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Visto da Londra: i Toronto Raptors

Creato il 23 marzo 2011 da Basketcaffe @basketcaffe

Andrea Bargnani Avendoli visti in due sere consecutive dal vivo alla O2 Arena di Londra, i Toronto Raptors di coach Jay Triano e Andrea Bargnani non mi hanno destato una grandissima impressione, confermando un po’ tutti i dubbi che io, come penso quelli che seguono la Nba, abbiano sulla franchigia canadese. E’ chiaro che Andrea Bargnani è l’uomo franchigia designato e per qualità tecniche e di cannoniere ci starebbe anche.
Ma Andrea non ha la personalità del leader, che magari aveva di più Chris Bosh, e questo non giova alla squadra. Anche nelle due gare coi Nets ha dimostrato di poter segnare con una facilità imbarazzante ma altrettanto ha evidenziato tutti i suoi limiti di cattiveria e soprattutto voglia di andare a rimbalzo. Come detto anche da coach Jay Triano, Andrea deve aumentare il numero di rimbalzi, da 3-4 a 7-8 a sera se vuole diventare un giocatore da All Star Game. Ovviamente questo non è un problema solo del Mago: senza il roccioso Reggie Evans e Linas Kleiza, due ali undersized ma che vanno con grande decisione alla caccia del pallone vagante, tutti gli altri lunghi rientrano nella categoria dei ‘soft‘.

Amir Johnson
Amir Johnson, per il contrattone che ha firmato, non ha mai fatto l’ultimo salto di qualità: non è un pivot che riesce ad intimidire a centro area, soffre i contatti a rimbalzo e in attacco non ha un minimo di gioco sia spalle sia fronte a canestro. Ajinca è lunghissimo ma leggero, filiforme, poco esplosivo e si è visto solo prendere tiri dal perimetro. Alabi è una matricola che al college era conosciuto per la presenza difensiva e le doti di stoppatore ma è ancora acerbo per il gioco tra i pro. Qualche lampo lo ha mostrato Ed Davis, rookie da North Carolina, mancino, che ha mostrato di sapersi muovere nei pressi del ferro, avere braccia per stoppare e andare a rimbalzo ma anche lui deve irrobustirsi.

Capitolo esterni. Innanzitutto bisogna capire il ruolo di James Johnson. Il giocatore arrivato dai Bulls sta partendo in quintetto da ala piccola, può diventare un’arma totale perchè abbina atletismo, intelligenza tattica ed è un eccellente difensore. Però dopo due anni da dodicesimo ai Bulls deve metabolizzare i tanti minuti e deve riuscire a costruirsi un arsenale offensivo più vario per essere pericoloso. Weems non sta ripetendo i progressi visti lo scorso anno e sta perdendo minuti a favore della garanzia Leandrinho Barbosa, giocatore che non nega mai un contributo importante e che soprattutto dà ai Raptors quell’imprevedibilità nei finali che può fare la differenza.

DeMar DeRozan
La differenza vera la farà di certo DeMar DeRozan. Lui mi ha davvero impressionato: aldilà dei numeri ha mostrato una grande voglia di prendere per mano la squadra, è cresciuto tantissimo. Ad un atletismo fuori dal comune ha aggiunto un gioco perimetrale più che discreto: non è ancora un tiratore da tre punti affidabile ma i suoi jumper dai 5-6 metri, sia dal palleggio che su scarico, entrano con grande frequenza. E poi gioca di più con e per la squadra, con grande equilibrio. Infine, particolare non da poco, vuole tra le mani la palla quando la gara entra nel vivo. Forse i Raptors hanno davvero trovato la vera stella del futuro.

Futuro che passa anche da una decisione sulla posizione di playmaker. Josè Calderon è un ottimo regista, tira bene da fuori, ha grande visione di gioco, ha doti di leader, ma probabilmente gli manca qualcosa per portare la squadra un gradino sopra. Il fatto che non sempre fosse in campo nei momenti chiave ne è una dimostrazione. Di certo però non sarà Jerryd Bayless a soffiargli il posto. L’ex Arizona ha grande talento, è un atleta pazzesco ma non ha la minima idea di cosa voglia dire la parola playmaker. Può essere un giocatore di rottura, che scarabocchia qua e là il foglio dando fiammate di energia ma fatica a giocare con la squadra e non ha tiro da fuori.

Così i Raptors non vanno da nessuna parte: Jay Triano resta una persona squisita e che capisce di basket ma con questo roster è dura. Se perdi due gare di fila coi Nets, seppur con Deron Williams, vuol dire che ci sono dei problemi. E anche l’assenza di un progetto chiaro, diverso dall’idea di risparmiare soldi, non depone certo ad un futuro roseo per i canadesi.


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