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Mammuth, di Kervern e Delépine

Creato il 18 novembre 2010 da Dallenebbiemantovane

Mammuth è meno feroce ma altrettanto malinconico di Louise Michel: c’è più poesia, si sorride e ogni tanto si ride.
Io vi avverto: la scena a letto col cugino Pierre è la cosa più terrificante e grottesca che avessi mai visto. A ragione Alberto Crespi, sull’Unità, paragona Kervern e Delépine a Ciprì e Maresco, quelli di Cinico Tv.
Altra analogia con il duo siciliano è la voluta scarsa qualità della pellicola: il film è girato in 16 mm e si vede.

Che ci sia una morale è tutto da vedere, certo la precarietà, i datori di lavoro imbroglioni, la passione per il lavoro mal ricambiata, ci sta tutto, ma un po’ si fatica a credere al finale “pane e rose” ispirao dalla nipotina artista sciroccata che incoraggia lo zio a scrivere poesie.
Il protagonista è soprannominato mammut perché guida una vecchia moto, una Munch Mammuth degli anni '70, ma anche perché è lui stesso un personaggio in via di estinzione: è onesto, è serio, non si incazza neanche quando dovrebbe, non si sa vestire, e poi c’ha un fisico… sfasciato, non si sa che altro dire, braccia come prosciutti cellulitosi (il paragone suino è giustificato, trattandosi di macellaio), panza straripante, lunghi capelli hippie... il coraggio, anzi, la sfrontatezza di Depardieu è fenomenale.

Trovo su Mymovies n’intervista a Kervern, molto interessante, in cui si parla della recitazione del protagonista.
"Gérard si è immedesimato molto nel personaggio di Serge Pilardosse e per noi è stato un dono dal cielo" ha confidato ai giornalisti Kervern "È stato calmo, concentrato e non ha bevuto per tutte e quattro le settimane di ripresa del film. Siamo stati molto fortunati. Ha accettato l'incarico pur sapendo che sarebbe stato pagato solo con gli eventuali incassi [il film in Francia ha segnato circa 900.000 ingressi, ndr] e ci ha permesso di ritrarlo, ogni qual volta era necessario, nella sua immensa e strabordante mole. Forse lo ha fatto perché si è fidato della nostra determinazione". O forse – come lo stesso Kervern rivela in un secondo momento – perché la figura di Serge gli ricordava molto quella di suo padre, un "comunista che non sapeva leggere né scrivere e che trascorreva le notti a creare stivali di metallo": "Depardieu si è molto ispirato alla figura del padre: ci ha indotto a cambiare le parti della sceneggiatura che prevedevano alcuni suoi sfoghi rabbiosi perché ripeteva che suo padre era un non-violento".
"La prima volta che abbiamo incontrato Gérard – racconta Kervern – è stato al suo ristorante. Lui non aveva visto i nostri film, ci ha detto di buttare giù una sceneggiatura e di portargliela. Così è stato: abbiamo scritto tutto in pochissimo tempo e siamo tornati da lui. Prima di mettersi a leggere ha preteso che degustassimo qualcuno dei suoi vini. Ci siamo trovati a bere vino alle 9 del mattino e ci siamo trovati quasi subito ubriachi. È stato a quel punto che lui ha letto la trama, ha detto di sì ed è andato via. Il terzo incontro è avvenuto a casa sua. Vive da cinque anni in un monolocale di 10mq le cui pareti sono tappezzate di quadri di valore. Lo abbiamo trovato così ubriaco che abbiamo pensato perfino di rubarne uno per poter finanziare il film. È lì che ci ha dato l'ok definitivo. In fondo è una persona che pur avendo tanti difetti è in grado di sorprendere molto. Adesso ci chiama spesso per chiederci quando si farà un nuovo film insieme. Credo dipenda dal fatto che gli abbiamo permesso di tornare nel "mondo reale": grandi attori come lui sono abituati alle grandi produzioni in cui si lavora sempre con le stesse persone".
In questa "piccola" produzione, invece, Depardieu si è trovato a lavorare con un gruppo di appena 15 tecnici ("sempre gli stessi da anni, la nostra è una squadra vincente") e con un cast di attori semi-sconosciuti ma capaci di interpretazioni davvero sorprendenti. È il caso di Miss Ming, la figlia del cugino di Serge, già vista nei precedenti due film di Kervern e Delépine: "Ci ha colpiti perché declamava le sue poesie sulla spiaggia. Le abbiamo affidato una piccola parte in Louise Michel ma credevamo opportuno ritagliare per lei un ruolo più importante. Ha un leggero handicap mentale, ma questo sembra non aver preoccupato Depardieu che è abituato a lavorare con personaggi strani. Almeno finché lei non ha rischiato di accoltellarlo: lui stava cercando di strappare le ali alle mosche che catturava e lei gli ha piantato un coltello a pochi millimetri dalla mano: 'Non si fa del male agli animali', è stata la sua spiegazione".

Curiosità: il salumiere della epica litigata sull’amore per il proprio lavoro (e come non essere d’accordo con Depardieu?) è Kervern, uno dei due registi.
La moglie, rozza ma affettuosa e sensibile è lei, la Yolande Moreau già protagonista (a ben altri livelli di cattiveria) del già citato Louise Michel, ma anche nel Favoloso mondo di Amélie e in Séraphine (ora nelle sale: io non l’ho visto, purtroppo).
Comp
re anche, in un ruolo piccolo ma importante per l’intreccio e il livello simbolico, la splendida Anna Mouglalis, quella di Romanzo criminale. Terribile invece Isabelle Adjani in veste di fantasma ricorrente: anche se, tutto sommato, con quel silicone che le immobilizza l’espressione, come fantasma può anche andar bene.


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