«Sono vecchio. Non voglio morire in carcere». Queste le prime parole di Enrico Nicoletti, l'ex cassiere della Banda della Magliana, appena arrestato dai carabinieri davanti alla sua abitazione a Roma. Eppure, per lui, la storia si ripete, il gioco è fatto, come il nome di una vecchia operazione che lo vide in manette, infatti, Nicoletti con tempo ha perso il pelo ma non il vizio.
L’accusa è usura per pene residue e 6 gli anni ed i mesi che dovrà scontare. E’ vecchio, è vero, ma oltre ai suoi vizi, restano più o meno simili anche le sue “uscite di scena” Anche questa volta, infatti, Nicoletti, subito dopo la notifica dell'ordine di carcerazione da parte dei militari, ha detto di avere un malore ed è stato trasportato all'ospedale di Tor Vergata. Poi, dopo alcuni accertamenti, durati circa sei ore, è stato dimesso e portato nel carcere di Rebibbia, dove dovrà scontare sei anni e sei mesi.
L'ordine di esecuzione pena per l'ex-cassiere della Banda della Magliana, ora nel carcere di Rebibbia, è un provvedimento della Corte d'Appello per un cumulo di pene su vari reati per i quali Nicoletti era stato condannato in passato come usura, estorsione e rapine «con aggravanti della pluralità dei soggetti concorrenti». Nicoletti, 75 anni, considerato il «cassiere» della Banda della Magliana e detentore dei patrimoni delle ricchezze accumulate dall'organizzazione criminale che negli anni '70 seminò sangue e morte nella Capitale, abitava in zona Tor Vergata, dove viveva con i figli. Ma la sua (e pare anche quella dei figli) è una vita legata al crimine come cassiere della Banda della Magliana, e dall'ostentazione esagerata del lusso e della ricchezza.
Lo testimoniava anche la sua casa, poi confiscata, e destinata dal Campidoglio nel 2005 a sede della casa del jazz. Enrico Nicoletti è stato, infatti, il proprietario di Villa Osio, un complesso di fine anni Trenta immerso nel verde, in via di Porta Ardeatina, trasformato dal boss in una sorta di reggia, con marmi, stucchi e idromassaggi a due posti con rubinetti in oro. Imprenditore e costruttore, Nicoletti viene anche indicato come un personaggio legato all'ultimo capo della Banda della Magliana, Enrico De Pedis, detto Renatino, ucciso nel Febbraio 1990 e adesso sepolto nella Basilica di Santa Apollinare a Roma, dal quale ebbe in eredità anche alcune proprietà immobiliari che appartenevano al boss.
Ma dicevamo che quella del vecchio lupo, è una storia che si ripercorre con le stesse (s)cadenze: l'ultimo arresto risale allo scorso 6 luglio, con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di millantato credito, truffa, usura, falso, riciclaggio e ricettazione. Nicoletti finì in manette nell'ambito di un'operazione della Squadra mobile di Roma.
L'ordine di carcerazione notificato a Enrico Nicoletti è conseguenza della conclusione del processo, denominato «Clan», in cui comparve insieme con un'altra trentina di persone accusate, a seconda delle posizioni, di associazione di tipo mafioso finalizzata all'usura, estorsione e riciclaggio. La Cassazione ha dichiarato definitiva la parte di sentenza inflitta a Nicoletti relativa all'accusa di associazione finalizzata all'usura (sei anni e sei mesi), mentre ha annullato con rinvio le altre imputazioni. Il difensore di Nicoletti, Massimo Biffa, ha tentato inutilmente di ottenere che il suo assistito scontasse la pena presso il domicilio viste le condizioni di salute. Ma queste sono state ritenute compatibili con il carcere ed il boss è stato condotto a Rebibbia. «Non posso certo gridare allo scandalo, ma nei casi in cui ci si trova in presenza di un “giudicato parziale” la prassi suggerisce l'attesa della sentenza anche sulle questioni oggetto di rinvio da parte della Cassazione prima dell'emissione dell'ordine di esecuzione. Ma evidentemente per Nicoletti non è così».
L'avvocato Massimo Biffa, difensore dell'ex boss, nel commentare il trasferimento in carcere del suo assistito, non nasconde nemmeno perplessità ed una certa delusione. Il penalista spiega che la Cassazione, il 23 febbraio scorso, ha confermato la condanna di Nicoletti per due capi di imputazione, associazione per delinquere e usura, ha annullato con rinvio altre due-tre accuse ed annullato definitivamente tutte le altre imputazioni. Per Biffa, quindi, l'ordine di carcerazione è stato emesso prima che si completasse il giudicato delle imputazioni oggetto di rinvio. «Non solo. Ciò che sorprende di più - aggiunge - è che la procura generale di Roma, alla quale avevo consegnato cartelle cliniche e la consulenza di un medico legale della procura che evidenzia l'incompatibilità con il regime carcerario, mostrando una scarsa sensibilità non ha tenuto minimamente conto delle condizioni di salute di Nicoletti, già riconosciute dal tribunale di sorveglianza di Perugia».
L'ex boss, infatti, era già detenuto presso il domicilio, quando sono arrivati i carabinieri, per scontare tre anni inflittigli dalla magistratura umbra a conclusione di un procedimento in cui era accusato di calunnia nei confronti di due magistrati romani. Chissà come andrà a finire stavolta…
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