è iconograficamente più forte. La scenografia prevede un fantabosco, alberi e casette coloratissime, che contribuiscono a sottolineare uno stile comunicativo gioioso e rassicurante. Racconti, fiabe, filastrocche, canzoncine…tutto ruota intorno al tema della natura e al rapporto con gli altri.

Non basterebbe un post per ricostruire la storia della nostra televisione, ma possiamo e dobbiamo estrapolare le linee guida per imparare a “comunicare” con il nostro bambino prendendo spunto da essa. Ciò che mi preme sottolineare pertanto è il metodo e il linguaggio che stanno alla base dei programmi che ho citato.

Premesso che il parlato televisivo rappresenta un nucleo importante nella formazione della competenza linguistica del bambino, è importante sapere che il linguaggio televisivo, affinché possa essere compreso e riutilizzato dai bambini, deve essere “costruito” in modo tale che:

  1. rispetti la norma (attenzionando soprattutto i tempi verbali);

  2. non faccia uso di forme scurrili, regionali o popolari del lessico;

  3. utilizzi costrutti sintattici brevi.

Un linguaggio, dunque, non troppo distante dallo scritto ma vicino ai moduli della tradizione letteraria. I programmi della prima infanzia prestano attenzione alle forme del baby talk, ovvero arricchiscono i dialoghi con diminutivi, accrescitivi, dispregiativi e forme iterative. Il lessico risulta piuttosto ricco grazie anche a forme della tradizione poetica inserite all’interno di canzoni e filastrocche. Qualora vengono usati termini tecnici, quest’ultimi vengono spiegati contestualmente attraverso sinonimi più semplici o frasi perifrastiche.

Nonostante queste accortezze testuali-linguistiche, il messaggio teletrasmesso potrebbe comunque risultare oscuro al bambino; in questo caso, affinché il bambino possa “negoziare” il messaggio televisivo (cioè apprenderlo e riutilizzarlo) deve essere aiutato da un adulto. Consiglio ai genitori di intervenire e verificare costantemente la comprensione del messaggio. Persino i cartoni animati possono mettere in difficoltà il vostro bambino! Alcuni cartoni presentano una componente iconica più forte rispetto a quella verbale; alcuni personaggi hanno una scarsissima mimica facciale e veicolano male il messaggio oppure si muovono molto rapidamente (come il personaggio SpongeBob) creando nel bambino difficoltà di attenzione.

Per concludere riporto alcune osservazioni della scrittice Pitzorno: “Faccio grande uso di congiuntivi e condizionali. Considero pericoloso non solo per la completezza della lingua, ma per l’esercizio della logica e lo sviluppo stesso della corteccia cerebrale, il loro progressivo abbandono a favore dell’indicativo. Ci sono sfumature del pensiero, atteggiamenti interiori, che solo il congiuntivo può esprimere. Mi piace ritmare il discorso in frasi non molto lunghe; al massimo cinque o sei righe. E scandire le frasi all’interno con abbondante punteggiatura [..]”.

Il medium televisivo può essere un valido strumento di input linguistico se usato con moderazione e attenzione. Buona visione!

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Autrice del Guest Post:

Ilaria Sangregorio, Tesista presso la Facoltà di Lettere e Filosofia (indirizzo Lettere Moderne) Università di Catania



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