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Spesso mi metto a pensare a quei "terribili" mesi avevo questo bimbo che non dormiva, ed io sola dovevo cavarmela ed andare avanti, senza dormire, senza la forza o il tempo per mangiare, pensando che era un incubo, quello della mancanza di sonno, che sembrava non finire. Quei mesi che guardavo il mio piccino che amavo ma anche non sopportavo perché piangeva sempre, e perché non riuscivo a trovar la maniera di risolvere il problema.
Come detto tempo fa, in post che ho cancellato da tempo, la pediatra spagnola (noi vivevamo in Andalucia) non mi faceva caso, io le ripetevo che la mancanza di sonno non era normale, che il bimbo era stanco, nervoso, sempre affamato e spesso ammalato..ma lei solo diceva che aveva problemi con il sonno, e basta, non mi dava soluzioni e non s'interessava a me, che ero ormai una donna sfinita.
Ovviamente, ed ora lo posso dire dopo tanto tempo, non so se chiedessi aiuto nel modo giusto, o se chi mi stava attorno non capisse che avevo veramente bisogno di aiuto. Forse non mi son rivolta alle persone giuste, forse ho avuto tutto il peso della situazione e non c'era altra maniera per andare avanti.
Quello che piú mi faceva arrabbiare, e lo dicevo spesso al mio ex, era che la stanchezza e la mancanza di sonno mi rendevano nervosa, irritabile, al limite della depressione, e non riuscivo a godermi quei giorni che passavano lenti, ma che in effetti correvano anche troppo veloci, per potermi vivere appieno quel bimbo che avevo generato.
Vedevo le altre madri stanche ma serene con i loro bebé, ed io mi chiedevo cosa ci fosse in me che non andava. Perché non ero cosí felice come sembravano esserlo loro? Perché quella felicitá durava cosí poco in me, e invece solo pensavo che non ce la facevo piú, che il peso che portavo era troppo?
Non incolpavo mio figlio, che non dormiva, incolpavo me che non ero capace di risolvere il suo problema, incolpavo il mio ex che non sembrava aiutarmi e capirmi, incolpavo tutti coloro che avevano a che fare con me e non mi chiedevano "ti serve aiuto?".
Ero sola. Terribilmente sola. E non so se si puó chiamare colpa, ma non ho trovato ció di cui avevo bisogno.
E come spesso succede, la stanchezza, la tristezza, e tutto il mix di quei sentimenti che provavo mi hanno portato a dover abbandonare tutto ció che avevo per poter riuscire a vivere serenamente questo figlio che ormai aveva 15 mesi e che io sentivo come un peso. Non lui, non la sua personcina, ma il fatto di sentirmi sola a crescerlo, a dover decidere su tutto. Si ammalava? Lo porto al pronto soccorso o prendo appuntamento dal pediatra e aspetto 2 giorni? L'istinto mi aiutava, andavo al pronto soccorso e lo curavano. Tante malattie una dietro l'altra, per fortuna non gravi, ma che si aggiungevano alla stanchezza che giá avevo dalla gravidanza. 20 mesi senza respiro, senza una notte di sonno, senza riposo. Mai.
Io immaginavo cosa avesse mio figlio, ma la pediatra spagnola non voleva aiutarmi a capire se avevo ragione. L'ha fatto un erborista in Italia, quando lui aveva 17 mesi. Ha confermato la mia teoria, e mi ha spiegato come curarlo. Intolleranza al lattosio, una cosa banale, stupida, ma che lo faceva ammalare sempre anche se grazie al fatto che era un gran mangione cresceva perfettamente. Con i suoi consigli e un drastico cambio di dieta in 6 mesi ho risolto il problema. Lui a 2 anni poteva mangiare di tutto senza aver mal di pancia costanti, senza svegliarsi la notte urlando, senza ammalarsi ogni mese.
La vita ha ripreso ad essere "bella". Ed io ci ho messo un anno per riprendermi fisicamente.
Quindi oggi, leggendo il dolore di chi ha perso un bimbo, i miei pensieri vanno a quel periodo in cui mi sentivo una madre terribile, che non riusciva a controllare la frustrazione, che non era in grado di sorridere tutti i giorni per quel dono che avevo ricevuto. Un figlio sano e vivo, che, a parte tutto, cresceva bene. E mi sentivo in colpa, una colpa che solo con il passare del tempo son riuscita a perdonare. Sia chiaro, non ho mai fatto del male a mio figlio, nei momenti peggiori solo piangevo davanti a lui che non dormiva, e da sola mi dicevo che non ero degna di avere un figlio, visto che non ero in grado di crescerlo serenamente.
Per fortuna, come detto, i bimbi non hanno pregiudizi, e non ricordano i visi tristi delle madri la mattina al risveglio, né si ricordano la madre che a bassa voce maledice l'ennesima nottata in bianco. Per fortuna non ricordano le litigate tra genitori. Per fortuna solo ricordano gli abbracci, i baci, i giochi e sanno perdonare i momenti tristi di chi gli sta vicino.
Peró penso anche che forse tanto male non ero, perché alla fine anche se ho dovuto sacrificare tanto di me son riuscita a migliorare. Il sacrificio, ovviamente, é aver lasciato tutto ció che avevo costruito in quei 7 anni di vita all'estero per tornare qui in Italia senza niente e ricominciare da...sotto zero. E non che ora la situazione sia tanto migliore, economicamente parlando, ma io almeno sono una madre decente, che non piange piú, che non si colpevolizza per ogni piccola cosa che non sa fare bene, e che guardando mio figlio mi dico che di cose ne ho imparate, e da tempo, ormai, riesco a ringraziare per ogni attimo insieme a lui.
Perché ho avuto la fortuna di avere un figlio sano, bello, ai miei occhi perfetto, e ringrazio ogni giorno per questo.
E son questi i motivi che spesso mi portano a scrivere di quel che ci circonda, di quei problemi effimeri che si creano, come nei post precedenti. Perché dopo la mia esperienza io non vedo la mia quotidianeitá come la vedono gli altri. Perché se io non mi faccio problemi sull'educazione di mio figlio non capisco perché se la debbano fare gli altri.
Dopo un anno e mezzo dal ritorno in Italia ho, in parte, rifatto pace con me stessa e il mio passato. Non senza lacrime, purtroppo. Un percorso non facile ma che mi ha cambiato, e sempre spero di poter migliorare per quel bimbo che sto crescendo e che amo pazzamente. Mi porto ancora dietro i postumi di quei quasi due anni stancanti, ma che ora emergono solo quando sono sola, quando appunto mi siedo a pensare a come migliorare ancora questi "difetti" che mi son rimasti. E poco a poco spero di farcela.
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