Magazine Diario personale
Ovvero, sin dagli albori questa professione è stata coniugata al femminile: la cura, l’amorevolezza, l’accoglienza, la dedizione, l’emozionalità, sono qualità che si attribuiscono alle donne e pur reclutando sempre più uomini fra le casacche bianche l’infermieristica resta sempre una professione al femminile.Anche a livelli dirigenziali prevalgono le signore, donne toste in grado di prendere decisioni difficili e a balzare da una corsia all’altra nel risolvere i problemi.
L’assistenza infermieristica non avendo quindi bisogno di parità o di quote rosa vive serenamente nelle braccia delle donne.
Sembra tutto così idilliaco, perfetto, antitesi sociale per eccellenza, esempio da imitare.
In realtà le infermiere non le vogliono queste SUPER-QUOTA-ROSA.
Come si dice: dove c’è il pane non ci sono i denti e dove ci sono i denti non c’è il pane.
I nostri uomini, non dico tutti per carità, conosco colleghi infermieri bravissimi meglio di tante colleghe donne, spesso con la scusa che l’assistenza, la cura, l’ordine, l’organizzazione del lavoro è roba da femmine, tendono a delegare alle proprie colleghe tutti questi aspetti.Ed ecco che le infermiere anche a lavoro si ritrovano ad essere mamme, sorelle, mogli, badanti, in alcuni casi suocere quando il maschio di turno non ti ascolta, amanti nelle loro fantasie recondite, fatina di pinocchio nei sogni, la bella addormentata nei turni di notte, infermiera coniglietta di playboy sui calendari appesi allo sportello dell’armadietto dello spogliatoio, la piccola fiammiferaia da aiutare nelle notti fredde e scure, tu l’infermiera e lui il dottore per gioco, bambola gonfiabile quando manca il personale, velina, letterina, schedina la domenica e infermierina tuttofare nei trecentosessantacinque giorni dell’anno.
Per le quota rosa, l’infermieristica è l’eccezione nella sanità, più rosa di così non si può.
Tra le altre professioni che abitano negli ospedali (e abitare è il termine giusto, si sta più tra le corsie che a casa propria), le quote rosa sono sotto i limiti consentiti, quindi si discostano da quella imponenza femminile presente nella professione infermieristica, ma non in termini di quantità ma in qualità delle carriere. Pur essendo le donne delle altre professioni sanitarie gemellate con le infermiere in quei ruoli classici ed intramontabili (mamme, sorelle, mogli, amanti, badanti, etc), e qui c’è una certa parità, linearità e sinergie delle professioni al femminile, è difficile però vederle ai posti di comando riservati rigorosamente agli uomini, ecco dove si discosta il gemellaggio con le infermiere, anche se la medicina è anch’essa una professione dove le donne sono in continuo aumento. E qui ci sarebbe da fare un’indagine socio-sanitaria per capirne le dinamiche politico-economiche.
Avete mai visto:Un Primario donna? Si, dieci o quindici.Un Direttore Generale donna? Siii, quindici o venti.Un Direttore Sanitario donna? Certo, venti o trenta.
NELLA NOSTRA REGIONE? Noooo, IN TUTTA ITALIA!
Poi se una donna riesce ad arrivare ad un posto di potere stai certo che è la moglie o l’amante in un uomo potente, gode di una forte raccomandazione, oppure ha fatto carte false per arrivarci o sta lì per vendicarsi di un vecchio amore avariato, oppure è una zitella acida, un’arpia, una strega. E questi commenti perlopiù sono fatti delle stesse donne.Come si fa allora a difendere le quote rosa che stanno sempre più sbiadendosi se le stesse donne le attaccano? Riusciremo a debellare questa malattia autoimmune: donne che attaccano le stesse donne?
A voi, uomini e donne, L'ARDUA SENTENZA…..
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