11 gen 2012 @ 18:49
Varie (oltre il tè)
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A Genova io ci sono stata a ridosso del Natale. Tocca fissarla qui prima che sbiadisca, anche se non è più tempo né atmosfera né niente di niente.
Fissarla più che altro con le immagini, ché Genova io credo non la puoi raccontare, ma solo navigarla a vista, da dentro: farti ingoiare: dal Porto Antico fino a su su su, fino a sotto quel piccolo gazebo dietro il museo d’arte orientale, o fino al terrazzino quadrato in cima a Palazzo Rosso – meglio se al tramonto, meglio se non te l’aspetti come io non me l’aspettavo e allora ti squarci in brandelli e finisce che dici e scrivi ai quattro venti No ma guarda che Genova è la città più bella del mondo, ce ne ho le prove e una di queste eccomi sono io stranamente ancora viva.
Genova insomma sa dirsi da sé, e io allora stavolta non dico, ma faccio dire, anche perché non ho parole mie, ultimamente, e oggi meno che mai. Torneranno? Chissà. Per il momento auguriamoci di no, perché sarebbe come esibire piaghe fresche e altri orrori e io lo so che non si fa.
E quindi intanto chiamo a raccolta tre poeti dietro cui urlare senza che mi sentiate, e uno in particolare lo nomino cicerone con la sua Litanìa fatta a pezzetti, e la città spezzettata anche lei, soprattutto, con tutta questa mia gratitudine per essermisi infilata dentro come ago o lingua d’acqua, come mano che afferra, tira, dissangua e libera; nonostante me.
Torneremo a parlare di tè, spero, prima o poi. Intanto questo è, perché altro non è dato.
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«Soltanto questo crescere
indifferente allo sguardo e pieno
di ciò che ha visto
era possibile: se ci sono
due barche
non contava il loro punto d’incontro, ma la bellezza
del cammino dentro l’acqua: solo così,
solo adesso, non spiegare.
Ed è atroce
ma bisogna dire di no alla sua fonte che
piange e non capisce, e ama
come per millenni si è amato, promettendo
in una terrazza buia, accarezzandosi
tra le foglie minacciose.»(Milo De Angelis, Somiglianze, in Poesie)
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«… Genova mia città intera.
Geranio. Polveriera.
Genova di ferro e aria,
mia lavagna, arenaria.Genova città pulita.
Brezza e luce in salita.
Genova verticale,
vertigine, aria scale.»
«…Genova tutta cantiere.
Bisagno. Belvedere.
Genova di canarino,
persiana verde, zecchino.»
«…Genova di limone.
Di specchio. Di cannone.
Genova da intravedere,
mattoni, ghiaia, scogliere.Genova grigia e celeste.
Ragazze. Bottiglie. Ceste.
Genova di tufo e sole,
rincorse, sassaiole.»
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Quasi mi dimenticavo di dirvi che dentro Genova, e di preciso dentro il suo Palazzo Ducale, fino a metà aprile 2012 c’è una mostra con dentro un Turner che sembra un Rothko e tutti e due tremendi assoluti; un Gauguin grandissimo dentro una capanna grandissima con dentro la vita e la morte e le cose che ci stanno in mezzo compresa questa assurda pretesa della felicità e della disperazione; tanti Van Gogh che sembrano proprio dei Van Gogh in tutto e per tutto e sono tra i più potenti e lancinanti che abbia mai avuto la fortuna di vedere dal vero; eccetera. Qui volendo c’è un video che ve la racconta meglio. E sicché niente: andateci. Per piacere.
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«E c’è che vorrei il cielo elementare
azzurro come i mari degli atlanti
la tersità di un indice che dica
questa è la terra, il blu che vedi è mare.»(Pierluigi Cappello, Elementare, in La misura dell’erba)