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Caso Marò: RC-04/2013/NIA-DLI: Under investigation

Creato il 04 settembre 2013 da Bloglobal @bloglobal_opi
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di Francesca Palermo

caso marò-NIA
Il 21 agosto sulla stampa indiana torna alla ribalta nel suo aspetto più squisitamente diplomatico il caso che vede contrapposte India e Italia. Pare che l’Italia abbia rifiutato di inviare in India per essere sentiti come testimoni dagli agenti della NIA i quattro fucilieri di Marina che il 15 febbraio 2012 scortavano il Mercantile Enrica Lexie al largo delle coste indiane insieme ai colleghi Girone e Latorre da mesi – ormai – trattenuti in India in attesa di giudizio. Nel tentativo di ricostruire quanto più fedelmente possibile i fatti occorre scorrere rapidamente le notizie pubblicate dai quotidiani indiani tra il 9 e il 12 agosto scorso. E’ in quei giorni che la stampa indiana riporta l’attenzione sulle risultanze delle indagini condotte sul caso dei Marò italiani – conosciuto presso le autorità indiane come caso RC-04/2013/NIA-DLI dopo che la Suprema Corte indiana nell’aprile 2013 ne ha ritenuto competente per le indagini la National Agency Investigation (in seguito NIA), istituita nel 2008 a seguito degli attentati terroristici di Bombay (di non scarso rilievo il fatto che leggendo il preambolo dell’Atto istitutivo, ma anche visitando il sito web della NIA nella sezione vision and mission, risulta evidente la vocazione antiterroristica dell’Agenzia).

Ritornando alle indagini, il 9 agosto scorso l’Hindustan Times, citando fonti ufficiali, riferisce che i marò italiani – accusati di aver ucciso due pescatori indiani al largo di Kerala avrebbero rifiutato – verosimilmente su consiglio dei legali – di rispondere alle domande degli agenti indiani. Lo stesso quotidiano riferisce inoltre che la richiesta della NIA di procedere all’interrogatorio degli altri quattro fucilieri italiani a bordo della Enrica Lexie il giorno dell’incidente è stata disattesa atteso che l’Italia ha rifiutato di inviare in India per testimoniare gli altri quattro militari a bordo della nave nonostante l’assicurazione da parte delle autorità italiane di metterli a disposizione come e quando richiesto dalle autorità indiane. In conseguenza di tale rifiuto la NIA avrebbe chiesto al Ministro degli Esteri di intervenire per risolvere la questione con lo Stato italiano.

È verosimilmente questo il momento in cui si è aperto un nuovo fronte nel caso diplomatico che vede contrapposta l’India all’Italia.

Prima di scorrere le dichiarazioni del Ministro degli Esteri indiani sul presunto rifiuto opposto dall’italia di inviare i propri soldati raggiunti dall’ordine di comparizione della NIA per esser ascoltati come testimoni, è opportuno fare cenno allo stato degli interrogatori dell’equippagggio (civile) della Enrica Lexie. Il 10 agosto alcuni quotidiani indiani riportano le dichiarazioni rese all’investigatore Vikraman della NIA da Carlo Noviello, comandante senior della Enrica Lexie, dalle quali emergerebbe che il ponte di comando attivò i segnali sonori (sirena) solo dopo che i Marò avrebbero aperto il fuoco provocando la morte dei due pescatori indiani. Gli spari, secondo le dichiarazioni di Noviello, sarebbero stati preceduti da segnalazioni luminose, intimazioni di alt e altri segnali rivolti dai Marò al peschereccio che si avvicinava alla Enrica Lexie il 15 febbraio 2012. Le dichiarazioni rese da Noviello sarebbero confermate dalle deposizioni degli altri quattro membri dell’equipaggio civile (nessuno di loro italiano) ascoltati come testimoni dalla NIA.

Dalla testimonianza del comandante il quotidiano The Indu ha preteso di trarre la conclusione che i Marò nell’operazione posta in essere al largo di Kerala avrebbero commesso una violazione delle regole di sicurezza per non aver avvisato il Comandante della nave prima di aprire il fuoco contro il peschereccio indiano. Conclusione erronea che è stata prontamente smentita dall’Avvocato dell’armatore, Vj Matthew, il quale ha rammentato che i Marò – in quanto militari – non rispondono alle autorità civili di bordo, “non hanno bisogno di chiedere autorizzazioni al comandante”.

