Quando di parla di pallacanestro, non si può non parlare di Indiana. L’Indiana è lo stato del basket per eccellenza: non è uno sport, è una religione. Negli ultimi anni, soprattutto dopo il ritiro di Reggie Miller, la popolazione si è molto staccata però dai Pacers: i cambi di allenatori, scelte sbagliate, la mancanza di una stella vera (non me ne voglia Danny Granger), e record perdenti, ma non abbastanza per avere scelte alte al Draft, sono le motivazioni primarie. Lo stato respira pallacanestro, è chiaro, grazie all’incrdibile competizione a livello di high school e di college, ma i motori, con la 500 miglia di Indianapolis, e i Colts della Nfl con la star Peyton Manning, hanno soppiantatao i Pacers. All’orizzonte non si vedono grossi spiragli: c’è ovviamente felicità per l’oro mondiale di Granger con Team Usa, e c’era grande entusiasmo per i rookies, soprattutto per Lance Stephenson, prima che quest’ultimo non si sparasse su un piede avendo la bella idea di gettare la fidanzata dalle scale. Apriti cielo…
Durante questa offseason, il presidente e deus ex machina Larry Bird ha mosso alcune pedine del puzzle, anche se non tutto è andato liscio. Partiamo dal Draft. Ha scelto Paul George, bene per carità, gran giocatore, esterno con atletismo, tiro, ball handling, uno destinato a diventare un magnifico secondo o terzo violino. La chiamata sarebbe davvero buona , se non che il George di cui sopra sia sostanzialmente un doppione del tuo uomo franchigia, ovvero Danny Granger. Questo potrebbe far pensare che Granger sia in partenza, ma al momento, nonostante qualche flebile rumor, è esclusa ogni cessione.
Questo il capitolo rookies: bene, ma non benissimo… Poi c’è il tema del mercato. A questi Pacers manca sostanzialmente tutto, ma in particolare si sente l’assenza di un playmaker che possa davvero guidare il gruppo. AJ Price è buono, ma al massimo per fare il backup, e comunque inizia solo il secondo anno; TJ Ford è stato un fallimento, e il suo contrattone lo rende ancor più pesante all’interno del roster. Ecco che Bird trova la soluzione: nello scambio a quattro con Nets, Hornets e Rockets, riesce ad ottenere Darren Collison, autore di un eccellente annata da rookie, sia come cambio, sia al posto di Chris Paul a New Orleans. Bird è bravo, perchè scarica anche il contrattone di Troy Murphy, seppur in scadenza, a New Jersey.
Da New Orleans però arriva, e per forza, James Posey, col suo biennale da oltre 7 milioni. Non sarebbe un problema, se non fosse che Posey gioca nello stesso ruolo della tua stella, della tua ultima prima scelta, e di altre buone pedine come Dunleavy e Brandon Rush. Dire che il reparto è leggermente satura è un eufemismo. Inoltre, salta il piano del presidente di transare l’ultimo di contratto di Ford a 8,5 milioni: il play non accetta buyout e decide di restare. Ecco che anche il reparto playmaker si fa un tantino pieno, con Collison, Ford, Price, ed eventualmente Stephenson, anche se quest’ultimo potrebbe spostarsi in guardia, sempre che non finisca in galera… Oltre tutto, con la cessione di Murphy, l’unica ala forte a disposizione è Tyler Hansbrough: Psycho T, dopo i record e titoli con North Carolina al college, in Nba ha mostrato finora più luci che ombre, a fronte sì di tanti infortuni, ma anche di una certa inadattabilità al gioco dei professionisti.Il futuro sembra piuttosto nebuloso per i Pacers: il talento ci sarebbe, l’ambiente pure, ma serve una scossa che possa invertire la rotta, che al momento porta verso l’ennesima anonima stagione da 30 vittorie di cui non si accorgerebe nessuno. Per la gioia dei Colts e della 500 miglia di Indianapolis…