Sei anni fa (nella sua stagione da rookie) Rajon Rondo si spartiva il minutaggio con Sebastian Telfair e Delonte West; entrambi nettamente davanti al play di Kentucky nelle gerarchie bostoniane. Chi avrebbe scommesso un centesimo sulla sua ascesa ad autentica stella NBA? Probabilmente nessuno all’inizio, vedendoci un regista qualunque, uno che poteva garantire energia dalla panchina, ma nulla più, considerando anche le sue scarse doti da tiratore. Ora è considerato il miglior playmaker della Lega, in coabitazione con Chris Paul, che sta guidando magistralmente i Clippers.
Rondo in qualche modo reincarna la “vecchia” pointguard NBA anni 80-90, che cercava l’assistenza per il compagno prima del canestro. Filosofia che Rajon ha mantenuto nel corso di tutta la sua carriera, andando a pareggiare in questa stagione il traguardo di John Stockton di 37 gare consecutive con 10 o più assist; striscia interrotta a fine novembre nel match casalingo contro i Brooklyn Nets, a causa di un’espulsione in seguito ad una “scaramuccia” con Kris Humphries (sempre per tornare al passato, le “risse” in campo erano di ben altro tipo…), che non gli ha permesso la caccia al record di Magic Johnson (46 gare).
Se l’ex pupillo di coach Calipari non viene mai messo in dubbio per la sua follia (positiva) cestistica o per le sue giocate altruiste da alieno, spesso l’aspetto caratteriale e di leader è stato messo in discussione: dopo l’era Pierce e Garnett (che finirà tra due, massimo tre anni) sarà capace di trascinare la squadra da vero protagonista?
RR nei momenti decisivi è “bipolare“, per usare un termine extra-cestistico. E’ capace di risolvere una partita da solo, come di portarla verso il binario sbagliato. Ora gioca sicuramente con la mente libera dato che il record di Johnson è stato quantomeno rimandato, ma più volte gli sono cadute addosso accuse di “eccessivo” altruismo per quelle 46 gare consecutive da 10 o più assist da raggiungere. Tuttavia, Rondo ha fatto tesoro di tutte le critiche che gli sono arrivate nel corso degli anni per migliorare il proprio stile di gioco: il jumper dalla media distanza sta diventando continuo, il tiro da tre non è sempre destinato a schiantarsi sul ferro o sul tabellone, e la sua intelligenza cestistica è in costante progressione.
Per avere un’immagine nitida del “nuovo” Rondo basti pensare alla finale di Conference contro i Miami Heat della scorsa annata, in cui Rajon ha dominato la scena in ognuna delle sette partite della serie, con una prova da 44 punti e 10 assist che ha spazzato via ogni dubbio ai suoi detrattori. O molto più semplicemente, a piccoli aspetti di gioco che spesso non si tengono in considerazione: una tripla presa in transizione, un arresto e tiro fluido, il suo difensore che riflette prima di staccarsi per concedergli il tiro dalla media.
Insomma, Rondo rappresenta perfettamente la filosofia dei Celtics: cuore, sudore, fatica, tenacia, sacrificio. Con i progressi fatti, dominerà l’intera Lega per numerosi anni a venire, e c’è da credere che Danny Ainge non tentennerà molto a rinnovargli il contratto nel 2015, anno di scadenza. Il play biancoverde è un giocatore unico nel suo genere, e come i Celtics, o si ama, o si odia… perchè una via di mezzo per Rajon è difficile da trovare.