Tornando ora al caso diplomatico – dopo la breve digressione sullo stato delle indagini condotte dalla NIA – tra il 21 e il 22 agosto sul caso marò piovono nuove dichiarazioni del Ministro degli Affari esteri Indiano Salman Khurshid e del nostro Ministro della Difesa, Mario Mauro. Secondo la stampa indiana l’Italia – contravvenendo ad un accordo firmato tra ROMA e Nuova Delhi – ha rifiutato di dare esecuzione all’ordine di comparizione della NIA che ha raggiunto i quattro militari in servizio sulla Enrica Lexie il giorno dell’incidente al largo di Kerala. Sempre da stampa indiana si apprende che l’Italia avrebbe proposto di procedere all’interrogatorio dei Marines italiani con metodi alternativi: videoconferenza, risposta scritta alle domande formulate dagli investigatori della NIA ovvero svolgimento dell’interrogatorio in Italia. Questo ventaglio di proposte ‘alternative’ formulate dalle autorità italiane parrebbe trovare conferma nelle parole del Ministro della Difesa Mauro il quale riferisce che il governo attraverso l’inviato speciale (del Presidente del Consiglio Enrico Letta) Staffan de Mistura ha espresso la propria contrarietà a che i fucilieri di Marina andassero in India e nel suo intervento alla trasmissione Radio ‘Prima di Tutto’ precisa che la decisione dell’talia non è un rifiuto: “(..) non è un rifiuto il fatto che gli altri fucilieri di marina non si recheranno in India perchè è la legge indiana che prevede altre modalità per rendere testimonianza in casi di questo genere. La verità è che gli altri fucilieri possono essere ascoltati in Italia, oppure in videoconferenza, oppure attraverso una loro dichiarazione che poi e’ simile a quella resa dai Marò”.

Che si consideri quello del Governo Italiano un rifiuto ovvero una richiesta, la questione resta aperta: infatti i quotidiani indiani riferiscono che il Ministro dell’Interno indiano e la NIA non hanno accettato le alternative italiane e anzi il Ministro ha attivato il canale giuridico per giungere ad una soluzione della questione secondo diritto. Tale circostanza pare confermata dale dichiarazioni del Ministro degli Esteri indiano il quale ha riferito che l’India lavora per una soluzione della controversia conforme al sistema normativo indiano auspicando che “Italians are going to accept our legal system“.

A voler commentare le dichiarazioni dell’Apparato di governo indiano si rischierebbe di sottolineare ancora una volta la sproporzione tra le forze diplomatiche in gioco: da un lato la Superpotenza che a fronte di un atono diniego attiva il canale giuridico-legale interno ‘richiamando’ l’Italia alla collaborazione, dall’altro il Ministro della Difesa italiano che ‘rinnega’ la giurisdizione indiana sul caso Marò senza specificare (a distanza di oltre un anno dall’incidente) l’Argomento giuridico.

Ma a fronte di una conclusione di questo tipo, evidentemente banale, chi scrive si chiede se questa banale conclusione non sia ormai da considerare una modalità di gestione dei rapporti italo-indiani (quale che sia la loro natura e il ruolo dei soggetti coinvolti). La solerte stampa indiana – invero – prima di dar spazio agli ultimi sviluppi delle indagini sul caso Enrica Lexie ha riferito che il Governo Indiano ha escluso che il Ministro della Difesa indiano Antony – chiamato a testimoniare in Italia nel processo nato dallo scandalo Finmeccanica – risponderà o comparirà dinanzi a un Tribunale italiano.

È questo forse un rifiuto? E le dichiarazioni del nostro Ministro della Difesa sono conseguenza delle dichiarazioni del Governo indiano. Si tratta, dunque, di un braccio di ferro diplomatico? Chi vincerà?

* Francesca Palermo è Dottoressa in Giurisprudenza (Università di Siena), abilitata all’Esercizio della Professione forense.

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