Nella seconda metà del ‘700 c’era al Chiatamone, che allora aveva una configurazione diversa dall’attuale, una residenza definita nel linguaggio dell’epoca “un luogo di delizia”, di proprietà del Principe di Francavilla, famoso per le sue sfarzose feste (tanto è vero che, secondo le cronache dell’epoca pare che intorno al 1770 fra gli invitati ad un pranzo di gala, con tanto di ambasciatori, ci fosse anche Giacomo Casanova).
Fino alle sistemazioni ottocentesche del lungomare (allargamento e rettifica di Via Partenope nel 1870 e la colmata a mare per la creazione del Rione Santa Lucia avvenuta intorno al 1880), le strade “costiere” sotto l’altura Pizzofalcone-Monte Echia erano Via S. Lucia e Via Chiatamone, strade che quindi, allora, si affacciavano direttamente sul mare.
Fra Via Chiatamone e il mare non c’erano le costruzioni attuali, ma arenile. La fascia di suolo utilizzata per realizzare l’attuale Via Partenope e i palazzi che oggi vi sorgono, sarà sistemata per uso edificatorio solo attorno al 1870.
La residenza del Principe di Francavilla, composta da un edificio di forma approssimativamente rettangolare, affiancato da un giardino, si trovava sulla strada del Chiatamone, verso il mare, ed era dotata di un ampio arenile. Sorgeva su un banco di tufo leggermente sopraelevato, vicino a Castel dell’Ovo, ed era dotata di un piccolo molo per modeste imbarcazioni.
Il Francavilla morì senza eredi, circostanza che grazie alle leggi e alle consuetudini dell’epoca consentì ai Borbone di impossessarsi della residenza mediante un passaggio formale per il Demanio.
La villa fu goduta, in particolare, dalla regina Maria Carolina, ma le cronache ci raccontano di soggiorni balneari un po’ da parte di tutti i monarchi che si sono succeduti a Napoli fino al 1860, compresi i Re francesi.
Una prima raffigurazione della residenza risale al 1794, nella decorazione di un piatto appartenente ad un “servizio per imbandigione” di Maria Carolina. Nella raffigurazione la villa risulta ampliata rispetto a quella ricavabile dalle descrizioni ai tempi del principe di Francavilla e vi compare sul lato esposto al mare un padiglione aperto usato come caffehaus.
Agli inizi dell’Ottocento il caffehaus scomparve nel corso di una radicale ristrutturazione della residenza; comparvero le decorazioni neoclassiche allora di moda e il giardino laterale all’edificio diventò un boschetto di lecci che ancora si nota nelle foto d’epoca che ritraggono quel tratto di Via Partenope.
Nel 1860, cambiata la scena politica, l’ex Casino reale borbonico di pesca al Chiatamone divenne proprietà dei Savoia. L’edificio divenne la redazione del giornale “L’Indipendente” fondato e diretto da Alexandre Dumas, che vi abitò per diversi anni grazie alla concessione che gli fece Garibaldi per riconoscenza dell’aiuto che questi gli aveva prestato nella spedizione dei Mille.
Dopo qualche anno la villa passò nuovamente al Demanio per poi essere venduta a privati e trasformata nel 1864 nell’Hotel Washington.
La sistemazione urbanistica del lungomare del 1870, interpose fra l’Hotel e il mare la nuova Via Partenope, sulla quale quello che restava della villa si apriva con uno spazio ancora libero antistante l’edificio e un boschetto di lecci.
Prima del 1886 ed ancora sopraelevato, l’albergo cambiò nuovamente proprietà. Venne acquistato, infatti, dagli Hassler, famiglia svizzera del cantone dei Grigioni. Matilde, moglie di Anton Hassler già gestiva l’albergo di famiglia che non si trovava sul mare ma nella strada Santa Teresa a Chiaia. Con l’acquisto dei locali dell’ex Hotel Washington trasferirono l’attività sul Chiatamone al civico 55 (l’albergo Hassler primeggia in una fotografia Alinari, databile fra 1896 e 1907).
Dagli anni ’90 dell’Ottocento la gestione dell’Hotel passa al figlio Alberto, il cui primo impiego fu nel negozio dei Caflisch, altra famiglia grigionese che, assieme a quelle dei Caviezel e dei Kleinguti, ha lasciato un nome di prestigio nel settore della pasticceria e della gelateria artigianale in Italia. Alberto era un giovane intraprendente: nel 1868 aveva aperto il ristorante Hassler a Napoli, pochi anni dopo è a Catania, dove prende in gestione il Grand Hotel, e nel 1893 inaugura anche l’albergo Hassler a Roma a Trinità dei Monti.
Divenuto in breve tempo particolarmente noto e rinomato, tant’è che tra gli ospiti della struttura ci fu Rainer Maria Rilke, uno dei più importanti poeti di lingua tedesca del XX secolo, che vi alloggiò per tre volte durante il suo soggiorno in Italia tra il 1906 e il 1907, l’attività dell’Hotel Hassler di Napoli nel secondo decennio del Novecento cominciò a decadere, salvo chiudere nel 1918 ed essere posto sotto sequestro dallo Stato.
Subito dopo la chiusura si scatenò la speculazione edilizia: lo spazio libero antistante l’edificio affacciato su Via Partenope con il boschetto di lecci (definitivamente distrutto la notte tra il 20 e il 21 maggio del 1922) era un boccone troppo ghiotto per non tentare di aggirare i vincoli urbanistici.
Oggi su quelle aree, fra Via Partenope e Via Chiatamone, troviamo il Palazzo Cosenza, al civico 57 di Via Chiatamone, e la ex facoltà di Economia e Commercio su Via Partenope (ultimata nel 1937).
A guardar bene, nascosto dietro il fabbricato della facoltà, fatiscenti colonne neoclassiche ci rivelano che fra questa e Via Chiatamone sopravvivono ancora malinconici resti di quello che fu il “luogo di delizie” di famiglie reali.