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Sulle "persone normali" che vengono invitate da Santoro e da Formigli negli studi televisivi

Creato il 13 novembre 2013 da Nicola_pedrazzi @Nicola_Pedrazzi
      Poliziotti, precari, cassaintegrati, studenti, start-upper (?!?), black block, ingegneri elettronici di 22 anni... Non ricordo chi abbia lanciato la moda della normalità in TV. Giornalisticamente è stato Santoro, televisivamente boh, non è che il format del reality che si ripropone in diverse forme: il format in diverse forme.
      Non lo so, vorrei avere qualcosa di intelligente da dire su questa ormai ritrita tecnica giornalistica. Da un lato è interessante, sentire le storie delle persone come te; dall'altro queste eterne trasmissioni d'informazione hanno qualcosa di sinistro: mille punti di vista incompatibili e incompatibilmente espressi da gente che sta a disagio, occhi rossi e sudore; gente che non esisteva e che tornerà nel nulla da dove proviene a fine puntata, assieme ai problemi che non sono i tuoi. La gente scompare, i luoghi comuni e la rabbia rimangono, conditi da un gigante senso d'impotenza. È questo quello che ti dovrebbe lasciare una trasmissione "d'inchiesta"?
      Non che non mi interessino le storie dei miei simili, anzi. E capisco pure Formigli che quando la sera si addormenta sotto il piumone a scacchi dell'IKEA è felice di aver dato voce alla "ggente". Ma c'è un motivo ben preciso per cui questi programmi alla lunga scricchiolano: ovunque ci sia una telecamera accesa, la persona inquadrata cessa di esistere e la persona che guarda inizia a subire.


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