Ieri, dopo il discorso di Renzi, mi sono limitato a far notare, su Twitter, che l’idea del WikiPd risale a un anno fa, se non di più, come spiega egregiamente Paolo Cosseddu. Poi mi sono tirato fuori e ho preferito osservare. Lungi da me la difesa di Matteo Renzi, vi riporto, però, un po’ di cose interessanti.
La cosa più triste di tutte l’ha scritte Stefano Fassina, portando degli argomenti del tutto fuori luogo, rendendo lo scontro ancora più accesso e testimoniando che la segreteria (segretario compreso, con le sue parole di sabato) non ci sta capendo molto di ciò che sta succedendo. Sembrano asserragliati lì, a difesa del fortino:
Su Facebook sta girando, addirittura, una biografia secondo la quale il padre di Matteo Renzi, Tiziano, è stato parlamentare della Repubblica. La fonte, dalla quale discendono tutte queste “voci”, dovrebbe essere questa. La falsa notizia è stata smentita da Alessandro Alfieri, consigliere regionale della Lombardia.
Ho trovato anche delle critiche alla forma comunicativa della Leopolda, la migliore di queste scritta da Giovanna Cosenza.
Vi consiglio anche il commento di Matteo Bordone.
Ho visto, nell’ambiente varesino, delle discussioni molto accese. Mi ha fatto riflettere un intervento con il quale si sosteneva che questi incontri (L’Aquila, Bologna e Firenze) organizzati al di fuori del partito fanno male al partito, perché gli elettori si aspettano una proposta chiara. Le cose che non mi convincono sono due. Primo, gli elettori non si aspettano solo una proposta chiara, si aspettano qualcosa di più, e l’hanno fatto capire in un miliardo di modi, con le vittorie di Milano e Napoli, con i referendum, con i voti a Grillo, con gli indignati. I cittadini – la categoria “elettori” non mi piace – si aspettano che qualcuno raccolga tutto questo movimento, e queste emozioni, e le trasformi in politica, in vera politica. Secondo, se ogni settimana c’è una convention, forse non ci sarà qualche problema all’interno del partito? Ho assistito all’Assemblea nazionale di Busto Arsizio. Il giorno – molto figo, con molte luci – dedicato all’ombelico del Pd, con gli interventi spartiti per correnti, del tipo che se prima c’è un dalemiano poi dev’esserci un veltroniano. La notte, nelle stanzette, si discutevano le proposte, inviate ai membri pochi giorni prima e, in pratica, adottate all’unanimità. Una stupenda unanimità che è esplosa in questi giorni, giorni in cui le varie idee in campo sono state trattate con un po’ più di serietà. E così nascono su Facebook lunghissime discussioni sull’articolo 18 e sulla patrimoniale, quando settimana scorsa, in Direzione provinciale, abbiamo parlato dei maggiori o minori diritti da attribuire ai militanti rispetto che agli iscritti. Nemmeno il congresso che ha portato all’elezioni di Bersani è riuscito a dividere su temi come questi: sempre siano lodate le convention, se servono, finalmente, a dare la scossa a questo partito.
Da ultimo. Le 100 proposte emerse dalla Leopolda. Credo che siamo entrati in un circolo vizioso. Ti accusano di non avere proposte e allora ne tiri fuori un miliardo dal cilindro. Il problema non è quello di avere un miliardo di proposte, il problema è quello di costruirci attorno una cornice, che le tenga assieme, e uno slogan, che le renda accessibili. Non facciamoci trascinare, che diamine, nella palude del Una Delivery Unit sul modello UK o del Ambasciatori per la globalizzazione, non è questo il nostro ruolo e non è nemmeno questo il gioco al quale dobbiamo giocare. Quello che ci serve è un’idea di paese che tenga assieme tutte queste cose. Lo sapete, sono di parte, ma a me piace quell’idea emersa a Bologna: Fisco 2.0 + tassazione dal mobile all’immobile. Perché in questo caso il fisco non sono numeri noiosi, ma un sistema per rimettere in moto il Paese e per restituire alle generazioni più giovani la speranza di potersi costruire, lavorando e con impegno, un futuro anche per loro.
Magari tagliamo gli interventi di Letta, Fioroni, Gentiloni e Finocchiaro, e ne parliamo alla prossima Assemblea nazionale, che dite?