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Sel, il PD @pdnetwork e il sogno di una sinistra europea
Creato il 11 aprile 2013 da Intervistato @intervistatoI primi vogliono «riaprire la partita» (cit. Vendola) definitivamente, creando quel contenitore politico che coniughi l'identità di sinistra e l'indispensabile vocazione governativa, che non renda l'attività politica solo un mero atto di testimonianza; i secondi, almeno la parte più a sinistra, sentono sempre di più la necessità di sganciarsi da quella sinistra... sinistra renziana, sempre più ingombrante a livello ideologico e strategico.
Perché, non nascondiamocelo: questo è un Paese messo come è messo perché negli ultimi vent'anni è mancata la sinistra. La sinistra che c'è stata e che c'è, si è sempre divisa tra quella (finta) riformista e quella elitaria, confusa e irrilevante, la cosiddetta «sinistra estrema». La nascita di SEL ha rotto quello schema e in questi ultimi 2 anni e mezzo abbiamo assistito ad un cambiamento reale: in città come Milano, Cagliari, Rieti, Genova e in regioni come la Puglia, Sel è stata in grado di ribaltare il grande PD e di eleggere a capo di queste città e di quella grande regione del Sud un proprio amministratore.
Ma, alla prova del voto, la sinistra è stata falcidiata: il PD, dato dai sondaggi oltre il 32%, si è ritrovato al 25%, la sinistra fuori dal centrosinistra è definitivamente scomparsa e Sel si è scoperta piccolina: col 3% dei voti (e il relativo spazio mediatico, quasi nullo) non si va molto avanti e non si riesce, pur con tutta la buona volontà, a raccogliere il necessario consenso utile ai grandi cambiamenti di cui necessita questo Paese. Stesso discorso vale per il PD: con una natura così incerta e destabilizzante, con una dirigenza così spaccata e spesso inaffidabile, non si fa il bene della sinistra e quindi quello del Paese.
Inutile dire che è arrivato il momento delle scelte, è arrivato il momento del coraggio. Ma non è detto che questo cambiamento arrivi domani: questi processi richiedono calma, pazienza, riflessioni approfondite che evitino pasticci difficili da correggere, poi. Pasticci che ammazzerebbero definitivamente quel barlume di speranza che ancora resiste nei confronti dell'identità di sinistra. Ecco perché serve ragionare su chi siamo, su cosa vogliamo fare e su dove vogliamo andare. Perché il punto, guardate, non è SEL o il PD. Non è Vendola o Bersani, ma un qualcosa di molto più grande: la sinistra e quindi il destino di milioni di persone che chiedono a gran voce di essere rappresentate degnamente. Quando la sinistra fallisce, non c'è solo la sconfitta di un partito e della sua relativa classe dirigente: avviene la sconfitta della classe operaia, dei poveri, degli emarginati. Dobbiamo renderci conto di avere una responsabilità addosso doppia, se non tripla, rispetto alla destra: noi oltre a governare il presente, dobbiamo immaginare e costruire il futuro. Ecco a cosa servono i progressisti, la sinistra.
Nel frattempo, sognare non costa nulla. Chissà se, finalmente, potremo avere nel nostro Paese un vero partito di sinistra, senza «centro» davanti né «estrema» dietro, che faccia della giustizia sociale, della parità dei diritti, dell'ambientalismo e della laicità i suoi tratti fondanti. Un partito che abbia anche una indispensabile collocazione europea, che non potrebbe non essere quella del PSE. Un partito che si candidi alla guida del Paese senza fare inutili giri di parole sulle alleanze né abbia paura di mettere sulla bilancia dell'azione politica la propria gloriosa identità. Una identità che, alla fine, è il megafono di chi è così emarginato da non avere voce e speranza.
Sinistra, ridiventa straccio e che il più povero ti sventoli.
Fabio Nacchio | @NorthernStar88
SEL, the PD and the dream of an European left wing
These days there's been a lot of talk about the probable future fusion of SEL and PD.
The first want to reopen the game definitely, creating that political box that can mix the leftwing identity and the indispensable governmental vocation, which allows the political activity to be more than a mere act of testimony; the latter, at least the part that is more on the left, feel more and more the need to get rid of that Renzi connected left, which is growing more and more uncomfortable at an ideologic and strategic level.
Because, let's not hide it: this country is how it is because during the last few years the left wing has been absent. The left wing that was there and that is here now, has always been divided between the fake reformist and the elitary, confused and irrilevant one, the so called "extreme left wing". The birth of SEL has broken this pattern and during these last two years and a half we've seen a real change: in cities like Milan, Cagliari, Rieti, Genua and in regions like Puglia, SEL has been capable to overthrow the great PD and elect as heads of these cities and that great region of the South one of its own administrators.
But, at the votes, the left wing has been cut down: the PD, which the polls gave at over 32%, found itself with 25%, the left outside the centerleft has disappeared entirely and SEL found out it's truly small: with 3% of votes (and the relative media space, almost nothing), you don't go very far and you can't manage, in spite of all the good will, to collect the consensus that is useful to the great changes this country needs. Same thing for PD: with such an uncertain and destabilizing nature, with a direction that is so shattered and often unreliable, you don't do the good of the left wing, nor the good of the country.
Useless to say that we're at the moment of choices, and the moment of courage is here. But it doesn't mean this change will come tomorrow: these processes require calm, patience, in depth reflexions that will avoid difficult to correct errors later. Problems that would definitely kill the last spark of hope that still remains towards the identity of the left. That's why we need to think about who we are, what we want to do and where we want to go.
Fabio Nacchio | @NorthernStar88
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