Molte forze e attenzioni sono dedicate all’incipit, forse persino troppe; e poche al finale. In realtà un racconto, un romanzo, non possono avere una parte forte e una debole o così così. Poi è evidente che non tutto può sempre funzionare alla perfezione.
Non si tratta di vendere: eppure molti autori esordienti si comportano come se fossero imbonitori, venditori porta a porta. Non è sufficiente “agganciare” il cliente per concludere una vendita. Non è un buon incipit che rende un racconto, un buon racconto. Il finale di un racconto è (ovviamente) piuttosto differente da quello di un romanzo. In un certo senso, non segna una fine, bensì che qualcosa si è consumato.
Molti detestano Raymond Carver perché nelle sue storie non succede niente. Si può replicare a questa obiezione in due modi. Il primo, forse un po’ altezzoso, affermando che dopo 20, 30 anni di film e telefilm dove succede tutto, con tanto di esplosioni o inseguimenti, la lettura di un racconto di Carver può risultare persino traumatica.
Se ti abitui a storie straordinarie, quando incontri sulla carta persone banali che perdono il lavoro, si ubriacano e via discorrendo, ti senti raggirato.
Dici: Tutto qui?
Il secondo modo di replicare, è… prenderla larga.
Il racconto, un certo racconto almeno, è differente da quello che siamo abituati a leggere o a considerare tale. “La morte di Ivan Ilic” di Lev Tolstoj è forse la dimostrazione migliore dell’evoluzione di questo genere.
Nel racconto dello scrittore russo tutto finisce con la morte del protagonista, e una sua certa consapevolezza, nuova, sul crinale della morte. Buona parte dei racconti odierni, si fermerebbero prima dello scioglimento finale; o dopo. Perché si desidera illustrare che qualcosa è accaduto, e ha cambiato il personaggio, che viene “abbandonato” forse quando nella sua mente si aprono nuove possibilità.
Oppure realizza una perdita, impara qualcosa che forse in futuro potrà regalargli qualcosa, o niente.
Il finale di “Vitamine” di Carver:
Non ne potevo più di quella notte. “Tornatene a letto, tesoro. Sto solo cercando una cosa” le dissi. Feci cadere alcune cose dall’armadietto delle medicine. Cose che si misero a rotolare nel lavandino. “Che fine hanno fatto le aspirine?” dissi. Feci cadere altre cose. Non me ne fregava niente. Le cose continuarono a cadere.
Volevo aggiungere qualcos’altro, ma preferisco di no.