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"Nove racconti" di J. D. Salinger

Creato il 09 febbraio 2012 da Bens
Io credo che Salinger l'abbia fatto di proposito. Ed ora vi racconto come penso sia andata. 
Nel 1951 un Salinger giovane ma non troppo decide di scrivere un libro. Da sempre dotato di una vivace intelligenza analitica, si mette a narrare le gesta di quello che sarebbe stato, per decenni, l'antieroe borghese più letto e venerato d'America. Salinger, che non è uno sprovveduto, pianifica tutto fino all'ultimo dettaglio. Il libro avrebbe avuto un linguaggio informale, sull'orlo dell'approssimitività elementare, il protagonista sarebbe stato un ragazzino insopportabile, nato dalle ceneri di ricordi accumulati e confusi di un passato ormai indistinguibile, abbozzando la critica allo scomodo perbenismo da post seconda guerra mondiale. 
La storia di un bambino che cresce e cambia tra le braccia inospitali della metropoli meretrice avrebbe incollato milioni di occhi a quelle poche pagine rilegate. Salinger, con destrezza e lucidità, trova la chiave della ricchezza e gloria eterna. Economicamente sistemato, svendendo la propria intelligenza alla famelica domanda di mercato, a Salinger accade una cosa. Una mattina di Maggio, quando l'aria non ha ancora la sfrontatezza dell'afa estiva, incontra una bambina. 
"E' tutto qui Signor Salinger quello che ha da dire al mondo? E' sicuro che non può far di meglio? Non può regalarci un libro sussurrandolo alla macchina da scrivere?". E' così che Salinger, dopo aver offerto al mondo la massificazione di un disagio, si guarda nello specchio del suo bagno, con lo spazzolino in bocca, il dentifricio impastato con la saliva che cola dai bordi e i capelli viziati dal cuscino, decide di scrivere un altro libro, sorridendo alla libertà autoriale che gli veniva incontro. Quindi si accomoda alla scrivania disordinata e, vestito solo di un maglione infeltrito ed un paio di boxer, compone Nove racconti.  
Non è facile per Jerome David dare voce a quella flebile speranza di autenticità, disadorna di ambizioni da cui nasce ogni bel libro. Ma continua a scrivere, come se non ne potesse fare a meno, come se i tasti della macchina da scrivere battessero inchiostro caldo su fogli bianchi in completa autonomia. E ci sono nomi, domande e risposte di una livida bellezza di cui lo stesso Salinger si stupisce. Sa dal principio che nulla di ciò a cui darà vita potrà intaccare l'immortale ed immeritato successo de Il giovane Holden, e questo lo incastra in uno scuro limbo di potenzialità irrisolte che però lo stimola a cercare in quelle pagine la corrente calda in un oceano ghiacciato. Fiero dei suoi nove racconti, Salinger li consegna ad un mondo che non li nota, troppo perso nel suo caos, aspettando con pazienza la consacrazione da parte di quella nicchia di lettori spudorati che accolgono i nuovi eroi con l'entusiasmo troppo a lungo congelato da Holden. 
E' così che credo sia andata: un Salinger talentuoso ed affamato che scrive come un mercenario della letteratura, per poi godersi nei suoi agi, la libertà di un libro quasi commovente nella semplice miseria che lo sguardo di un bambino getta sulla nostra vita.  

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