Magazine Diario personale

Muzzunaro

Da Antonio

Raccoglitore e rivenditore di cicche e di sigari e poi di sigarette. A operare in questo settore dell’economia povera della città erano scugnizzi e anziani, lontani per età, accomunati dal bisogno.
Il lavoro minuto avveniva nelle piazze e nelle strade. Quello di maggiore soddisfazione nei bar, nei cinema, nei ritrovi: dopo la chiusura, i “muzzunari” si facevano autorizzare dai gestori e raccoglievano cicche in abbondanza.
All’inizio l’attività veniva esercitata manualmente e gli operatori più anziani erano contraddistinti dalla figura ripiegata in avanti. Poi, ingegnosamente, fu trovato un rimedio: un chiodo acuminato sulla punta di un bastone consentì di prelevare i mozziconi senza chinarsi.
Il raccolto veniva accumulato in sporte, secchi oppure in vecchie “buatte” di conserva di pomodoro, raccolto soddisfacente perché allora le sigarette più diffuse erano tutte senza filtro e quindi iù gonfie di tabacco. A fine giornata, si faceva il bilancio. Eliminati gli involucri di carta, il tabacco veniva diviso in due categorie: quello bruciato, detto “mulatto”, il meno pregiato; e quello “biondo”. Una parte veniva usata per vizio personale, avvolgendo intorno al tabacco le classiche cartine oppure, in caso di emergenza, altro materiale di fortuna, frammenti di giornale compresi. Il resto veniva messo in vendita ed esposto in due mucchietti dal prezzo diverso – “biondo” e “mulatto”, appunto – sulle scale delle richieste più centrali.
Ai “muzzunari” ha riservato versi Ferdinando Russo: «Trova, trò!… / Pe tutt’ ‘a notte / sotto all’acqua, a lampe e truone / cu sta sporta e sta lanterna / vaco ascianno nu mezzone! / Chi t’ ‘o dà! Mo ‘a meglia gente / nun t’ ‘o vonno chhiuù jettà! / s’ ‘o pazzéano mmiez’e rient… / e cuntèntate ‘e guardà!».



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