Diciamolo chiaramente: le proteste contro il "contributo speciale", ovvero la tassa sui redditi oltre i 90 mila euro messe in atto da quanti la tassa saranno chiamati a pagarla non è stata una cosa di grande eleganza. Considerando poi che gli interessati sono in genere proprio quelli che compongono, o dovrebbero comporre la creme culturale del Paese è sembrata veramente una meschina difesa del proprio orticello, verificando quanto poco fondate sono le obiezioni al merito del prelievo.
Perché non sono state solo le prime firme del giornalismo italiane a far sentire il loro dolore per il salasso fiscale al quale saranno sottoposti. Non sono stati solo leader politici e sindacali a sparare contro la manovra, rea di colpire solo i "lavoratori" (ben pagati, ma pur sempre lavoratori dipendenti), ma c'è stato la creazione di un vero e proprio manifesto, partorito dal quotidiano economico Milano Finanza, degli intellettuali italiani contro la super tassa che ha fatto ricordare ben più celebri iniziative, non tutte illuminate per la verità. Unico neo del documento è che pure in questo caso pare che tutti i firmatari rientrino nella categoria dei redditti "medio alti" chiamati al sacrificio.
Iniziative infelici per il metodo e per il contenuto che hanno per di più privato l'Italia intera della reazione solita degli "Indignados" nazionali, quelle persone cioè che hanno da tempo abbracciato l'indignazione come l'atteggiamento costante della propria esistenza, che si sono trovati spiazzati dal trovarsi, in questo caso, spesso nella posizione di doversi indignare contro il proprio atteggiamento.
Una situazione difficile da vivere e un conflitto interno di complicata soluzione che avrebbe potuto produrre chissà quali danni esistenziali, se a dare la stura all'indignazione degli indignati per professione non fossero arrivati i Barbari.
Contrariamente a quanto affermava il poeta Costantin Kavafis infatti, I Barbari, per fortuna degli Indignados nostrani, esistono ancora e sono arrivati dai confini dell'impero fiscale per risolvere i problemi degli intellettuali italiani: essi sono il popolo dei calciatori.
Per alimentare un po' di sana indignazione è bastato solo che circolasse la voce di un rifiuto della categoria dei calciatori di versare i contributo speciale a carico dei redditi più elevati che si levasse alto e forte la voce dell'indignazione.
Ma cosa vogliono questi ragazzotti incolti che guadagnano centinaia di milioni correndo in mutande dietro a una palla? per loro contributo raddoppiato, tuona il ministro Calderoli, accompagnato dal coro di indignazione generale.
Non importa se in realtà la questione sia solo di natura legale, ovvero stabilire se secondo la norma vigente il contributo debbe essere pagato dai calciatori in prima persona oppure dalle società per le quali lavorano, anche questa volta i barbari hanno assolto la loro funzione ed hanno risolto un problema.
Ora i nostri valenti retori possono esercitare la loro sottile eloquenza, articolando belle frasi in lunghi e articolati discorsi , indignandosi a pieno titolo, dimenticandosi pure di dover pagare pure loro l'odiato balzello.
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