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Vi ho già raccontato che, qualche settimana fa, ho avuto l'occasione di conoscere una persona di grande competenza nel campo del tessile, soprattutto per quanto riguarda tecniche antiche.
Questa persona si chiama Luca come mio marito e questo, quando ne parlo con altri, genera parecchi equivoci ("Ma dai, tuo marito fila?" "Purtroppo no."). Quindi continuerò a chiamarlo "il mio amico esperto di costume antico".
Dopo aver saputo che nella famiglia di mio marito era disponibile un filatoio a ruota o filarello (non chiamatelo arcolaio, è un termine sbagliato contrabbandato dalla Disney), mi ha incoraggiata a prenderlo e sistemarlo.
Nonostante i nostri piani per andarlo a prendere siano stati scombinati dalla varicella di Ettore, il filatoio è arrivato. Ed è cominciato lo studio per capire come funziona e come mettere a posto le sue parti mancanti.
Eh sì, purtroppo non è completo. E ha una sola bobina, danneggiata.
Ma la parte più problematica è quella dell'astina, che trasmette il moto del pedale alla ruota. Quella manca del tutto, e al suo posto c'è una strana rotella che il mio amico non ha mai visto.
Non si tratta di una rotella inserita prima che il pezzo venisse ribattuto: si tratta di una rotella tagliata a metà, come si vede benissimo nella foto, e ricomposta grazie al filo sottile avvolto nella scanalatura del perimetro.
Mi sono lanciata a chiedere agli zii di Luca, che hanno visto il filarello in condizioni migliori, se ricordassero qualcosa di più.
Ho scoperto che in famiglia esiste un altro filatoio, messo meglio, che mi è stato prontamente prestato per poter copiare i pezzi mancanti. Purtroppo non ha la rotella, bensì il tradizionale sistema con l'astina infilata nel perno. Ed è di misura leggermente più grande, quindi non potremo copiare l'astina tale e quale ma dovremo capire di che misura farla.
La cosa più bella di questa piccola indagine è stato richiamare alla mente degli zii di Luca il tempo in cui questo filatoio veniva usato, in parte per necessità (era tempo di guerra e appena dopo) ma in parte per hobby, come diremmo oggi.
Dai racconti, ho ipotizzato che questi filatoi fossero stati fatti per le prozie nubili di Luca, le famose Candida e Domitilla.
Le ho viste recentemente in foto di quando erano intorno ai vent'anni.
Candida, poveretta lei, era la più bassa, sarà stata sul metro e mezzo come me. Credo che il filatoio toccato a me fosse suo: è più basso e con meno fronzoli, evidentemente più usato e usabile.
Domitilla era più alta e con tratti un po' troppo decisi per i gusti delicati degli uomini Belle Époque.
Dalle foto, io le trovo belle entrambe.
Mi hanno sempre fatto un po' tenerezza e un po' rabbia queste due zitellone, la cui principale attività era prima viziare l'unico fratello maschio (il nonno di Luca) e poi accertarsi che la cognata mantenesse lo stesso standard di bambagia.
Lo scorso weekend mi sono fatta raccontare un po' di più e ho scoperto che, negli anni che si ricordano gli zii di Luca, Candida e Domitilla allevavano conigli d'angora e ne filavano il pelo. Lo tingevano pure, chissà con quali coloranti.
Quando l'ho detto al mio amico, la risposta è stata "Ho sempre desiderato filare l'angora".
Mi sa che nel mio futuro c'è qualche coniglio.
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