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Una storia ippica

Creato il 14 agosto 2011 da Sportduepuntozero

E’ una storia, come dire, molto ippica, dove per ippico si identificano i geni della passione. Termine che liquida ogni sistema tecnico, strategico ed informatico. Se c’è passione, i numeri a barre e i logaritmi non verranno mai serviti a tavola, perché è l’emozione che fa la differenza. Così il cavallo da corsa diviene non solo un bene, ma anche e soprattutto un simbolo. Rappresentando la speranza e lo spirito di conquista, l’accesso ad un futuro migliore, dove si è tutti più ricchi e più belli, e soprattutto più felici, e che dire, molto orgogliosi. Cos’è, un trattato di psicologia brevi manu? Beh, poco ci manca, perché il cavallo da corsa permette ogni tipo di sogno. E se fosse il migliore di tutti?

Una storia ippica
Mosso da queste sensazioni, il signor Pino Racca di Rivalta, spettacolare bateur di mercati rionali, travolgente venditore di abiti e di pentole, di prodotti per la pelle e di tutto ciò che un onesto magazzino, fornitissimo, presentava a giro, a seconda cioè delle occasioni all’ingrosso, divenne un leader nell’ambito del trotto torinese.
Lui era la prima firma della scuderia Rivaltese, ricordo di un cinquantello fa. Come tutti gli artisti – perché un venditore piazzista, consentitecelo, è immerso nel brodetto primordiale dell’arte sopraffina del comunicare – aveva le sue idee, e sapeva comperare. Ogni tanto ecco un pezzo assurdo (?) che gli piombava in casa da piste lontane. Ma spessissimo Pino Racca aveva ragione, al punto tale che per anni divenne la scuderia numero uno del trotto di Vinovo, rendendo dritti con preziose tinture cavalli storti, inventando campioncini e allenando con le sue tecniche gli onesti ronzini divenuti abili corridori. Pino Racca era un apprezzato gentleman, e questa passione mista a sicura abilità non poteva non suscitare attenzione e legittima attrazione nel pubblico, ma soprattutto nei parenti più stretti. Così ecco che attorno alle gambe dei cavalli girava soprattutto una bimba, Michela, nipotina diletta. L’altra nipotina Claudia, di fronte a quei “quattro zampe”, agli odori di scuderia, e a questo mondo mai uguale, era invece di parere avverso, sempre lontana. Ma Michela faceva per tutte e due, perché era una domanda unica: e questa fascia perché la metti così? E quest’unguento? E questa ferratura? E quest’imboccatura?
In sintesi, una piccola peste che adorava la scoperta di questo mondo, anche se la famiglia la spingeva logicamente verso lo studio. Così Michela finì all’istituto alberghiero di Carmagnola, dove ottenne il diploma, per la specializzazione di receptionista.
Ma ad un passo dall’entrare nella macchina del turismo, Michela disse di no.
Ed è lei stessa a ricordare
“Come potevo? Io venivo all’ippodromo, dove lavorava mio padre Giovanni e dove passavo tutte le mie ore liete. Chi mi ha permesso per prima di fare prove, di andare in pista per attaccare i cavalli e per scoprire le emozioni più convincenti, è stato Santino Mollo. Indimenticabile e brava persona. Poi il destino ha voluto che nella scuderia Gelormini si configurasse un posto di lavoro! Trovare lavoro all’interno dell’ippodromo è come pescare un gratta e vinci da cifre con tanti zeri. Capitò che il figlio di Bruno Gelormini, Gabriele, si trasferisse in Francia alla corte del più importante driver d’Europa, Bazire. E così Bruno mi disse se avevo voglia di fare sul serio..Mi ci sono buttata a pesce, a Gelormini devo questa vita, ora sempre più impegnata, di driver. E se il domani vorrà che io diventi più affermata, legittimo pensarlo no?, le radici della mia storia sono quelle che ho raccontato e l’uomo al quale devo e dovrò dire sempre grazie è Bruno Gelormini….”
Storia lunghissima, ma i numeri che la determinano sono persino insolenti. Perché questa driver in gonnella, tutto temperamento e semplicità, bella come il sole per la gioia che ne irrora ogni movimento, ha appena 22 anni! Ed è anche l’allievo driver in gonnella più giovane d’Italia. Allievo per modo di dire, perché, mentre scrivevamo quest’articolo, Michela ha già superato il tetto dei 25 piazzamenti ottenuti sul territorio nazionale ed ora “già” guida tra i professionisti, dove sta ottenendo solido rispetto dai vires, da quella categoria di uomini dai muscoli d’acciaio, che costituisce la stragrande maggioranza dei protagonisti, ma che vede Michela di buon occhio, perché ad una persona così, tanto innamorata di questo mondo, non si può che volerle bene.
“In effetti – spiega tra sé e sé – tra queste mura io son felice al punto tale che non penso alle ferie. Magari andrò qualche giorno nel prossimo gennaio, ma ogni qual volta mi sveglio, il mio pensiero va ai cavalli che accudisco in scuderia. E poi, diamine, le corse: mescolo tutto e ricevo sensazioni di felicità, profondissime”.
Michele guadagna uno stipendio standard e con questi onesti soldi sta costruendo a piccoli passi la propria giovane vita
“Ho acquistato la mia Panda, a rate, ed ora mi sto facendo bella, dal dentista, che mi mangia per traverso, ma presto potrò togliere l’apparecchio ed avrò un mega sorriso…”
Simpatica e semplice, Michela in corsa è una protagonista: coraggio, scaltrezza e mani ferme rappresentano il suo modo di interpretare la ricerca del traguardo (c’è money sino al quinto classificato). Ed ogni tanto la giuria la richiama perché ci ha messo troppo ardore, finendo per beccare qualche penalità, ma insomma, qui siamo nel mondo dell’ippica, chi non risica non rosica…
Se questo racconto vi ha incuriosito, perché tutto sommato è un po’ diverso, legato com’è alla conquista della vita di una rosellina che vuole fiorire in un’aiuola carica di spine, fate un salto a Vinovo. Vi basterà, scorrendo il programma, mettere il dito su un cavallo che ha come driver M. Racca: è lei! Un consiglio, provate a scommettere due euro su di lui, perché, indipendentemente dal risultato della gara, questa è un’avventura talmente atipica, che paga anche solo per il sapore che trasmette.

di Mario Bruno

 

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