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Recensione "In viaggio col morto" di Dorothy Cameron Disney

Creato il 25 marzo 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario

Pubblicato da Valentina Bettio Titolo: In viaggio col morto  Titolo originale: Death in the back seat Autore: Dorothy Cameron Disney Casa editrice: Polillo Editore Collana: I bassotti Pagine: 320 Prezzo: € 15,40 Trama: Jack e Lola Storm, una giovane coppia di sposi, decidono di abbandonare la frenesia di New York e trasferirsi in campagna; lui è un pittore e lei una scrittrice ed entrambi sono convinti che il Connecticut col suo dolce paesaggio sia il luogo ideale per concentrarsi sul lavoro. Certo, il nuovo stile di vita presenta alcuni inconvenienti: il cottage che hanno preso in affitto è piuttosto malridotto e il paese più vicino, Crockford, dista sei miglia. Ma a tutto ci si può abituare, anche alle ingerenze di Luella Coatesnash, la loro affittuaria e vicina di casa, che li tratta al pari di servitori persino quando si trova in vacanza in Europa. Infatti, in un piovoso pomeriggio di marzo, una sua conoscenza di nome Elmer Lewis telefona a casa Storm e, con toni poco affabili, chiede - anzi, pretende - che lo si vada a prendere alla stazione di New Haven, a oltre trenta miglia di distanza, e lo si accompagni subito a Crockford. I coniugi acconsentono a malincuore non immaginando che il viaggio finirà in tragedia. Perché quell'ospite così scontroso, che aveva insistito per occupare lo strapuntino sul retro dell'auto in modo da vigilare sui suoi bagagli, arriverà a destinazione privo di vita con un proiettile in corpo. Per i poveri Storm, in questo mystery del 1936 finora inedito in Italia, la tanto sospirata vita di campagna si trasformerà in un inferno.

RECENSIONE In viaggio col morto fa parte di quella categoria di romanzi gialli caratterizzati dalla formula Had-I-but-know”, ovvero “se solo avesse saputo”: come rito, è raccontato in prima persona dalla protagonista femminile, Lola Storm, che a posteriori rivive e ricostruisce tutti gli eventi che hanno visto coinvolti sia lei che il marito, Jack Storm, accusato ingiustamente del misterioso omicidio di un altrettanto misterioso personaggio.
I due coniugi decidono di abbandonare la frenetica vita di New York in favore della tranquilla vita di campagna, ma mai decisione avrebbe potuto rivelarsi più sbagliata: additati come “estranei”, già nei giorni successivi al loro arrivo nel villino in mezzo alla natura che hanno affittato capiscono che sarà ben difficile integrarsi e farsi accettare dal circolo ristretto rappresentato dagli abitanti del vicino paese, che non perdono occasione per approfittarsi di quella che immaginano essere la “coppia ricca” della metropoli e che, senza indugi, additeranno i due ingenui e troppo buoni coniugi come “assassini senza scrupoli”. E proprio questa mentalità chiusa di paese sarà uno degli ostacoli più grandi da superare durante le indagini, per far calare la scure sulla giustizia sul vero colpevole e liberarsi della veste di assassini che si sono trovati cucita addosso.
Ambientato a metà degli anni ’30, l’atmosfera creata in questo libro è assolutamente reale e trasporta amabilmente nella vita di quegli anni: dettagli per noi inimmaginabili, come la linea telefonica “Duplex(che permetteva di condividere la stessa linea tra più utenti, ognuno dei quali riconosceva le chiamate a sé dirette grazie ad un codice di squilli caratteristico – in un’epoca in cui si hanno anche 2 cellulari a persona è veramente anacronistico), le macchine dai motori super-scoppiettanti, i telegrammi e le stufe a carbone difficili da gestire fanno sorridere e riflettere su quante comodità ci ha regalato la vita moderna.
La trama del giallo è ben orchestrata e tutti i personaggi introdotti sono ben descritti e caratterizzati, con tutti i loro pregi e difetti. La Disney crea un piccolo mondo, in cui anche i personaggi secondari hanno la loro parte di palcoscenico e la calcano con l’abilità di consumati attori. Nonostante ve ne siano parecchi, è impossibile non crearsi immediatamente un’immagine mentale di ognuno di loro, con annessi sentimenti di simpatia/antipatia/sospetto.
La naturale diffidenza mostrata dagli abitanti nei confronti di Lola e Jack porta all’instaurarsi di un’atmosfera cospiratoria creata ad arte: nessuno sembra voler dare alcuna possibilità di difendersi ai due sventurati, che si sentono quasi in obbligo ad “inventarsi” investigatori e trovare il bandolo della matassa. La loro ingenuità e buona fede, però, farà prender loro molti granchi, sviando l’indagine invece di facilitarla.
Lola e Jack non sono gli unici a volere delle risposte e, ben presto, alla polizia e ai coniugi si uniranno altre figure, che perseguendo le proprie ipotesi ed i propri sospetti ingarbugliano ancora di più la situazione: tutti i personaggi agiscono su più livelli ed ognuno di loro conosce solo una parte della verità, un piccolo frammento che da solo non può fare la differenza. Non fidandosi e non potendosi fidare l’uno dell’altro, i personaggi coinvolti in questo sfaccettato piano di indagini finiscono per nascondere informazioni importanti e ingannarsi a vicenda: chi non sa interpreta male i fatti e chi sa qualcosa di fondamentale non vuole parlare per paura di essere frainteso e far prendere la piega sbagliata agli eventi. Il risultato finale è che tutti mettono il bastone fra le ruote a tutti e solo il gran finale riuscirà a mettere a posto tutto, o quasi, e a illuminare ogni dubbio. 
In un’epoca di CSI e NCSI, in cui i la tecnologia permette di raccogliere anche il più microscopico indizio e di analizzarlo e in cui i moderni detective possono fare affidamento su profiler, psicologi, scienziati ed esperti in ogni campo e settore, un bel giallo vecchio stile, in cui sono acume, immaginazione ed occhio critico a fare la differenza, ha sempre il suo fascino: i personaggi di In viaggio col morto hanno a disposizione solo i mezzi a cui anche ognuno di noi può ricorrere e, proprio per questo, ingaggiano con il lettore una sfida di arguzia, una gara a “chi ha l’intuito più fino” e a “chi vede più lontano”. Quanti di voi, alla fine, avranno l’intuizione vincente?
L’AUTRICE: Dorothy Cameron Disney (1903-1992) nacque nel territorio indiano di Atoka, l’attuale stato di Oklahoma. Dopo aver frequentato la George Washington University e il Barnard College di New York, iniziò a lavorare svolgendo le attività più disparate: da stenografa a hostess di night club, da copywriter a comparsa di film. Sposatasi con Milton MacKaye, nel 1929 cominciò a scrivere racconti per diversi giornali e nel 1936 pubblicò il suo primo romanzo, Death in the back seat (In viaggio col morto). Considerata una seguace della scuola di Mary Roberts Rinehart, la Disney fu particolarmente elogiata dalla critica, che ne mise in rilievo le qualità letterarie. Nel 1949, con la pubblicazione di The Hangman’s Tree, il suo nono romanzo, abbandonò la produzione di mystery per dedicarsi al giornalismo. Dal 1953 firmò per The Ladies’ Home Journal una rubrica dal titolo “Can this marriage be saved” sui problemi di coppia, che venne pubblicata con grande successo per oltre trent’anni.


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