Magazine Cucina
Così è trascorsa la mia mattinata presso l’Enoteca LaTorre di Viterbo, dove il giovane Chef stellato Danilo Ciavattini, insieme a quattro collaboratori in cucina e un Sommelier d’eccellenza in sala, Luigi Picca dell’Enoteca Pinchiorri, ogni giorno accoglie commensali che si affidano alla sua esperienza e al suo gusto(i piatti sulla carta devono essere assolutamente di suo gradimento), per fare un viaggio dalle tappe ben distinte ma legate da un tangibile filo conduttore.
L’enoteca è divisa in due sale entrambe con pareti dalle tinte decise e quadri moderni a fare da cornice. L’Osteria con circa venticinque coperti dove vengono serviti piatti rustici, veloci, assolutamente tradizionali e perfettamente eseguiti, ai quali lo Chef è particolarmente legato. E’ possibile gustare la pignattaccia(una via di mezzo tra un bollito e un brasato fatto con il quinto quarto, le spezie e il vino), la trippa, la tagliata, il coniglio, il gulasch, lo strudel e altri piatti poveri, ma ricchi in sapore.
Il ristorante gourmet anch’esso con circa venticinque coperti dove Danilo ama stupire i suoi clienti con il menù à al carte e le serate a tema. Danilo è giovane, ma ha le idee chiare e la pacatezza di chi si prende i suoi tempi per fare bene anzi, per fare meglio. Le sue parole in risposta alle mie domande sono calibrate, incisive e talvolta poco convenzionali…
La sua formazione professionale iniziata con la scuola alberghiera e proseguita con stage formativi inizialmente in semplici ristoranti dove ha svolto anche il ruolo di lavapiatti e piazzaiolo, l’hanno portato a diventare prima il sous Chef di Salvatore Tassa e successivamente a gestire una cucina sulla quale splende una stella! Decisive anche le tappe in ristoranti altoatesini, austriaci, francesi e tedeschi, tanto che la sua cucina risente molto delle influenze di quei paesi. Lui però afferma che nessuno ti può insegnare a diventare uno chef. Dai maestri apprendi la tecnica, ma il percorso di ogni singolo Chef per creare un piatto, quello non lo puoi conoscere.
Trovare il lato interessante di un ingrediente(solitamente locale) e cercare il modo per valorizzarlo al meglio, è la sua sfida giornaliera. E un piatto che finisce sulla carta è convincente, ma ancora migliorabile e talvolta può essere vittima di una vero e propria evoluzione.
Sostiene che in cucina non servono preconcetti e fino al momento dell’assaggio non è giusto crearsi delle aspettative legate esclusivamente all’estetica. I piatti devono essere assaporati con calma e il sapore dev’essere ricercato. Ama l’effetto sorpresa del sapore che può arrivare solamente in un secondo momento o quando meno te lo aspetti. E nei piatti cerca la leggerezza, ragion per cui tutti i pani(panini con cipolla, con timo, ricotta e limone, pagnotte con farine quale enkir e integrali), i dolci, le basi e i fondi di cottura vengono rigorosamente preparati nella sua cucina. Nessuna base pronta e nessuno stabilizzante!
Tra i suoi ingredienti preferiti la cacciagione e cucinarla è una sfida considerando la materia prima sempre differente.
Ama anche i dolci a patto che non siano troppo dolci. E già i nomi dei suoi dessert sono tutto un programma. Anatra all’Arancia. Bianco e Nero all’Olio di Oliva. Rigatone di Pastiera e Gelato al Latte di Capra.
I miei assaggi? Siamo partiti con il piatto al quale è più affezionato. La Crème Brulée di baccalà al Cacao Amaro. Sotto un sottile velo di cacao e un croccante strato di zucchero di canna caramellato, c’è la morbidezza di una crema che sembra sciogliersi in bocca. E se all’inizio sembra di mangiare un dolce, dopo ci si rende conto che il baccalà è presente ed è anche notevolmente delicato!
Ho proseguito con il Colombaccio, essenza di riccio di mare, salsa al burro e polvere di aglio nero.
Ve l'avevo detto che lo Chef ama la cacciagione. E in questo piatto c'è un armonia perfetta di sapori e consistenze e la salsa delicata avvolge la carne senza mai coprirne il gusto.
E il dessert? Un suo classico, L’Anatra all’arancia, composto da un soufflè glacée all’arancia, una sorprendente Sacher Torte(qui tornano le sue influenze austriache) ripiena di Foie Gras(si avete letto bene, anche perché considerato il nome, l’anatra doveva pur esserci J) e un caramello consistente con le zeste d’arancia. Un percorso indiscusso tra consistenze, temperature e soprattutto sapori bilanciati e mai stonati!
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